Assemblea pubblica ad alta tensione a Carpineto Sinello. Venerdì sera i rappresentanti della Pescara Biovin Italia (Vincenzo Bozzi e Fulvio Di Croce) e della toscana Energylife Industry (l’ingegnere Aldo Cossa) hanno incontrato parte della popolazione per illustrare il proprio progetto: quattro centrali a biomassa (due a Guilmi, due a Carpineto, altre potrebbero essere proposte in altri territori) da 200 kw alimentate prevalentemente con il cippato raccolto nel territorio e triturato in un altro impianto da realizzare sulla costa.
REBUS AUTORIZZATIVO – Impianti di questo tipo necessitano di una Pas (Procedura Abilitativa Semplificata) rilasciata dal Comune. Quello dell’iter autorizzativo è un primo aspetto della faccenda. Sebbene il primo cittadino di Guilmi, Carlo Racciatti, abbia dichiarato a zonalocale.it che a Guilmi non si farà alcun impianto [LEGGI], la società a quanto pare potrebbe partire già domani con i lavori. Lo conferma anche Cossa: “Il Comune di Guilmi ha presentato alcune osservazioni e noi abbiamo integrato la documentazione, il Comune di Carpineto no. In entrambi i casi sono decorsi i tempi per ulteriori osservazioni e noi avremmo potuto procedere precisamente dal 26 aprile a Guilmi e dal 2 aprile a Carpineto”. Il primo cittadino di Carpineto, Antonio Colonna, interrogato a riguardo, invece ha risposto “Ad oggi, 20 maggio, non ci sono autorizzazioni, lunedì vedremo”. In realtà, il documento fatto visionare ai cittadini è stato protocollato il 2 marzo (a Carpineto); comunque il termine dei 60 giorni è passato.
Di Croce, poi, dichiarerà a una cittadina che chiedeva spiegazioni: “A Guilmi rinunciamo considerata la contrarietà emersa in un precedente incontro”.
IL PROGETTO – Le due società (quella toscana costruirà, la pescarese sarà la proprietaria dell’impianto) sono arrivate nel Vastese grazie al bando del Comune di Guilmi, di novembre, per la gestione dei boschi [LEGGI]. L’amministrazione cercava una società che si occupasse della ripulitura di 44 ettari di bosco per 20 anni ricavando dal cippato raccolto biomassa per generare energia per il futuro polo scolastico finanziato dalla Regione; nel bando si chiedeva alle società minimo 60mila euro di remunerazione annua per il Comune. Tramontata quell’ipotesi (la delibera è stata poi ritirata perché non ci sono state aziende disposte a offrire quel ristorno), gli imprenditori hanno, poi, ugualmente presentato il progetto basato sulla generazione di syngas dalla biomassa (saranno necessarie 1.600 tonnellate all’anno per ciascuna centrale) portata ad alte temperature, successivamente bruciato dal motore che genera energia.
Gli stessi proponenti non hanno nascosto che il progetto si fonda sugli incentivi statali. “Prenderemmo dallo Stato – ha spiegato Bozzi interpellato sulla questione – 0,257 euro/Kw. È un incentivo fondamentale per ripagare la costosa tecnologia di questi impianti, altrimenti il progetto non sarebbe vantaggioso economicamente. Tra 20 anni, quando termineranno gli incentivi, sicuramente ci sarà una tecnologia nuova per sostituire la centrale”. Cosa accadrà quando finiranno gli incentivi non è, quindi, certo. L’attuale progetto non prevede ecoristori economici per i due Comuni, ma “siamo disponibili a fornire gratuitamente energia e calore (e refrigerazione d’estate) alle strutture pubbliche” ha aggiunto Bozzi.
Altro punto sul quale spesso si discute in fase di presentazione di progetti simili è la ricaduta occupazionale. Per le quattro centrali “servono – ci ha risposto Cossa – al massimo una o due figure. Si tratta di centrali monitorate in telecontrollo”.
Altra faccenda è l’impianto per la triturazione e lo stoccaggio della biomassa. Mentre l’ingegnere della società toscana a più riprese ha parlato di 40 posti, Bozzi è parso più cauto: “Sarebbe un impianto nel quale tratteremmo 25mila tonnellate di biomassa all’anno. Si partirebbe con 10-15 posti, ma poi potrebbero aumentare con la creazione di cooperative per la raccolta del cippato, il trasporto ecc.”.
Sull’opportunità di collocare quest’impianto nell’entroterra vastese erano sorti diversi dubbi per l’alto numero di mezzi pesanti necessario per il trasporto della materia prima. “Per questo – ha detto Di Croce, originario di Guilmi – abbiamo deciso di realizzarlo sulla costa, ma se avete paura anche di una segheria chiedetevi che tipo di sviluppo volete per i vostri figli”.
L’ASSEMBLEA – Non sono mancati momenti di tensione nel corso della partecipata assemblea. Erano presenti anche alcuni esponenti di Nuovo Senso Civico (storica associazione lancianese in prima linea nella lotta contro la petrolizzazione dell’Abruzzo e altri impianti impattanti). Il suo fondatore, Alessandro Lanci ha raccontato l’esperienza della centrale e del sansificio di Treglio, “due impianti che dicevano di essere a norma e per nulla pericolosi per la salute. È finita con il sequestro di entrambi, tutt’ora in corso, perché i valori inviati all’Arta erano alterati”. Un paragone che ha indispettito Cossa, “Non c’entra nulla con le nostre centrali” e che ha fatto alzare i toni dell’assemblea interrotta per diversi minuti.
Presente tra il pubblico anche l’ingegnere Tommaso Giambuzzi che di recente ha curato per il Comune di San Buono le osservazioni sulla centrale prevista in contrada Vusco (poi non autorizzata a causa del passaggio sulla stessa zona dell’elettrodotto Villanova – Gissi): “L’Abruzzo ha superato ampiamente gli obiettivi del patto 2020 per la sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili. Tra poco produrremo così tanta energia che non la riusciremo a consumare. Anche nel caso delle rinnovabili, se sostituiamo il carbon fossile con il carbone di legno non abbiamo fatto passi in avanti”.
Giambuzzi, che ha operato per decenni nel campo delle centrali per la produzione di energia, ha sottolineato alcuni aspetti da approfondire carte alla mano: “Bisogna studiare il progetto e capire alcune cose. L’abbattimento degli inquinanti è adeguato? Sulla carta tutti i progetti funzionano, poi nella realtà no. Poi, chi controlla le materie prime? Gli elementi presenti nelle ceneri le caratterizzano. Quali sono i criteri di selezione del materiale d’ingresso? L’Arta non può effettuare un controllo continuo. Ceneri di questo tipo sono classificate come rifiuti pericolosi, in Abruzzo non ci sono impianti di smaltimento adeguati”.
Per la produzione di syngas saranno usati prevalentemente sfalci di potatura, cippato e scarti delle lavorazioni agricole. Non è un punto così scontato. L’uso di diserbanti e prodotti chimici – ma anche la vicinanza delle coltivazioni con trafficate arterie stradali – “arricchiscono” la biomassa di sostanze chimiche, tra le quali metalli pesanti, in grado di diversificare (anche dal punto di vista normativo) le emissioni e le ceneri derivanti dal processo.
C’è poi la questione del controllo dei valori. Come accade per la Turbogas di Gissi, i valori delle emissioni – assicura Cossa – saranno disponibili in tempo reale su internet (sito del Comune o altro). L’Arta però, secondo l’ex direttore Vincenzo Ronzitti, non effettuerà alcun monitoraggio su valori in tempo reale di centrali così piccole, “allora chi controlla?”.
Assente il sindaco di Guilmi che, a detta degli imprenditori, “non risponde più al telefono”.
IL GRUPPO DI LAVORO – Per stemperare i toni, le società hanno proposto la creazione di un gruppo di lavoro composto dagli imprenditori, cittadini, amministratori ed esperti indipendenti del settore; “Un modo – ha detto Bozzi – per migliorare il progetto. Se poi si deciderà che non si deve fare, non procederemo”. I dubbi dei cittadini però restano, “Bisogna interpellare tutta la cittadinanza – hanno ribadito alcuni di loro – In questa riunione c’è solo una piccolissima parte”. “Noi vogliamo far partecipare – ha replicato Di Croce – ma non pensiate che ci serva un voto popolare”; più chiaro Cossa: “Avremmo potuto già procedere, si tratta di pura cortesia degli imprenditori; il parere dei cittadini non è rilevante”, ma qualcuno dall’assemblea promette: “Faremo di tutto per impedire questo progetto”.
Una domanda, al di là dei pareri personali, resta inevasa: qual è il vantaggio di avere nell’entroterra impianti simili realizzati (per stessa ammissione, come si può leggere sopra) solo per usufruire di incentivi statali che in loro assenza renderebbero l’impresa non sostenibile?