Il ritrovamento di un importante documento giudiziario del 1756 conservato presso l’Abbazia di Casamari ha dato lo spunto all’avvocato Antonio Mezzanotte per una interessante ricostruzione storica di un fatto che vide come protagonista il marchese d’Avalos e il Comune di Furci. Una versione più estesa dell’articolo è stata pubblicata sul numero gennaio-marzo dell Rivista Abruzzese.
C’era una volta un Principe ricco e potente, aveva soldati e servitori, i suoi domini andavano dal fiume Trigno al fiume Sangro ed anche altrove, a Napoli possedeva uno sfarzoso Palazzo e Vasto era il centro del suo potere. Tutti i sudditi gli prestavano ubbidienza e gli pagavano le tasse, ma, ad un certo punto, accadde l’inaudito! Un pugno di contadini, stanchi di subirne i soprusi, si rifiutò di assecondare l’ennesimo capriccio del Principe e, addirittura, osò ricostruire, senza la sua autorizzazione, un antico mulino ad acqua, che una improvvisa alluvione del torrente Treste aveva distrutto. Mai sino ad allora si era visto un tale atto di spavalda ribellione, che tempi! Però il Principe non mandò i soldati a punire quei sudditi, non poteva più, si viveva ormai in un’epoca civile, ed a Napoli, la capitale del Regno, vi era un Re saggio ed avveduto, di nome faceva Carlo di Borbone, che aveva dato leggi certe e direttive precise ai giudici, ai quali tutti potevano rivolgersi se si riteneva di aver subito un torto.
E fu così che il potente Principe fu costretto a portare dinnanzi il Regio Tribunale della Sommaria di Napoli le proprie lagnanze nei confronti dei sudditi ribelli. Questi non si fecero impressionare e nominarono per la difesa delle loro ragioni due famosi avvocati del tempo: Gaetano Celani, esperto in diritto demaniale, e Francesco Giacomucci. Il tribunale inviò in sopralluogo il perito Gerardo Lanti di Chieti, uomo probo e tecnico valente, che ascoltò testimoni di Liscia, San Buono, Carpineto Sinello e Casalanguida, rispolverò antichi registri catastali e tributari. Da parte loro, i legali del Comune si batterono con ardore per vincerla contro le pretese del Principe e, alla fine, riuscirono a far ottenere dal tribunale l’autorizzazione per la ricostruzione del mulino. La storia che abbiamo appena raccontato accadde a Furci, paese del vastese noto per essere la patria del Beato Angelo, ed il Principe in realtà era Diego II D’Avalos, marchese del Vasto e conte di Monteodorisio.
Il 10 luglio 1756 gli avvocati del Comune di Furci stamparono a Napoli un libello difensivo in cui raccontavano i fatti e smontavano pezzo dopo pezzo le tesi marchionali. Dopo 260 anni esatti, quel prezioso ed unico documento, che racconta la strepitosa causa tra il Marchese del Vasto ed il Comune di Furci, è stato riscoperto presso la Biblioteca dell’Abbazia di Casamari. A trovare il documento è stato un altro avvocato, Antonio Mezzanotte, del foro pescarese, appassionato di storia. “La storia locale deve essere sempre studiata in riferimento alla più ampie vicende del periodo – chiosa Mezzanotte – e la circostanza che un piccolo Comune rurale abbia osato resistere alle vessazioni del proprio feudatario è prodromo dei grandi fatti di fine Settecento che portarono alla fine del feudalesimo”. Ci si augura che questo testo possa essere messo presto a disposizione dell’intera comunità di Furci, che aggiunge così un altro tassello prezioso alla riscoperta della propria storia.