Tra chi ormai è disoccupato e chi lotta ogni giorno per gli stipendi e il futuro la situazione è poco felice e dovrebbe spingere ad alcune riflessioni.
Quando manca lo stipendio o, ancora peggio, il lavoro, le feste non possono che avere un sapore amaro. Ancora più degli altri giorni si sente il peso di una situazione difficile. Prendono il sopravvento la rabbia, lo sconforto, la sensazione di non poter fare assolutamente nulla per cambiare le cose. Poi però arrivano anche la voglia di non darla vinta a nessuno, il pensiero dei figli che hanno diritto a una vita normale e dignitosa, la certezza di non arrendersi.
Il 1 maggio è la festa dei lavoratori, ma non di quelli del Vastese che vivono uno dei momenti peggiori degli ultimi tempi.
Con alcuni amici avevamo pensato di comprare un po’ di fave e formaggio e di trascorrere il1 maggio davanti al nostro posto di lavoro. Poi però abbiamo pensato alle nostre famiglie e così abbiamo deciso, almeno per un giorno, di fare finta che sia tutto normale. Ma per chi non riceve lo stipendio o ha perso il lavoro non può essere festa. C’è gente scoraggiata e prima o poi qualcuno perderà la ragione. Sta andando peggio di come si pensava. Erano stati presi degli impegni, ma sono spariti tutti. “Dove sono i politici?” si chiedono i lavoratori della Golden Lady, della Sider Vasto, del Cotir, del Pantalonificio d’Abruzzo e della Fondazione Padre Alberto Mileno, per i quali il lavoro era la loro vita. Dal suo profilo Facebook una lavoratrice di una importante azienda che poi ha chiuso i battenti scriveva solo un anno fa: “Natale senza stipendio, Capodanno senza stipendio, Pasqua senza stipendio, 25 aprile senza stipendio, ora arriva l’1 maggio e non arriva lo stipendio”. Lei un lavoro ce l’ha e vorrebbe giustamente ricevere il salario che è un sacrosanto diritto per chiunque lavori. Le abbiamo chiesto come avrebbe trascorso questo giorno. Lei, senza perdere la sua verve brillante ci risponde: “Con il frigo vuoto, come tutte le altre feste”.
Per un lavoratore che lotta tutti i giorni per quello che in un Paese normale è un diritto, la festa del 1 maggio è un’altra occasione per ricordarci in che condizione siamo. Senza lavoro e senza stipendio viene a mancare la serenità, sia a casa che a lavoro. Qui riusciamo a rendere al 50% perché ognuno di noi pensa a come far quadrare i conti quando torna a casa, dove troviamo una famiglia che ha dei bisogni a cui ormai non riusciamo più a provvedere. E poi c’è il futuro. Non riusciamo a progettare niente! Da festeggiare abbiamo ben poco, forse sarebbe meglio non ricordare che è la festa dei lavoratori”.
Per Massimo, ex dipendente licenziato pochi mesi fa, è la prima festa dei lavoratori da disoccupato:“Come dovremmo vivere un giorno dedicato al lavoro, noi che il lavoro ce lo siamo visto strappare dalle mani? Ci siamo rivolti a tutte le Istituzioni, abbiamo mandato dossier ovunque, abbiamo sperato nell’interessamento di tutti, ma ad oggi, risultati veri non ne abbiamo visti. Siamo disponibili a fare qualsiasi cosa, ma fateci lavorare”. Questo è il suo appello.
Queste poche, ma significative, testimonianze bastano per capire qual è lo spirito di questo 1 maggio vastese. Sono uno spaccato dei drammi vissuti quotidianamente dai troppi lavoratori in difficoltà, ma dalle loro parole ciò che emerge è che ancora nessuno ha perso la speranza. Il dramma vero esploderà quando anche la speranza finirà.
Daniele Leone