E’ iniziata con la grande tavolata per 200 commensali l’edizione del 2016 della festa in onore di San Panfilo, patrono di Scerni. La conviviale di oggi apre la quattro giorni dedicata al Santo che dava da mangiare ai poveri e rifocillava i pellegrini.
Ed è proprio questo il senso della ormai secolare tavolata con cui oggi il paese dell’entroterra vastese ha dato ufficialmente il via ai festeggiamenti.
La tavolata – Il menù è tipico delle usanze contadine, improntate ai gusti semplici e genuini: gnuccune di trische, pasta corta che una volta veniva preparata in occasione della mietitura del grano per sfamare i lavoratori della terra e che è diventata anche il primo piatto simbolo della festività più importante dell’anno per gli scernesi. Era la pasta che veniva preparata con le some di grano portate annualmente alla casa di San Panfilo affinché da quella farina, opportunamente lavorata dalle mani sapienti delle massaie, potesse nascere la pasta da cucinare per i bisognosi. La soma è un’antica unità di misura dei cereali, equivalente a un quintale e 25 chili, portati sulla schieda dell’asino in sacchi fatti a mano dalle donne. Per secondo, spezzatino di vitello e, per chiudere in bellezza, la pizza dolce fatta di pan di Spagna alternato a tre strati di crema: bianca, gialla e al cioccolato.
Taralli e Fiera – Si mettono al lavoro alle 6 del mattino le scernesi che, ogni anno, si cimentano nella preparazione di 2mila taralli di San Panfilo: prima l’impasto, da suddividere in filoncini di 50 centimetri l’uno da modellare nella caratteristica forma a cerchio, poi la cottura, mai inferiore alle due ore. Sono i taralli che verranno distribuiti alle 800 famiglie del paese e ai visitatori il 27 aprile, in occasione dell’immancabile Fiera di Scerni, che si terrà in via Aldo Moro.
Celebrazioni solenni – Fin dal 1512, il 28 aprile è la data della festa solenne con celebrazioni eucaristiche e processione per le strade del paese. Sono due le statue che raffigurano San Panfilo. La più grande, risalente al 1600, sfila annualmente per le vie del centro abitato in occasione delle festività patronali. In essa, spiccano il pastorale d’argento e la croce d’oro tempestata di perle, oggetti di valore che furono donati tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento alla comunità scernese da un suo illustre concittadino: Alessandro De Risio, arcivescovo di Nocera Inferiore. La seconda, più piccola dell’altra, è ancor più antica, realizzata in legno dagli avi che iniziarono a venerare il Santo straniero di origini longobarde.
Curiosità – “Il significato etimologico di Panfilo è amico di tutti“, spiega l’avvocato Corrado Squadrone, cultore delle tradizioni locali. “E’ un santo talmente venerato dalla popolazione, che si festeggia due volte: il 28 aprile, ricorrenza ufficiale stabilita dalla Chiesa in concomitanza con la data della morte di Panfilo e la sua ascensione, e il 2 settembre, giorno della nascita, da cui il nome di San Panfiluccio per questa seconda ricorrenza. E’ anche detto il Santo acquaiolo perché, in occasione delle feste di aprile, piove quasi sempre, ma la pioggia viene considerata dagli scernesi come il pianto di gioia del patrono che, in questo modo, dimostra di aver gradito le celebrazioni organizzate dai suoi fedeli”, spiega Squadrone, che sta scrivendo il libro dal titolo Panfilo, amico di tutti. Scerni, oltre a onorare due volte San Panfilo e ad avergli dedicato una cantina sociale con oltre 400 soci, ha anche un vice patrono. E’ Sant’Emidio, che si festeggia il 29 aprile. La leggenda narra che abbia protetto più volte il paese dalla furia devastatrice dei terremoti, preservandone indenni case e abitanti.