Con una serata meditativa, quasi mistica, Nino De Vita, amico per vent’anni di Leonardo Sciascia, si commuove al ricordo dello scrittore siciliano scomparso dopo una lunga malattia nel 1989. Un’amicizia iniziata nel silenzio e nell’imbarazzo di non saper trovare le parole ma costellata poi di lunghe e intime chiacchierate. “Fu un’amicizia improvvisa. Lo incontrai a casa di Enzo Sellerio. Loro stavano lavorando alla prima pubblicazione della casa editrice. Leonardo che fino a quel momento non aveva detto nulla, mi chiese di dargli un passaggio a casa. Il tragitto fu imbarazzante. Io giovane di 19 anni alla guida della mia Fiat 500 e lui tutto rannicchiato accanto a me. Osai solo dire: ‘C’è traffico oggi’. E lui: ‘Eh, sì’. Non disse altro anche quando tentai di spostare l’attenzione sull’ultimo libro di Alberto Moravia“. Nino De Vita inizia così il suo racconto a rebours attraverso le domande guida di Gianni Oliva, direttore del Centro Europeo di Studi Rossettiani, e di Andrea Lombardinilo, docente di Sociologia della Letteratura presso la Facoltà di Scienze della Formazione a Chieti.
“Sciascia non era solo quell’uomo silenzioso di quel pomeriggio” ha ricordato De Vita. La loro amicizia è durata vent’anni, fino alla scomparsa dello scrittore. In un lungo viaggio nella memoria De Vita ha ricordato anche i rapporti tra Sciascia e la politica, vissuta come tentativo di affrontare in prima persona le problematiche della sua terra.
Prima con i comunisti e successivamente con i radicali, convinto da Marco Pannella, Sciascia vide coi propri occhi i limiti della classe politica italiana, che lo portarono a scrivere varie opere tra cui Candido. Ovvero un sogno fatto in Sicilia, ispirato all’illuminista Voltaire, Il contesto e Todo modo. Toccanti i riferimenti di De Vita alla scomparsa dello scrittore, avvenuta a 68 anni. Afflitto dalla malattia Sciascia sentì il bisogno di porsi delle domande riguardanti Dio e l’al di là.
“Mi parlava spesso di una frase di Pascal, ‘non mi cercheresti se non mi avessi già trovato’ che lo aveva particolarmente colpito. Ci lasciò con un testamento in cui aveva dato delle direttive precise: il prete avrebbe potuto benedirlo solo dopo la sua morte e nelle quali non rifiutava il rito religioso. Il progetto più interessante al quale si stava dedicando era quello della fondazione nel suo paese d’origine, Racalmuto, della quale faccio ancora parte”.
Tra le domande dei presenti colpisce quella in cui si chiede a De Vita di raccontare se ci siano state intimidazioni mafiose a Sciascia. De Vita ha spiegato che “la mafia punisce chi ostacola i suoi piani e, si sa, i libri di Leonardo non erano sentiti come una minaccia reale dal sistema mafioso”.
L’ultimo appuntamento dell’ottava edizione dei Giovedì Rossettiani, con Renato Minore che ricorderà la sua amicizia con Ennio Flaiano, ci sarà giovedì 28 aprile alle 18:30 presso la Pinacoteca di Palazzo d’Avalos.
CESR