È arrivato a dicembre ed ha contribuito in maniera sostanziosa alla risalita della BCC Generazione Vincente Vasto Basket nella classifica del girone D di serie B. Con Andrea Tracchi coach Sergio Luise ha guadagnato una pedina importante nel cammino verso la salvezza. Simpatico e schietto, come ogni buon toscanaccio, il 30enne playmaker è pronto per affrontare la fase calda della stagione.
La pausa del campionato vi ha lasciato spazio sia per riposare un po’ che per preparare l’ultima fase di stagione. Come state vivendo questo periodo?
Ci siamo fermati tre giorni che ci volevano per ricaricarsi. In questa settimana dobbiamo allenarci forte, dobbiamo capire cosa fare alla luce di quello che è un po’ mancato nelle ultime partite. Ognuno deve capire cosa fare in questo determinato momento, nessuno deve fare di più o meno: ognuno ha il suo compito. È l’unico modo per arrivare ad un risultato positivo domenica dopo domenica e all’obiettivo della salvezza. Ultimamente abbiamo fatto un po’ fatica a livello difensivo, dobbiamo essere più compatti, darci una mano in campo e ascoltare i consigli di chi può darli.
Tra chi può dare consigli ci siete sicuramente tu e Dipierro. Con lui si è creato un certo affiatamento sin da subito.
Ormai gioco in squadre senior da 12 anni, penso di avere un po’ di esperienza. Ma non bastiamo di certo noi a risolvere le cose solo perchè abbiamo esperienza. Ci vuole la volontà di tutti per fare certe cose. Sicuramente io e Vincenzo un consiglio lo possiamo dare ma sempre in chiave costruttiva, per cercare di crescere tutti assieme.
La classifica dice che oggi sareste nei playout. Ma quel sest’ultimo posto che garantisce la salvezza diretta non è poi così impossibile.
Ti dico la verità, non ho mai guardato la classifica da quando sono arrivato a Vasto. Certo, in questo momento saremmo nei playout, che sono sempre una tombola. Se dovremo affrontarli sarà necessario arrivarsi preparati al meglio. Però ti dico che ci sono ancora sei partite, tutto può succedere. Domenica dobbiamo vincere sicuramente a Mola, poi arriva Giulianova. Come si dice, si parte sempre 0-0. Ce la giocheremo.
Nelle ultime sconfitte c’è sempre stato un quarto giocato male che poi è costato la partita, pur a fronte di grandi rimonte, come quella con Falconara. Qual è il vero volto della Vasto Basket, quello “disattento” o quello grintoso della rimonta?
Fanno parte entrambi di questa squadra, succede troppo spesso che viviamo un quarto di blackout. Può dipendere da tante cose ma non sta a me dirlo.
Nei tuoi confronti c’è un entusiasmo crescente. Tutta questa attenzione è uno stimolo o un qualcosa che ti mette pressione?
Pressione sicuramente no. Se la gente ti vuole bene è certamente uno stimolo ma di certo non è il mio pensiero principale. Gli stimoli li ho da solo, la mia vita è sempre stata questa. E, dopo 10 anni in giro per l’Italia ci sono abituato. Il mio pensiero principale è alla squadra e al risultato, l’obiettivo è quello di salvarmi. Poi se la gente è contenta non può che farmi piacere.
Il tuo approccio con compagni e allenatore Vasto è stato molto diretto sin da subito. Sei uno che dice le cose “senza filtri”.
E certo, che si vive a fare! A volte succede, si può avere qualche scontro, ma che problema c’è? Secondo me bisognerebbe essere tutti così. So che non è facile, io ho un caratteraccio. Ma bisogna sempre essere diretti, spiegare le cose in maniera chiara. Qualche scontro acceso l’ho avuto nella mia vita ma sono per la sincerità sempre e comunque.
Non è che questo tuo modo di essere così schietto ti ha un po’ frenato la carriera facendoti etichettare come “difficile” da gestire?
Può essere, anche se un po’ di infortuni nel mio momento migliore mi hanno un po’ tagliato le gambe. Però lo sport è come il mondo del lavoro, va avanti chi sta sempre zitto. Si dice che Tracchi è difficile ma non è mica vero! Per me quando si esce dal campo è tutto finito mentre c’è gente che rimormora per giorni. Però il lavoro e la vita privata sono due cose diverse, bisogna saperle dividere.
Giocando da tanti anni hai vissuto i cambiamenti (specialmente regolamentari) della pallacanestro con problemi che stentano a risolvere. Penso, ad esempio, alla questione dei parametri.
Sono situazioni che non aiutano di certo la pallacanestro. Di soldi ce ne sono pochi e quindi dover pagare il parametro per un giocatore, soprattutto a stagione in corso, diventa insostenibile. Il mio cartellino è della Federazione, che l’ha acquisito dopo il fallimento della mia precedente squadra. Così la Vasto Basket per prendermi ha dovuto pagare il parametro alla Federazione. Ma perchè? Non è venuta mica la Federazione ad allenarmi quando stavo a casa da solo a recuperare. Anche con il discorso degli under è ora di farla finita. Non è che mettendo degli obblighi di under si cresce con il settore giovanile.
Sei qui ormai da tre mesi. Come ti sembra la realtà vastese?
Ho sempre giocato in paesi abbastanza piccoli, dopo Gualdo Tadino e Riva del Garda sia uno dei posti dove mi sto trovando meglio. La squadra è seguita, la gente viene al palzzetto anche se arrivano tutti tra il secondo e terzo quarto. Quando rientriamo dopo l’intervallo ci sono sempre tante più persone. Qui mi trovo molto bene, di sicuro dovrò restarci qualche altro mese, poi…si vedrà.
Ci sono sei partite decisive, poi potrebbero esserci dei playout da giocare. Come si affrontano?
È un campionato a sè, si parte da zero, praticamente quello che hai fatto durante l’anno è cancellato. Dipende da come arrivi fisicamente ma soprattutto da come mentalmente, se sei pronto o no. La nostra squadra, a parte qualche giocatore come me, Dipierro, Casettari e il capitano Ierbs, è molto giovane. Non sarà facile perchè bisogna tirare fuori gli attributi, essere cattivi. Ma dei playout parliamone tra un po’ perchè la palla è tonda, non si sa mai.
Se nella partita decisiva c’è da prendersi il tiro che può valere una stagione che fai?
Tiro io, non la passo mica la palla! Scherzi a parte, posso anche sbagliare ma è giusto che possiamo essere io o Vincenzo a prendere il tiro. Ma non perchè penso che un altro non sia in grado, però trovo che sia giusto così, che a 10 secondi dalla fine possa essere io ad avere la palla in mano. Anche perchè poi, se le cose dovessero andare male, in settimana reagisco in modo diverso, posso stare nervoso due giorni ma poi guardo avanti. Arrivo alla partita dopo pronto per ripartire senza stare a rimuginare ancora dopo una settimana.