“Ad una categoria di incolti ed ignoranti, dobbiamo sostituire una categoria di persone sensibili”. Con un’invettiva contro l’amministrazione comunale di centrosinistra, Giuseppe Tagliente lancia il rush finale della campagna elettorale per le primarie del centrodestra.
Sul palco si presenta insieme ad alcuni suoi sostenitori, tra cui sua figlia Ilaiza, l’ex arbitro Angelo Giancola, il professor Nicandro Gambuto, l’avvocato Alessandra Cappa, il generale Bacceli, una rappresentante della comunità rumena di Vasto: “Siamo circa 1300 rumeni residenti in città”. Non è un comizio tradizionale. La formula scelta è quella del talk-show. Al Politeama Ruzzi, Tagliente parla per ultimo, intervistato dal giornalista Pino Cavuoti.
S’infervora a tratti. “Gli amici e soprattutto questo spettacolo mi hanno tirato per i capelli che non ho. Questa Vasto mi fa male. Mi fa male vederla così. C’è la necessità di creare una classe dirigente”, ma poi precisa: “Ammesso che faccia il sindaco, tra cinque anni lascio la biciletta e andate voi” dopo aver provato a battere gli avversari di sempre, “le stesse persone che hanno portato questa città alla decadenza. Una città povera, impoverita, degradata. Nessuno che parli di un progetto, solo pettegolezzo, sono l’un contro l’altro armati”.
“E’ una città da rottamare?”, chiede Cavuoti. “E’ una città – risponde l’ex sindaco – che si è rottamata da sola. E’ stata portata alla rottamazione”.
Poi il monito: “Pensate se dovesse chiudere la Pilkington. Non voglio fare la Cassandra; speriamo il più tardi possibile, ma succederà, perché Pilkington trasferisce le sue produzioni in Polonia. Dobbiamo creare un nuovo modello di sviluppo”. Secondo Tagliente, Vasto deve essere “oltre che città turistica, città di cultura, meta di visita anche nei mesi invernali” ed esorta a “recuperare un progetto antico, che è quello della Frentania: un territorio più ampio, che arrivi fino a Termoli, un territorio unitario, come è riuscito a fare il Salento, che possa fare di Vasto un punto d’arrivo e di sviluppo”.