Uscito a maggio 2015, non è certo la prima volta che viene presentato il libro di Emanuele Felice Ascesa e Declino, storia economica d’Italia, ma le tesi contenute nel testo hanno fatto il giro d’Italia (e oltre), facendo discutere politici ed economisti a tutti i livelli, così anche il seguito appuntamento di ieri presso la Pinacoteca di Palazzo d’Avalos ha favorito nuovi spunti di riflessione sulla condizione economica del Paese, riletta del suo percorso storico.
A dialogare con l’autore, il direttore editoriale di Carsa, Oscar Buonamano, il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini, e il sindaco di Vasto, Luciano Lapenna.
Per rintracciare le cause di una condizione economica certamente non brillante, al di là delle contingenze della crisi, durante il dibattito è emersa la “pesante” eredità del fascismo, caduto dopo la Seconda guerra mondiale, ma ben presente nella mente dei legislatori che proprio per evitare il ripetersi di simili situazioni, si sono dotati di una struttura legislativa fatta di “pesi e contrappesi” che se da un lato scoraggiano tentazioni autoritarie, dall’altro rallentano l’azione legislativa, soprattutto quando si tratta di fare riforme. Riforme che nella lettura di Emanuele Felice rappresentano la concreta opportunità di rilancio per il Paese.
Problemi “strutturali”, quindi, già dal Dopoguerra, ma ben nascosti dalla “crescita drogata” da svalutazione e debito pubblico del boom economico, e subito tornati alla luce appena le politiche europee hanno messo in discussione proprio questi due “strumenti”.
Insomma, al di là della contingenza della crisi economica, per il professor Felice l’Italia è strutturata per non essere salda economicamente, mancando una visione orientata all’innovazione e agli investimenti e soprattutto la capacità di riformare la struttura dello Stato, in modo da agevolare una ripresa che non sia semplicemente una “boccata d’aria” per l’economia, ma diventi un “orientamento” strutturale del Paese.