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15 Dicembre 2015
15 Dicembre 2015
Redazione ZonalocalebyRedazione Zonalocale

Je suis…libre!

Dopo gli attacchi di ParigiAd un mese dagli attacchi di Parigi, non si sente parlare d’altro nei tg e nei talkshow. Improvvisamente sono diventati tutti strateghi di guerra, esperti delle varie dottrine religiose, profondi conoscitori di questo o quello che può aver causato la nascita del fondamentalismo islamico. Si parla, si dibatte e si litiga, soprattutto, si litiga sul migliore metodo di difesa. Sicuramente non risolveremo il problema ammazzandoci a vicenda in un qualche studio televisivo, questo è certo. In un momento delicato come questo, l’unione potrebbe essere  la migliore arma contro chi vuole annientare la nostra identità, toglierci la nostra quotidianità e uccidere la nostra libertà, conquistata con tanta fatica. “La mia libertà finisce laddove inizia quella del prossimo” diceva qualcuno e “nessuno può togliercela per ideali sbagliati” dobbiamo aggiungere noi tutti; perchè questo è il momento in cui dobbiamo far riemergere i veri valori, quali la tolleranza e il rispetto, questo è il momento in cui dobbiamo tornare a credere nei nostri ideali e tenerceli stretti più che mai, difenderli e tutelarli per noi e per chi sta cercando ora la sua strada in questo mondo che diventa sempre più complesso. Tutto questo è possibile, restando uniti, dando ai ragazzi i giusti mezzi per costruirsi un futuro, mezzi che non siano armi da guerra o cinture esplosive, con quelle il futuro lo annientiamo, con quelle uccidiamo il rispetto verso gli altri e noi stessi. Ma devono essere i ragazzi stessi ad uscire da questa rassegnazione opprimente, che caratterizza la mancanza dei valori, dietro cui troppi e per troppo tempo si sono rifugiati, ignorando volutamente la realtà e gli eventi degeneranti. Le possibilità di costruire un futuro non saranno molte, in questo momento di crisi economica e morale, ma le possibilità ci sono e possono essere create se solo vogliamo. Certo, è più facile nascondersi dietro quell’odiosissimo “è così, cosa ci possiamo fare”, ma è arrivato il momento di cambiare le cose, di lasciare la rassegnazione in un angolo e di agire per cambiare il mondo, il nostro futuro. Non è questo il mondo che vogliamo, non vogliamo essere ammazzati in sale da concerto perchè qualcuno ha deciso che stiamo facendo qualcosa di sbagliato. Non possiamo immobilizzarci in preda all’incertezza. Dobbiamo essere sicuri della nostra identità e di chi o cosa vogliamo essere, altrimenti diventiamo bersagli immobili di un’ideologia per cui non vale la pena rinunciare alla nostra vita e a noi stessi. Non è questo che vogliamo diventare, tramandare e promuovere, perchè “la violenza è il metodo di chi non ha cervello” tanto per citare un passaggio bellissimo della canzone “Nu jorno buono” di Rocco Hunt. 

Non arrocchiamoci, però, dietro frasi fatte come quel “non tutti i Musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono Musulmani” sentita e risentita in ogni dove. Non si giudicano le persone dall’aspetto, dal colore della pelle e, ancora meno, dalla fede professata. Questo dovrebbe diventare un discorso chiaro a tutti: a noi, che stiamo prendendo coscienza di quanto sia importante la nostra cultura e a loro, che vogliono condizionarci la vita con i loro ideali discutibili. 

E, allora, ritorniamo sul discorso del rispetto, parola che racchiude una vastissima gamma di campi in cui può e deve essere applicato: rispetto per se stessi, rispetto per gli altri, per le regole,  per chi veste diversamente da noi, per chi ha usi e costumi differenti dai nostri, per chi prega in maniera diversa da noi e per i simboli appartenenti alla cultura altrui. Ragionare rispettando è pensare: “se io non gradisco una cosa, non vuol dire che nessuno debba non gradirla“. E una mancanza di rispetto è anche rinunciare alla nostra identità, togliendo i simboli che rappresentano la nostra cultura, come, per esempio, il crocifisso, il presepe o l’albero di Natale. Per chi li considera fondamentali per la propria identità religiosa, culturale o qualsiasi essa sia, sono importanti, per chi non attribuisce loro nessun significato, non devono rappresentare un problema, per ovvi motivi. A volte, però, sono solo i pregiudizi ad ostacolare la giusta interazione fra le persone, perchè un individuo, spogliato da tutte le sue caratteristiche, è un essere vivente a cui nessuno, e per nessun motivo al mondo, ha il diritto di togliere l’esistenza. Il “non-conoscere” fa dell’ignoto un qualcosa di spaventoso, perciò, forse, dovremmo fare di più, affinchè le varie culture vengano conosciute, considerate e rispettate, appunto. non lasciamoci forviare dalla diversità religiosa. Iniziamo a dividere le persone in buone e cattive, dimostrandoci superiori a questi ladri d’identità che vogliono rendere la nostra una non-vita. Grandissimo esempio di civiltà e umanità è stato il padre di Valeria, la studentessa italiana morta negli attacchi di Parigi, che non ha avuto parole rancorose o d’accusa per chi gli ha ucciso la figlia in modo così gratuito e crudele. Ha voluto che al funerale di sua figlia ci fossero i rappresentanti di diverse religioni e noi dobbiamo prendere esempio da lui e unirci a lui nel volere un’unione fra le diverse culture. La convivenza pacifica è possibile e noi dobbiamo volerla senza farci accecare dall’odio o dai pregiudizi. Non possiamo permetterci di metterci l’uno contro l’altro, adesso che c’è chi aspira proprio a questo.

Il periodo dell’Avvento è arrivato e il Natale incombe; bussiamo alla porta del nostro vicino, proprio quello che appartiene ad una fede diversa dalla nostra, e invitiamolo a fare una passeggiata attraverso un mercatino di Natale, offrendogli un vin brulè e mostrandogli il meraviglioso e suggestivo albero di Natale tutto illuminato, così lui, magari, ci inviterà alla festa dello zucchero che si festeggia a fine Ramadan, facendoci provare le buonissime specialità culinarie, appartenenti alla sua cultura, condividendo il più possibile. Condividiamo anche un pensiero per le vittime di Parigi, del Mali, della Tunisia, della Turchia, della Siria e di tutti quegli altri paesi in cui esseri umani muoiono per mano di uomini cattivi.

   

di Emy D’Ortona
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