Come a Pescara, anche a Vasto il movimento No Ombrina ha attuato un volantinaggio per dire no alle trivellazioni petrolifere nel mare Adriatico. In piazza Rossetti sono stati gli attivisti Cobas a distribuire il materiale informativo ai passanti.
Il volantino – Questo il testo integrale del volantino: “I cambiamenti climatici sono una emergenza globale.
Le comunità ed i territori vengono devastati dalle grandi opere inutili, dal modello energetico ancora fondato sulle fonti fossili, dalle cementificazioni, dalla deforestazione, dall’esaurimento dei suoli agricoli, dalle emissioni inquinanti.
Siamo tutti esposti ai rischi ambientali derivanti da un modello produttivo che ha superato i limiti ecologici del pianeta, Il clima cambia perché si continua ad insistere sulla strada di un sistema produttivo, quello capitalistico, in cui l’ambiente è considerato semplice fattore di produzione sfruttato senza regole, così come sempre più sfruttato è il lavoro.
Desertificazione, innalzamento del livello dei mari, dissesto idrogeologico, avvelenamento dei mari, dei fiumi, dell’acqua e delle terre, guerre per l’accaparramento delle risorse energetiche, ci sottraggono i beni comuni essenziali alla buona qualità della vita, il diritto all’autodeterminazione del nostro sistema sociale ed economico.
In Abruzzo di tutto questo siamo ben coscienti alla luce della deriva petrolifera (visti i processi di petrolizzazione del mare), di inquinamento dei fiumi e dell’aria, delle discariche a cielo aperto, delle opere invasive e dannose dei territori.
Il riscaldamento della superficie terrestre sta provocando lo scioglimento senza precedenti della calotta polare artica (La Groenlandia ha perso una regione ghiacciata grande come la Francia).
Ma non serve andare ai Poli, basta gettare lo sguardo sulle nostre Alpi, i ghiacciai si sciolgono a una velocità di 1 km e mezzo ogni anno.
I mari crescono grazie a un’inedita massa d’acqua dolce che rischia di bloccare la “corrente del Golfo” che oggi mitiga il clima tra Atlantico ed Europa, mentre la maggiore evaporazione concentrata ai Tropici aumenta frequenza e intensità di uragani e alluvioni.
Tutti fenomeni che colpiscono anche l’Europa. Solo in Italia, precipitazioni senza precedenti statistici hanno alluvionato molte territori e città. L’8 luglio un tornado ha colpito il Veneto lungo la Riviera del Brenta spazzando via case, tralicci, macchine e camion, uccidendo una persona e provocando decine di feriti e milioni di danni.
Le violente ondate di calore uccidono silenziosamente migliaia di persone anche in Europa: nella torrida estate del 2003, sono morte più di 20.000 persone, soprattutto anziani.
Da poco si comincia a parlare addirittura di “diritto all’asilo climatico”.
Fino a questo momento, nessuna conferenza dei grandi della terra sul clima come quella che si è aperta a Parigi – la COP 21 – ha preso né prenderà decisioni che tutelino l’interesse generale se invariato rimane il legame tra scelte politiche e interessi economici. D’altronde queste conferenze sono finanziate da quelle stesse multinazionali simbolo dell’inquinamento e della violazione dei diritti a cui la COP 21 dovrebbe cercare soluzioni.
Per questo, nonostante gli accordi internazionali la febbre del pianeta continua a salire:
– Dal 2013 al 2015, le sovvenzioni a favore delle fonti fossili sono passate da 4,9 a 5,3 trilioni di dollari, il 6,5% del PIL mondiale, più della spesa sanitaria totale del mondo.
– In Europa, secondo l’Oms, 600.000 tra decessi prematuri e malattie sono provocati dall’inquinamento; l’impatto sanitario si traduce in un costo economico che nel 2010 ha raggiunto i 1.600 mld di dollari, il 10% del Pil dell’Unione.
Tutto questo, unito alla privazione e al deterioramento delle risorse naturali, costringono comunità ed interi popoli a migrare forzatamente e a diventare profughi ambientali.
10 punti per cambiare:
1. Porre le basi per lo sviluppo di una nuova economia diffusa, circolare e distribuita, investendo in tecnologie, imprese e settori economici a basso impatto ambientale, un nuovo modello si sviluppo che rispetti le capacità autorigenerative degli ecosistemi e in cui il ciclo produttivo sia regolato da quello della vita sulla terra, sull’equa distribuzione delle risorse, sulla loro cura e tutela.
2. Promuovere la riconversione sociale, economica e ambientale dei comparti di
produzione maggiormente inquinanti e la creazione di sbocchi occupazionali verso settori
sostenibili e fondati su equità e redistribuzione.
3. Convertire l’economia delle grandi opere inutili con opere di reale interesse pubblico: bonifica dei territori, risanamento idrogeologico, riduzione alla fonte dei rifiuti efficientamento energetico degli edifici. Arrestare cementificazione e il consumo di suoli.
4. Rivoluzionare la produzione alimentare in favore dell’agricoltura diffusa contrastando le forme di agricoltura e zootecnica industriali basate sull’uso intensivo di energia fossile, di pesticidi, di concimi chimici e di altre sostanze di sintesi, che incrementano il riscaldamento del pianeta, riducono la fertilità dei suoli danneggiando irrimediabilmente le proprietà rigenerative della terra.
5. Riappropriarci dei beni comuni quanto più possibile su esigenze locali e restituire ai cittadini poteri decisionali diretti nella gestione delle risorse.
6. Cancellare immediatamente ogni forma di sussidio alle fonti fossili ed a quelle finalizzate a soddisfare solo le esigenze di mercato.
7. Spingere i governi e le istituzioni nazionali ed internazionali al rispetto all’accoglienza e alla piena tutela delle popolazioni vittime di calamità riconoscendoli quali profughi ambientali e climatici
8. Imporre alle industrie inquinanti la copertura dei costi sanitari ed ambientali derivanti da inquinamento oggi gravanti sui bilanci degli Stati e, dunque, sulla collettività secondo il “principio” della capitalizzazione degli utili e socializzazione dei costi e delle perdite.
9. Indirizzare gli Stati e gli enti locali verso forme di pianificazione partecipata
per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici nei settori maggiormente
emissivi (energia, industria, trasporti, agricoltura, edilizia). Formazione di lavoratori, funzionari pubblici, sindacalisti e gruppi di interesse nei settori verdi.
10. Escludere la spesa necessaria alla tutela ambientale e all’abbattimento
dell’inquinamento dai vincoli imposti dalle politiche di austerità.
Per l’attuazione di questi punti, che possono garantire la sopravvivenza del pianeta,
noi tutti, comunità e soggettività sociali in ogni forma costituite, ribadiamo l’irrinunciabilità e l’urgenza di un cambiamento del sistema economico e produttivo. Ci assumiamo l’impegno di portare avanti tutte le azioni di denuncia, informazione, sensibilizzazione, mobilitazione, pressione istituzionale necessarie a garantire l’implementazione di questo piano di azione verso la costruzione di un nuovo modello economico e sociale finalmente sostenibile, giusto, redistributivo e equo”.