Tutto pur di aggirare il “caos Trignina”; “tutto”, anche il rischio di cadere giù nel fiume. Dopo il crollo del 27 novembre scorso che ha riportato la viabilità alle condizioni precedenti la realizzazione della Statale 650, i pendolari costretti per motivi di lavoro a fare la spola tra entroterra e costa cercano rimedi ai tempi di percorrenza notevolmente lievitati. Per avere un’idea del disagio, basti pensare che nei primi giorni dell’emergenza l’autobus degli studenti di alcuni comuni dell’Alto Vastese è “rincasato” dopo le 16.
Immancabile anche la presenza di curiosi in fila per scattare una foto ricordo con il crollo.
Le principali violazioni dei divieti si registrano durante la notte, in prossimità dei cambi turno nelle grandi aziende della costa. L’espediente più usato è quello della staffetta con i colleghi presenti al di là dello squarcio: attraversano a piedi (dopo aver lasciato l’auto nello svincolo più vicino) il tratto crollato per essere accompagnati dalle auto di amici in attesa “sull’altro lato del mondo”.
Nella notte tra sabato e domenica non è mancato chi ha addirittura sollevato i paletti metallici dei divieti conficcati nell’asfalto per passare con l’auto sull’unico lembo rimasto con il rischio di finire nel Treste.
Dopo i primi casi, gli accessi alla “zona rossa” sono presidiati da volontari di vari gruppi di Protezione civile e Arci Pesca Fisa, ma spesso è difficile fermare chi vuol passare senza sentir ragioni di sorta a proprio rischio e pericolo.
Insomma, tutto pur di evitare il percorso alternativo da incubo; tutto nell’anno 2015.