“Dieci cose da fare” e altre dieci “da non fare” per tutelare e valorizzare il centro storico di San Salvo. Sono i due decaloghi che chiudono la relazione tecnica “Identità, valorizzazione e recupero del Centro storico di San Salvo; caratteristiche tipologiche del tessuto urbano nella città murata e nel quartiere Garibaldi/Savoia; ipotesi di conservazione” che sarà presentata domani 5 novembre (ore 17.30, Porta della Terra).
La relazione è stata commissionata dagli assessorati alla Cultura e ai Lavori pubblici agli architetti Davide Longhi (università di Ferrara) e Denis Bordignon (Urban Center di Bassano). “Questa – spiegano il Comune in una nota – costituisce un momento di approfondimento dell’evoluzione urbana e delle tipologie architettoniche dell’abitato storico cittadino, con delle indicazioni sugli interventi possibili circa una sua riqualificazione e valorizzazione. In dettaglio, oltre al profilo storico dei quartieri più antichi, risultano indagati gli spazi pubblici, gli elementi di valore architettonico, le buone pratiche di recupero già attivate e le linee guida di intervento sugli edifici”.
Alla presentazione dello studio parteciperà Domenico Patassini, già preside della facoltà di Pianificazione urbana all’Università IUAV di Venezia.
A chiusura dell’analisi, quindi, la dedicata ai residenti del centro storico contenente le linee guida gli interventi sui propri edifici.
DECALOGO DELLE COSE DA NON FARE
1. Non rivestire di piastrelle in ceramica o pietra i basamenti: solitamente, i basamenti avevano solo uno zoccolo in mattoni di pochi centimetri più sporgente del muro, talvolta intonacato.
2. Non ingrandire i balconi né in profondità né in lunghezza: i balconi erano difficili da realizzare e costosi, quindi erano una eccezione della facciata della casa. Essi avevano mensole inizialmente in pietra, trasformate poi in ferro o calcestruzzo decorato; la ringhiera era sempre costituita solo da piedritti equidistanti verticali. Soltanto nel Novecento le ringhiere diventano molto più decorate con fiori e disegni, spesso con le cifre del proprietario della casa.
3. Non aumentare lo sporto di gronda: le facciate erano prive di sporto quasi completamente, soprattutto in edifici lontani dello status di palazzo: tecnicamente era complesso realizzarlo per l’assenza di pietra di grandi dimensioni. Lo sporto veniva di solito ottenuto solo sovrapponendo file di mattoni o di coppi per una dimensione non maggiore ai 40 cm.
4. Non accentuare il timpano del tetto sulla facciata. Tradizionalmente il tetto era pensato come elemento tecnico e non decorativo, quindi era spesso arretrato rispetto alla facciata che si voleva rettangolare. Molto evidente del gusto architettonico abruzzese è la negazione del tetto anche nelle chiese, come quelle aquilane.
5. Non modificare la proporzione delle finestre che generalmente avevano una proporzione 1:2 o anche minore, eccezion fatta per le finestre cinquecentesche che avevano rapporti 2:3, oppure delle prese di luce di locali deposito o semi interrati con proporzione 1:1.
6. Non usare colori accesi: in passato erano disponibili soltanto colori che derivavano dalle argille gialle e rosse e da alcuni minerali reperibili. Solo a partire dal primo ‘900 diventano disponibili nuovi colori come l’azzurro e il verde entrambi slavati, o il rosso pompeiano, inedito fino ad allora.
7. Evitare di stonacare casualmente una facciata. Essendo generalmente piccole e di due piani, il trattamento ad intonaco o a mattoni era unico. Dividere una facciata storica in base alle proprietà snatura la sua essenza.
8. Evitare finestre e infissi in genere in alluminio e pvc: il loro invecchiamento sarà diverso da quello dell’intonaco o del mattone e potrebbe creare uno sgradevole contrasto. In ogni caso è meglio usare come colore il grigio chiaro, il verde per le imposte, oltre al bianco sporco.
9. Evitare tende e tettoie protettive delle porte, perché distruggono la tradizionale piattezza della facciata. Sono preferibili tende verticali ad anelli.
10. Tubazioni del gas, cavi elettrici e canali distruggono le proporzioni delle facciate: se non interrate, si possono far passare tra un edificio ed un altro, disposte appena sopra gli elementi orizzontali come i marcapiani o i basamenti.
DECALOGO DELLE COSE DA FARE
1. Per garantire la qualità dell’abitare in edifici storici occorre salvaguardare la complessità interna di stanze e corridoi, dislivelli e scale, volte e solai piani, oltre che di pavimenti storici in cotto o marmette. Un edificio storico non può offrire, anche dopo modifiche sostanziali, lo stesso tipo di spazialità di un edificio di nuova costruzione. Per questo conviene valorizzare la sua specificità compositiva.
2. Per comprendere le proporzioni di un edificio occorre distinguere con colori in gamma le diverse fasi di ampliamento.
3. Si tenti di coordinare i colori degli infissi, avvolgibili dei garage compresi. L’unico elemento di color legno normalmente era il portone di ingresso, quando non era verniciato di verdone o di rosso scuro.
4. Sigillare le fughe tra pietre e tra mattoni, se rimangono a vista. Questa operazione rende più impermeabile la facciata evitando muffe, macchie e risalita di umidità con linee di adescamento che danneggiano gli intonaci ad altezza variabile.
5. Usare soglie di pietra poco sporgenti e di spessore minimo. L’elevato costo di tali materiali rendeva proibitivo anche per i palazzi il loro uso. Quindi sono estranei alla tradizione, ricca e povera.
6. Ripristinare le modanature semplici delle cornici e delle finestre. Aggiungere decori è un falso storico che spesso peggiora le proporzioni invece di abbellire la facciata.
7. Eventuali parabole, antenne e soprattutto condizionatori, vanno collocati non nella facciata principale e comunque in luoghi non visibili dalla strada di accesso.
8. Le tegole locali erano i coppi di colore giallo. Le altre tegole arrivarono nel secondo dopoguerra. Conservare le vecchie, soprattutto nella parte superiore del manto, conferisce alla facciata e alle coperture maggiore qualità.
9. Le grondaie non erano presenti e neppure i pluviali. Se proprio necessari ricorrere a soluzioni più compatte possibili con sezioni circolari.
10. Le demolizioni di ampliamenti sulla facciata principale (balconi enormi, tetti sporgenti, cornicioni in legno non strutturali, etc.) realizzati dopo il secondo conflitto mondiale, consentono la semplificazione del disegno, restituiscono proporzione alla facciata e ripristinano la qualità del tessuto urbano.