Si chiamava Lulù, aveva 12 anni ed è morta dopo 5 ore di atroce sofferenza. È solo l’ultimo dei casi di avvelenamento di cani che si sono registrati nell’ultimo periodo nel quartiere Incoronata: due sono morti, altri due sono stati strappati alla morte in extremis, probabilmente salvi solo perché un po’ più giovani e robusti.
Per tutti, la stessa causa, determinata dalle visite dei veterinari, qualche volta – purtroppo – dalle autopsie: avvelenamento da veleno per topi. “Non so dove e quando ha potuto prendere il boccone avvelenato, – racconta con un magnigno sul cuore il custode di Lulù – siamo sempre usciti insieme, al guinzaglio. Non riesco a rendermi conto di come sia potuto succedere”. Un’idea ce l’ha il veterinario che ha tentato invano di curare Lulù ed eseguito l’autopsia: i bocconi avvelenati ormai si trovano nelle più svariate forme; perfino in biscottini a forma d’osso, in tutto somiglianti a croccantini per cani, possono contenere veleno, e buttati più o meno a caso lungo la strada possono rappresentare trappole mortali. Ma naturalmente è una spiegazione che non può consolare, soprattutto chi è abituato ad accudire i cani in mondo corretto, portandoli al guinzaglio e seguendo tutte le regole del vivere civile.
L’ultimo caso, quello di Lulù, si è verificato sabato scorso, ma è solo l’ultimo di una scia che sta diventando troppo lunga; preoccupati i residenti, anche perché evidentemente non bastano nemmeno tutti gli accorgimenti di buon senso per tenere al sicuro i propri amici a quattro zampe. Intanto il proprietario di Lulù proverà a mettere un argine al problema: “Ci siamo rivolti a un avvocato per presentare denuncia contro ignoti alle autorità competenti”. Avvelenare cani è infatti reato penale, come stabilisce l’articolo 544-bis del Codice penale: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi”. Ma chi compie atti di tale vigliaccheria probabilmente è stato già punito dalla vita.