Continuano il viaggio e gli incontri con i sindaci di tutti i Comuni del Vastese. Dopo Angelo Marchione, primo cittadino di Furci, abbiamo incontrato Gianfranco D’Isabella, sindaco di Carunchio, comune che riesce ad attrarre numerosi turisti stranieri durante l’anno e che ha nel proprio territorio un centro d’accoglienza temporaneo.
La tua esperienza è iniziata come assessore. Perché a un certo punto, anni fa, hai fatto la scelta di candidarti?
Diciamo che sono sempre stato molto presente nella vita sociale del paese; prima di candidarmi ero impegnato in varie associazioni locali.
Poi, ho sempre pensato che non esiste chi è tagliato per candidarsi o meno. Io mi sono sentito in dovere di dare una mano e di mettermi in gioco in prima persona. Penso che è brutto la sera stare davanti al televisore e sentire che altri hanno deciso per te.
Alle nuove generazioni mi piacerebbe dire di non demonizzare l’attività politica, ma soprattutto non pensare di farlo per quei 5 minuti di notorietà a ridosso delle elezioni, ma perché si vuole dare qualcosa e mettersi al servizio della comunità.
Prima che decidessi di provare questa esperienza, ti sei trovato davanti al bivio di scegliere se restare o andare via?
Ringraziando Dio, non ho mai avuto questo dubbio. Ho scelto prima di tutto di restare a Carunchio, poi di fare il sindaco e questo guida il mio mandato. Svolgo questo ruolo quindi anche come papà di due bimbe alle quali cerco di dare un futuro migliore e soprattutto l’opportunità di restare dove sono nate e dove stanno crescendo.
Penso che l’esempio più calzante è quello di svolgere questo compito come un “buon padre di famiglia”. Per questo non ho avuto dubbi nel restare e spero di non essere mai messo in condizione di scegliere di andare via da Carunchio perché sto cercando di farlo diventare un luogo dove restare.
Dall’esterno il ruolo di sindaco viene visto ancora come un posto dalla poltrona comoda, da altri come un costo da abbattere. Quando sei stato eletto, invece, cosa hai scoperto? Cosa significa fare il sindaco di un piccolo paese?
L’Italia ha tanti problemi, ma penso che il primo cittadino di un piccolo comune sia una risorsa. Dopo 4 anni e mezzo di mandato, posso dire che i sindaci di questa zona sono tutte persone più che capaci e in grado di amministrare.
A differenza di quando si ricopre la carica di assessore, le preoccupazioni le riporti a casa. Si è responsabili in prima persona e quando ci si sveglia la mattina si cerca di portare a casa un successo.
La cosa che più mi ha spaventato appena diventato sindaco è la cura dimagrante che lo stato centrale sta attuando sugli enti locali, anche perché non siamo molto rappresentati e siamo i più colpiti. Così si tagliano i servizi per i cittadini; con questi bilanci non possiamo sognare ed è difficile anche restare sul “reale”.
Non si fa il sindaco di un piccolo paese per lo stipendio: qui consiglieri e assessori non hanno mai preso gettoni di presenza, rimborsi spesa non ce ne sono. Oggi il ruolo del sindaco è molto cambiato. A causa dell’assedio continuo nei nostri confronti, la nostra sede è ormai negli uffici degli organi decentrati: la Asl, gli uffici dei vari assessorati regionali ecc. Si sono triplicati i viaggi fuori dal comune.
Quali sono gli aspetti dei tagli che concretamente colpiscono il cittadino e le vie alternative per realizzare progetti?
Abbiamo fatto la scelta di mantenere i servizi essenziali come lo scuolabus gratuito e la mensa scolastica. Di contro, però, abbiamo dovuto tagliare su manutenzione e pulizia, anche perché abbiamo un solo dipendente esterno. Ritengo vitali alcuni servizi: lo scuolabus, la mensa, il servizio di prevenzione con l’infermiera che ogni lunedì effettua i prelievi per evitare che si perda una giornata per curarsi.
Il taglio dei trasferimenti non ci ha però abbattuto, è stato l’input per trovare altre vie. Il bilancio non ci permette di svolgere la banale manutenzione, ma non ci ha impedito di fare progettazione.
Ad oggi abbiamo un pacchetto di progetti che si aggira intorno ai 5 milioni di euro, di cui oltre la metà è in via di concretizzazione: 160mila euro per la strada di collegamento alla fondovalle Treste; i Pit sui contesti abitativi per la riqualificazione della parte bassa della chiesa; 150mila euro su via Foresta; poi c’è il milione di euro dei Seimila Campanili; 200mila euro sulla Statale 86 per Fraine; 50mila euro sulla videosorveglianza che partirà la prossima settimana; 150mila euro per l’efficientamento della pubblica illuminazione (di cui 50mila con il Patto dei sindaci); siamo in attesa del finanziamento di 500mila euro per l’adeguamento sismico del Comune; 400mila euro su un’ex scuola materna che vorremmo far diventare una struttura socio-residenziale.
Abbiamo poi progetti per 500mila euro per la riqualificazione del belvedere, altri 600mila per largo Taverna e 500mila euro per la ristrutturazione della chiesa di S. Giovanni Battista.
Carunchio forse più di altri comuni dell’entroterra vastese riesce ad attrarre turisti dall’estero, soprattutto da oltreoceano; una presenza che non passa inosservata anche negli appuntamenti tradizionali del paese come l’Infiorata. Il Comune che ruolo ha avuto e come ci siete riusciti?
È stata una scelta ben precisa fatta già dalla passata amministrazione. Diciamo che erano “altri tempi” e c’era la possibilità di fare investimenti anche con risorse proprie. Si è puntato sulla bellezza del nostro paese; oggi posso dire che è stata un’intuizione vincente. Grazie alla possibilità di investire, abbiamo dato una destinazione turistica a Carunchio. Si è partiti quindi con il recupero e vendita del patrimonio immobiliare; così c’è stato il primo intervento su Palazzo Tour D’Eau che ci ha aperto il solco per diventare uno dei Borghi più belli d’Italia. Oggi questo palazzo signorile, di proprietà privata, svolge un’attività importante portando diverse centinaia di ospiti americani durante l’anno.
I più grandi investimenti si sono concentrati sul centro storico, così come quelli in programma. La riscoperta del turismo ambientale e agroalimentare degli ultimi anni ci spinge ancora di più a continuare su questa strada.
Non solo turisti stranieri, ma anche immigrati: Carunchio è uno dei comuni del Vastese che ospita un centro d’accoglienza temporaneo. Come hai affrontato questa situazione e come ha reagito la popolazione?
È un tema molto delicato che riguarda tutta l’Italia e ho cercato affrontarlo con senso di responsabilità. Qui gli immigrati sono arrivati in due momenti separati: nell’estate 2013 e a fine 2014 in un albergo in disuso da tempo. Ne parlava anche il prefetto nell’incontro di Palmoli di qualche giorno fa: è una situazione che riguarda tutti. Ho sempre pensato che la questione centrale è quella dei numeri. Non si tratta di non volerne tanti sul proprio territorio, ma non si può pensare all’integrazione avendo un numero eccessivo di ospiti in un piccolo comune. Per questo guardiamo con attenzione all’operato della cooperativa Matrix, scegliendo insieme i percorsi e le iniziative da svolgere, cercando di evitare attriti con i cittadini.
In questa direzione c’è stata la firma della convenzione con la Prefettura per impiegarli in lavori socialmente utili e spostarne alcuni in un casolare dove svolgono attività rurali [LEGGI]. Stanno ripristinando un podere e iniziando un’attività lavorativa propria; è quello che più ci interessa perché si ha un compito all’interno della comunità.
Se c’è stata un po’ di tensione e anche una petizione popolare è perché si era diffusa l’idea, infondata, che si potesse arrivare a un numero spropositato di ospiti.
Condivido in pieno le parole del prefetto: se l’emergenza si affrontasse con spirito territoriale, lo si farebbe meglio e donando anche condizioni di vita più dignitose agli immigrati.
Un argomento particolarmente sentito negli ultimi tempi, strettamente legato al tema dello spopolamento, è quello dei poli scolastici. Credi sia una misura giusta per affrontare il fenomeno?
Penso proprio di sì, ma è un tema che va inquadrato nel contesto più ampio della Strategia per le aree interne, sulla quale diversi comuni lavorano da due anni.
L’idea del polo scolastico è “vecchia”, nel senso che andava fatta molto tempo fa. La Strategia Aree interne ha come obiettivo invertire la rotta dello spopolamento nelle nostre aree contenendo l’emorragia che porta via la gente dando servizi importanti. Spesso i genitori con i propri figli che in età scolastica devono raggiungere i centri più grandi fanno la scelta logica di acquistare casa e trasferirsi per abbattere le spese.
Oggi i numeri ci dicono che in questa parte d’Abruzzo siamo indietro: abbiamo molti plessi scolastici a fronte di una popolazione studentesca bassa. Ecco quindi che prima di tutto un polo che serve otto, nove comuni abbatte le spese diventando una struttura che può vivere ancora minimo per 20 anni. Non si tratta della costruzione di un edificio nuovo, ma soprattutto di una formazione sperimentale all’interno della struttura. Questo vuol dire che i ragazzi che la frequentano devono portare dei risultati: se oggi hanno alcune lacune come ci dicono i numeri, nel giro di due anni deve esserci la controtendenza.
Per quanto riguarda la collocazione, credo che oggi i poli vadano costruiti rispettando degli indici che il Miur individua, quindi penso che siano un po’ azzardate le proposte di noi sindaci sul luogo dove dovrà nascere. Credo che vada realizzato in una “zona franca”, questo ti permette di avere il successo dell’impresa: tutti sono messi nelle stesse condizioni.
Ripeto, però, che il polo scolastico può essere solo un primo passo. Perché non pensare a un centro unico sportivo? È un modo per sentirsi territorio. Il sogno resta, poi, il polo sanitario. Oggi i nostri cittadini incontrano molte difficoltà per raggiungere Gissi o Castiglione.
Alla base di tutto c’è il fatto di iniziare a sentirci cittadini dell’Alto Vastese e non di Carunchio e di altri paesi. Alla luce dei tagli, sicuramente si arriverà a una fusione che lascerà l’identità abitativa ma accorperà le funzioni. Carunchio non può pensare di svilupparsi se non si pensa allo sviluppo dell’intero territorio.
Nella prossima primavera i cittadini di Carunchio saranno chiamati alle urne per rinnovare l’amministrazione comunale. Ormai il tempo è maturo per tirare le somme: qual è stato il momento più difficile del tuo mandato, qual è il bilancio finale e come vedi il futuro? Ti ricandiderai?
Il momento più brutto è stato sicuramente il periodo della paventata chiusura della guardia medica di Carunchio, nel 2012. Lì è stato il primo momento in cui ho pensato che bisognava ragionare al di fuori dei campanili. Un servizio lo puoi tagliare se già ci sono delle soluzioni e non era quello il caso. All’epoca qualcuno si è risentito, l’aver lasciato qui la guardia medica è stato visto come un favore politico nei confronti di Carunchio. A posteriori, possiamo dire che questa scelta ha portato in dote più ore a disposizione per la rete emergenza-urgenza.
Per quanto riguarda il bilancio della mia esperienza, lo ritengo molto soddisfacente. Abbiamo diverse idee in cantiere. Abbiamo già contattato l’opificio delle pietre dure di Firenze per restaurare gli affreschi della chiesetta del 500: qui c’è un dipinto quasi unico, la rappresentazione dell’ultima cena con la presenza del volto femminile. Un discorso, questo, che si inserisce nella strada intrapresa di potenziamento del turismo.
Ci piacerebbe inoltre estendere l’esperienza con i tanti visitatori dagli Stati Uniti e firmare un protocollo con una cittadina del North Carolina per scambi culturali, ma non solo. Con il coinvolgimento di università americane e italiane inoltre pensiamo a un progetto ambizioso che, spero, in seguito di poter annunciare.
La ricandidatura? Sicuramente ci sarà, perché credo che un mandato non sia sufficiente per portare a conclusione le opere e i progetti in cui crediamo e stiamo investendo molto.
La scheda di Gianfranco D’Isabella
Nato: 07/05/1974
Stato civile: sposato
Risiede a: Carunchio
Professione: geometra
Sindaco dal 15/05/2011
Schieramento di elezione: lista civica “Carunchio per le libertà”
Precedenti incarichi istituzionali: assessore comunale nelle due precedenti amministrazioni
Numero residenti Comune: 605
E IL SINDACO CHE FA? ANGELO MARCHIONE (FURCI)