“Riflette sul ruolo del mare che trasporta in un altrove sconosciuto le prospettive di vita di chi lascia la propria terra per un avvenire migliore. Lo sguardo del viaggiatore accarezza le onde che lambiscono i fianchi della nave e nelle particelle schiumose vede apparire e dissolversi ricordi, paure, intimi pensieri”.
È il concetto che si cela dietro l’opera scultorea “Onda + bolle d’aria” di Emanuela Camacci. Questa, come “Andata e ritorno” di Fabio Ceschina e un’altra opera di Antonio Di Campli, giace da 8 anni, abbandonata a intemperie e degrado, nel deposito comunale di San Salvo.
Si tratta dei lavori realizzati in occasione di “CulturaScultura – Emigrazione, messa d’arte per l’amicizia tra i popoli”, un simposio tenutosi a San Salvo dal 13 al 22 luglio 2007 in piazza Aldo Moro; era organizzato dalle associazioni Arap Abruzzo (Associazione Regionale Arte e Pietra) e Mondo a Colori in collaborazione con il Cram della Regione Abruzzo e il Comune di San Salvo che si occupò della sistemazione in quei giorni degli artisti.
Come spiegato allora dal sindaco Gabriele Marchese e dall’assessore alla Cultura Domenico Di Stefano, le opere in pietra della Majella degli 8 artisti partecipanti erano destinate alle città gemellate con San Salvo: “Swan (Australia), Székesfhérvár (Ungheria), Saint Nicolas de Port (Francia) e San Salvo – affermavano – saranno abitate da sculture che, nella inevitabile originalità della loro espressione finale, avranno un solo cuore: quattro città, quattro comunità per sempre unite da esperienze culturali ed umaneche abbattono steccati e solitudini per riconsegnarci motivi di adesione convinta alla cittadinanza del mondo, la cui carta d’identità annota ricchezze e reciprocità delle rispettive culture e appartenenze”.
La gran parte dei lavori partì per raggiungere le proprie destinazioni, altre invece non hanno percorso molti chilometri, venendo accatastate e abbandonate in mezzo a materiale vario nel deposito comunale di via dello Stadio.
Oltre a “Onda + bolle d’aria” di Emanuela Camacci, artista romana, destinata a San Salvo c’è anche “Andata e ritorno” di Fabio Ceschina di Como che avrebbe dovuto raggiungere l’Ungheria; in parte, durante i vari spostamenti nel corso degli anni è stata danneggiata. “È un dedalo di strade – così veniva descritta l’opera – che richiamano il percorso dell’uomo che parte, affronta difficoltà, incontra una mano accogliente pronta a stringere la sua e costruisce la propria esperienza crescendo quotidianamente”.
Infine, distesa su un lato, c’è un’altra grande scultura dell’affermato artista lancianese Antonio Di Campli, che, però, non rientrava nella kermesse di cui sopra.
Tutto molto bello, ma oggi a 8 anni di distanza, tra ferraglia e segnaletica accatastata, le opere mostrano i segni del tempo e del degrado.
Alcuni degli organizzatori dell’epoca oggi si chiedono quale sia la loro sorte: “Sono opere di valore già pronte per essere sistemate. Se non c’è l’intenzione di collocarle in città, le riconsegnassero a noi, è triste vederle in quello stato”.
Ci sarà ancora spazio per delle opere pensate in onore di chi ha preso la difficile scelta di emigrare?