Il cardinale Loris Francesco Capovilla compie oggi 100 anni. Il segretario di Papa Giovanni XXIII, ha lasciato un ricordo vivo ed affettuoso nei fedeli di Chieti e Vasto, nella diocesi di cui è stato pastore dal 1967 al 1971. Non manca occasione per richiamare gli anni da lui trascorsi alla gudia della Chiesa vastese. Ed oggi sono in tanti a rivolgere a lui, che vive a Sotto il Monte Giovanni XXIII, auguri, saluti e una preghiera per questo compleanno speciale.
L’Osservatore Romano ha pubblicato un suo scritto, in occasione di questi 100 anni, in cui Capovilla parla del suo percorso di vita riallacciandosi ad un testo inedito di Angelo Roncalli, quando era ancora giovane sacerdote. È a Papa Giovanni XXIII che si rivolge Capovilla: “Arrivato sin qua, non ho avventure strepitose da raccontare, tranne l’incontro con voi, che siete stato l’ispiratore del mio servizio sacerdotale a Venezia, in Vaticano, in Abruzzo, nelle Marche e a Bergamo. Di nulla mi vanto, non mi sento creditore verso alcuno, sono in debito invece con voi, con i miei amati genitori Letizia e Rodolfo, mia sorella Lia con suo marito Carlo. Venerato e Santo Papa Giovanni. Desidero ricordare il centenario della prima guerra mondiale in questo ansioso momento in cui anche Papa Francesco invita l’umanità a riflettere sui problemi gravi che toccano il genere umano, in luce di verità e giustizia, di amore e libertà. […]
Santo Padre, sono sempre stato un passo indietro a voi, restio alla pubblicità. Mi comprenderete quindi se nel giorno del mio centesimo anno di nascita, desidero rimanere in silenziosa preghiera, nel ricordo dei miei genitori, di mia sorella e di voi, che sento accanto come ispiratori e consolatori dei miei propositi di vita e di servizio sino alla fine. Il cambiamento non intristisce, non conduce alla tentazione del pessimismo, delle recriminazioni, delle nostalgie; rappresenta, anzi, una scoperta da percorrere con entusiasmo sul filo di un ininterrotto progresso dell’umanità verso nuovi traguardi, anche entusiasmanti. Viene alla mente con ammirazione ma anche con stupore, la freschezza intellettuale di un teologo, il filosofo francese Yves Congar, che al culmine di una vita personale ricchissima di esperienze, scriveva: Sono nato nel 1904. Ho conosciuto un’Europa in cui regnavano tre imperatori. Ho visto Francesco Giuseppe, che aveva avuto come maestro Metternich, l’uomo della Santa Alleanza. Sono passato attraverso due guerre. Ho partecipato attivamente a un concilio ecumenico. Ed eccomi ora, sempre attivo, anche se vecchio e malato, dentro le scosse, le invenzioni, le innovazioni di una mutazione culturale e sociale senza precedenti. Ebbene, io mi ritrovo. Sento la continuità così come il cambiamento. Potrebbe esser questo un modo per mettere in pratica quanto suggeriscono Papa Francesco, il Sinodo episcopale e l’auspicata apertura dell’Anno della Misericordia”.
L’arcivescovo di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte, ha potuto stringere un forte legame con il suo illustre predecessore. Era presente alla consegna della berretta cardinalizia e ha scritto la prefazione al libro di Enrico Galavotti, Il pane e la pace. L’episcopato di Loris Francesco Capovilla in terra d’Abruzzo. “La parola cambiamento non ci deve far paura, né renderci insolenti: non dobbiamo stupirci se molte situazioni cambiano nella Chiesa, al punto di provare spesso dispiacere e angoscia: queste parole — scritte dall’arcivescovo Loris Francesco Capovilla nell’Annuncio della visita pastoral e (11-12 ottobre 1969), dato a poco più di due anni dal suo ingresso nell’arcidiocesi di Chieti-Vasto, di cui fu pastore dal 1967 al 1971 — sintetizzano lo scopo che colui che era stato segretario fedelissimo e collaboratore prezioso di Giovanni XXIII intendeva dare alla propria azione pastorale in Abruzzo.
Cambiare le cose nella luce degli insegnamenti del concilio Vaticano II: ecco il senso che Capovilla riconosceva alla missione affidatagli da Paolo VI di pastore del popolo teatino-vastese. Una missione che non poteva non scontrarsi con l’immobilismo comodo e la paura pregiudiziale del nuovo presenti in tanti di coloro che attraverso di lui erano chiamati a farsi collaboratori solerti del rinnovamento del popolo di Dio voluto dalla primavera conciliare. Il prezzo da pagare per l’arcivescovo chiamato ad attuare la recezione del concilio nella Chiesa a lui affidata e in tutte quelle d’Abruzzo, di cui sentiva la responsabilità in quanto presidente della Conferenza episcopale regionale, era alto. Capovilla pagò tutto intero questo prezzo, al punto da sentirsi indotto a presentare le dimissioni alla Santa Sede già a un anno dal suo ingresso, per poi vederle accolte tre anni dopo: sbaglierebbe, però, chi pensasse che il suo passaggio in Abruzzo sia rimasto senza frutto. Come sussurro di brezza leggera (1 Re, 19, 12), l’arcivescovo venuto ad aprire le porte al concilio in quella terra svolse il suo compito con tenacia, intelligenza e discrezione, riuscendo a scalfire non pochi pregiudizi e a conquistare non pochi cuori alla causa del rinnovamento della Chiesa nello spirito del Vaticano II. […] Rivive in lui il messaggio del grande Giovanni XXIII: la bontà e l’umile intelligenza delle cose di Dio si fanno cammino di fedeltà al Padre celeste e d’incessante rinnovamento, vissuto in obbedienza ai segni dei tempi che lo stesso Dio vivo offre nella storia. In quest’uomo — costantemente proteso al futuro e desideroso del costante rinnovamento della Chiesa”.