Tre giorni in cui solidarietà e accoglienza sono divenute parole vive attraverso lo stare “insieme per fare ciò che diversamente non faremmo”, come recita il motto scelto per l’occasione. È il Campo Isaia 2015, a cui, da venerdì a domenica scorsa, hanno prtecipato una sessantina di ragazzi e ragazze di Vasto e dintorni. Ma è stato un campo speciale perchè ha coinvolto, facendo vivere loro un’esperienza significativa, anche i ragazzi diversamente abili ospiti della Casa Famiglia Manuela e dell’Unitalsi. Tutto nasce più o meno un anno fa. “Alla fattoria sociale Il Recinto di Michea – racconta Sara – abbiamo svolto questa esperienza estiva che però era solo diurna”. Coinvolti nell’iniziativa tanti ragazzi delle parrocchie che durante l’anno dedicano una parte del proprio tempo a servizio della Casa Famiglia. E così ci sono i ragazzi di Azione Cattolica e delle parrocchie di San Paolo, San Giuseppe, San Lorenzo, San Marco, Santa Maria, Cupello, Monteodorisio e gli scout del gruppo Vasto 1 (Parr.San Giovanni Bosco). “Quest’anno abbiamo voluto dare un’opportunità in più ai ragazzi, facendoli dormire assieme, come un vero campo scuola”. Ad ospitare le attività è stata la casa a Vasto Marina delle Suore della Dottrina Cristiana, che svolgono il loro servizio a San Marco. “Durante l’anno – prosegue Sara, una delle responsabili del gruppo Isaia – abbiamo svolto diversi incontri con i ragazzi, ma questo campo è stato davvero entusiasmante”. Le attività hanno avuto come filo conduttore il mondo degli indiani e tanta è stata la gioia per la giornata al mare. “Uno dei ragazzi in carrozzina ha fatto il primo bagno al mare della sua vita. La cosa più bella è il non avere sentito la differenza tra normodotati e diversamente abili. Si è creata interazione, amicizia, scambio di esperienze”.
I protagonisti sono stati i giovani delle parrocchie che, pur provenendo da realtà differenti, hanno raggiunto subito un grande affiatamento per mettersi a disposizione e, soprattutto, alla pari, di chi ha una difficoltà motoria o di altro genere. “Il gruppo si è unito tanto in questi giorni e i ragazzi sono stati i veri protagonisti”. Il gruppo Isaia, questo campo, sono frutti del sogno di Claudia, che con suo marito Gioacchino porta avanti la Casa Famiglia Manuela della Comunità Giovanni XXIII. Ce lo aveva raccontato quando eravamo andati ad incontrarli più di un anno fa [L’ARTICOLO]. “Mi piacerebbe che si creasse un gruppo di ragazzi e persone che possano dedicare del tempo ai ragazzi con disabilità”. Alla fine, “visto che abbiamo trovato altri matti come noi, il sogno si è realizzato”, attraverso le mani, le braccia, gli occhi, di tanti giovani che, come ha ricordato Don Gianfranco durante la messa conclusiva, “dedicano del tempo per servire gli altri. Si dice spesso che il volontariato è fatto solo dai pensionati. Questo gruppo Isaia è la risposta a tutti i dubbi”.
Al termine di un’esperienza in cui si è condiviso ogni istante gli occhi dei partecipanti esprimono tante sensazioni. C’è Nicoletta, 16 anni, che all’inizio era scettica sul partecipare. “Pensavo che non mi sarei divertita e alla fine invece ho legato con tutti. Avevo detto che non avrei voluto dormire qui, pensavo: resto il giorno e poi la sera vado a ballare, a divertirmi. Mi è bastato stare al campo qualche ora per cambiare idea. I ragazzi diversamente abili hanno una straordinaria semplicità, è stato tutti divertente e torno a casa arricchita”. È alla sua prima esperienza in un campo simile Marco, 15 anni: “E’ stato davvero interessante essere qui”. Michela, 15 anni, ha un legame speciale con la Casa Famiglia Manuela. “La frequento da quando ho 10 anni. Quando Gioacchino e Claudia sono andati via perchè Marco doveva operarsi hanno lasciato la guida della Casa a mia madre, io ho dormito lì con loro, con alcuni dei ragazzi ho condiviso la scuola. Questa è stata un’esperienza diversa dal solito ma fantastica”. Deve vincere l’emozione Cristina, 23enne in carrozzina. “Come Unitalsi è la prima volta che partecipiamo ad un campo del genere. Ci siamo messi alla prova, anche per dimostrare agli altri che non c’è niente di strano e diverso ad approcciarsi a questo mondo. Ci siamo sentiti tutti alla pari, non abbiamo dovuto mostrarci in altri modi rispetto a quello che noi siamo, con le nostre difficoltà. Gli altri ragazzi hanno fatto cose normali per noi e con noi”. Alessandro, 19 anni, sta lavorando presso un hotel della riviera durante la stagione estiva. “Ma terminate le mie ore venivo qui al campo, anche se la fatica si faceva sentire”.
Renzo, 14 anni, è uno dei più giovani animatori. “Ero insicuro perchè non sapevo cosa aspettarmi. È stata una bella esperienza e sono riuscito a capire meglio le persone disabili. Loro hanno la capacità di farti sentire speciale”. Sabrina, 31 anni, una delle giovani in carrozzina dell’Unitalsi. “Mi è piaciuto conoscere altre realtà e fraternizzare con loro. Spero si possa ripetere un’esperienza simile il prima possibile! Vivendo tutti assieme non ci sentiamo disabili ma abili in maniera diversa”. Davide, scout 17enne, commenta: “L’esperienza di servizio alla Casa Famiglia ci permette di renderci utili a persone che hanno solo bisogno di vivere momenti normali. Certo, hanno particolari esigenze da rispettare, ma questo serve per farci dare sempre il massimo nelle cose che facciamo”. Francesca, 20 anni, ha gli occhi lucidi quando racconta come “noi ragazzi abbiamo imparato molto di più di quanto abbiano imparato loro. Sono ragazzi speciali ma non perchè hanno carenze motorie o altro, ma perchè sono speciali con il cuore”.