“Mio nipote è disabile da quando aveva 7 anni. Gli fu diagnosticata una schizofrenia acuta infantile. A 14 anni il primo ricovero. Ora ha 48 anni ed è assistito nelle strutture sanitarie della Regione da 34 anni. Dalla sera alla mattina, ci dicono che il Servizio sanitario nazionale non sostiene più le spese e che le famiglie devono compartecipare all’80%. Significa che dovremo pagare 450 euro al mese sui complessivi 560 della sua pensione”.
A raccontare la sua storia a Zonalocale è un 68enne di Vasto, tutore legale di un uomo che dall’età di 14 anni è ricoverato nelle strutture abruzzesi accreditate: “Prima a Villa Pini, poi cinque anni fa fu trasferito a Rosello e infine, dall’aprile di quest’anno, a Crecchio. Mi occupo di lui da sempre, vado a trovarlo tutti i mesi e utilizzo la sua piccola pensione per le sue necessità”, racconta il tutore.
Ora, però, lo spauracchio delle famiglie con parenti affetti da malattie invalidanti si chiama compartecipazione. La nuova normativa nazionale prevede che Regioni e Comuni partecipino alle spese sanitarie di ricovero. Ma i Comuni, le cui finanze sono ridotte all’osso, non pagano. Quindi le spese vengono riversate sulle famiglie, che protestano: “Dopo 34 anni di assistenza gratuita – racconta il 68enne – mi è stato chiesto di contribuire all’80% delle spese sanitarie di mio nipote. E’ impensabile che siano i parenti a doversi accollare costi così elevati. E soprattutto, che vengano chiesti soldi ai privati proprio mentre in Regione si discute su come risolvere il problema”.
La vicenda emerge proprio nei giorni in cui è in discussione in Consiglio regionale il disegno di legge sulla compartecipazione che dovrebbe ovviare al problema creato dal Ministero della Salute. Nei mesi scorsi, l’assessore regionale alla Sanità, Silvio Paolucci, aveva promesso che le somme, anticipate dai Comuni, sarebbero state rimborsate dalla Regione, evitando di gravare sulle tasche dei cittadini. E’ il momento che in Consiglio regionale questa promessa venga mantenuta.