Ha generato un po’ di confusione l’annuale invio degli avvisi di pagamento per quanto riguarda la Tari, la tassa sui rifiuti. Alcuni cittadini, infatti, rispetto all’avviso del 2014, che riportava la cifra – nello specifico – di 181 euro, si sono visti recapitare quest’anno un avviso che riportava la cifra di 280 euro, “pari a un aumento del 56%, rispetto all’anno precedente“, come denunciato da alcuni cittadini, ovviamente sdegnati dal cosiddetto “aumento”.
Un aumento piuttosto anomalo anche per chi ha seguito i vari dibattiti a tema in Consiglio comunale, dove la maggioranza rivendicava di non aver aumentato la tassa e l’opposizione che ironizzava sul fatto che la stessa tassa era già al massimo, e quindi non si poteva certo aumentare. Ma se la tassa non si poteva aumentare, da dove viene quel “56% in più”?
La risposta arriva direttamente dall’Ufficio Tributi, che spiega: “L’anno scorso, a causa dei ritardi nell’approvazione del Bilancio, a giugno abbiamo dovuto mandare un avviso che rappresentava solo un acconto, a cui poi ha fatto seguito il relativo saldo, con scadenza a dicembre. Quest’anno, invece, abbiamo mandato un unico avviso, ma il totale è rimasto invariato. Anche quest’anno, comunque, è possibile pagare in 4 rate, con le seguenti scadenze: 31 maggio, 31 luglio, 30 settembre e 30 novembre”.
Altre “contestazioni” di altri cittadini riguardano poi un 5% di “Tributo provinciale” considerato iniquo, visto che va a “un ente che non non esegue alcun servizio e per di più dovrebbe essere in soppressione”. Anche in questo caso l’ente locale ha poche responsabilità, visto che si tratta di un tributo provinciale per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igiene dell’ambiente (Tefa) di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, quindi stabilito da legge dello Stato. L’unica cosa che si potrebbe fare è abbassare la percentuale, visto che può essere compresa tra l’1 e il 5%, ma è una determinazione che compete alla Provincia, non ai comuni.