Il terzo anno di Asd Vastese calcio è andato da qualche settimana in archivio, classificandosi all’ultimo posto della storia dal 1902. Ogni commento parrebbe superfluo, e in una città in cui nulla somiglia alla normalità (e alla norma) saremmo tacciati con le solite etichette se del tutto legittimamente ci provassimo. Ci preme maggiormente, invece, provare. Provare ancora, e riprovare. D’altronde le più belle pagine di storia, come le più truci, sono sempre state scritte da un uomo solo al comando. In Eccellenza hanno brillato le stelle del San Salvo e del Cupello, e non è il frutto del caso. In casa biancazzurra sono andate oltre le più rosee loro aspettative, ma in effetti ad una ossatura molto giovane si affiancava uno zoccolo duro che sta insieme da anni ed ingaggi mirati. Dall’ottimo portiere Cattenari all’esterno offensivo Di Ruocco, dal centrale di difesa Luongo alla grande rivelazione del jolly Carlo Triglione, forse, il migliore per costanza di rendimento. Impiegato nei vari ruoli della difesa ed a centrocampo, il 27enne vastese si è fatto subito apprezzare per le sue non comuni doti umane e con il passare dei mesi, in un ambiente ideale, si è affermato sul campo. Peccato per la sconfitta interna con il Francavilla nel primo play off, ma sono state le assenza di Quaranta, Luongo ed Izzi a fare la differenza, quando mancava una manciata di minuti alla fine e l’inesperienza dei troppi ragazzini in campo ha ceduto sullo spietato colpo vellutato del bomber Lalli. Il Cupello ha vissuto la sua migliore stagione della storia, programmata e gestita all’altezza di un modello che fa parlare di sé anche fuori regione tra gli addetti. Ma c’è un aspetto che ha certificato l’ottima stagione delle due squadre: il campo sintetico di Cupello, dove il San Salvo ha disputato il 95% del suo campionato a causa dei lavori al Bucci. Lo dico con la morte nel cuore, per me, romantico del calcio che odia le numerazioni alla carlona sulle maglie, un pallone da cortile ed il mercato aperto tutto l’anno (quasi). Consapevole, però, che da ogni morte rinasce qualcosa. E a Vasto avremmo la possibilità di risorgere esattamente da qui e dal progetto che cova tra i programmi di Angelo Pollutri, artefice nelle vesti di sindaco di Cupello per dieci anni della scommessa stravinta sull’impiantistica sportiva. Ed è proprio dal piccolo centro viciniore che arrivano i primi tanti segnali di timore se dovesse realizzarsi anche a Vasto un manto sintetico. Non stiamo parlando di quello che si farà alla 167 che sembra non avere le carte in regola per ospitare neanche un campionato di Promozione. Parliamo dello stadio Aragona. Un progetto a largo raggio che vedrebbe la compartecipazione societaria di un gruppo imprenditoriale che si occupa di impiantistica sportiva ed è pronta a scommettere sulle risorse della nostra città. Qual è il problema? Certamente la politica, il governo Lapenna e dei suoi fidi che vedono come fumo negli occhi Angelo Pollutri, colpevole di rivendicare un ruolo importante nel Pd dopo aver dato tanto al partito ed in particolare a Luciano Lapenna, di cui ne curò nei minimi dettagli la seconda vittoria alle scorse amministrative. Anche l’anno scorso boicottarono il nostro ingresso facendo il doppio gioco con il gruppo Prospero, detentore della società biancorossa. Quest’anno la società non è stata rimessa nelle mani del sindaco, ma di una commercialista, la dottoressa Patrizia Di Pietro, incaricata di vagliare eventuali proposte per rilevarla.
Se Angelo Pollutri tarda a rendere pubblica la sua iniziativa il motivo è questo, è politico, è di concorrenza che noi non vediamo e non vogliamo, ma dalle parti di Via Conti Ricci tremano quanto a Cupello. Realizzare il sintetico all’Aragona significa avere la possibilità di far vivere l’impianto tutti i giorni a disposizione di tutti e significa porre le basi per costruzione di un settore giovanile finalmente competitivo da un punto di vista della quantità e della qualità. Inutile girarci attorno, le mamme moderne non hanno le pazienza (ed il tempo) delle nostre mamme e nonne che ci lavavano i panni sporchi di fango anche tutti i giorni. La cortina di ferro che unisce gli interessi tra gli interpreti del basket, l’amministrazione comunale ed il partito democratico è storia documentabile dal 2006 ad oggi. Storia che parte dall’affidamento in gestione dell’impianto, mai troppo chiaro e digerito dalle altre società che usufruivano del PalaBcc, e fino ai 300 ragazzini del settore giovanile che reggono economicamente le imprese della prima squadra, già però sul solco delle sue più alte possibilità dopo aver sognato il paradiso nella scorsa stagione ai play off, in cui tra i giganti di Rieti e Latina, i biancorossi furono praticamente eliminati dagli arbitri in corsa verso la Lega Silver (ex A3). Le due realtà possono secondo noi tranquillamente convivere e convincere, possono costituire la base di rilancio per un centro storico più morto che mai attraverso una serie di iniziative. Si può fare, buttata la pietra nello stagno ora ad ognuno le proprie responsabilità.
Gabriele Cerulli