“Se dipendeva da Eluana, lei diceva solamente: ‘Lasciatemi morire'”. E’ uno dei momenti più importanti del racconto di Beppino Englaro, protagonista suo malgrado per oltre 15 anni di una battaglia per l’eutanasia, scelta da sua figlia, Eluana Englaro, ma riconosciuta dallo Stato italiano solo nel 2008 attraverso una sentenza della Cassazione.
Proprio sulla “Dignità di morire” si incentra il convegno di sabato pomeriggio, organizzato dal Partito democratico di Vasto nella sala Nicola Palizzi di Palazzo d’Avalos. Un dibattito sul “dolore delle scelte”, ha sottolineato la deputata vastese Maria Amato, alla presenza di circa 150 persone, tra cui il presidente del Tribunale, Bruno Giangiacomo, esponenti politici, del mondo sanitario, dell’associazionismo.
Beppino Englaro racconta che Eluana, prima di subire il grave incidente, aveva assistito a un’analoga vicenda vissuta da un suo amico e aveva espresso il desiderio di morire per interruzione dell’alimentazione forzata, se anche lei fosse finita nel medesimo stato vegetativo persistente. Cosa che è accaduta quando aveva appena 22 anni: “Se dipendeva da Eluana, lei diceva solamente: ‘Lasciatemi morire’. Ma il medico ci disse: ‘Noi non possiamo non curare’, tirando fuori davanti alle mie motivazioni l’etica professionale e perfino il giuramento di Ippocrate. L’unico diritto che hai in situazioni del genere è non avere nessun diritto”.
Poi al termine di una lunga battaglia legale, la vicenda approdò in Corte di Cassazione: “La decisione definitiva arrivò nel 2008, 15 anni e 9 mesi per mettere nero su bianco che l’autodeterminazione terapeutica non può incontrare limiti” e che “nessuno può decidere al posto del paziente”. Tra tanti ostacoli politici (un decreto e un disegno di legge del Governo Berlusconi), la sentenza fu eseguita a febbraio 2009. Eluana era in stato vegetativo permanente dall’incidente del 1992.
Englaro, che ha anche perso la moglie (“assistendo Eluana, si è asciugata. Ha avuto un tumore”), commenta: “In certe situazioni della vita non è la speranza l’ultima a morire, ma è la morte l’ultima speranza”.