È iniziato con un minuto di raccoglimento per le vittime dell’ennesima tragedia del mare nel canale di Sicilia l’incontro di questa mattina al Palace Hotel di Vasto Marina, organizzato dal consorzio di cooperative sociali Matrix, che gestisce diversi centri di prima accoglienza nel territorio del vastese interno.
All’evento, patrocinato dalla Prefettura di Chieti, hanno partecipato Simone Caner della Matrix, il viceprefetto aggiunto, il dottor Luciano Conti, Marco Marra per l’amministrazione comunale di Vasto, il dirigente scolastico Letizia Daniele, don Gianfranco Travaglini, direttore della Caritas diocesana Chieti-Vasto, e diversi amministratori del territorio, tra cui il sindaco di Palmoli Giuseppe Masciulli, il sindaco di Lentella Carlo Moro, il sindaco di Carunchio Gianfranco D’Isabella e il sindaco di Schiavi d’Abruzzo, Luciano Piluso.
A spiegare il senso dell’incontro, Simone Caner, che ha spiegato: “Un giorno mio figlio di otto anni mi ha chiesto perché ero preoccupato e gli ho risposto che ero in pensiero per i ragazzi che ospitiamo, perché non sapevo come contenere la paura e la diffidenza della gente. Con la semplicità dei bambini, mi ha detto: faglieli conoscere”. Questo, quindi, il senso dell’incontro: superare i pregiudizi attraverso la conoscenza e le relazioni sociali. Per meglio capire le perplessità che solitamente emergono in una comunità, soprattutto se piccola, quando viene chiamata a confrontarsi con queste tematiche, è stato proiettato un video con le interviste fatte a Palmoli, che ospita uno di questi centri. Dagli interventi registrati emerge la “naturale” diffidenza derivante dall’arrivo in blocco di stranieri, che parlano lingue che non vengono comprese e che quindi fanno gruppo a sé; inevitabili, naturalmente, le domande circa l’opportunità di “spendere soldi per gli stranieri” in un periodo di crisi che naturalmente non risparmia nemmeno gli italiani. Tante, d’altra parte, le testimonianze di chi non si sente “in pericolo” nell’ospitare questi ragazzi fuggiti da fame e guerre, che il più delle volte riescono ad integrarsi, soprattutto nei piccoli centri, dove le relazioni sono “semplificate” e più dirette.
Spazio anche per le esperienze dirette dei ragazzi che lavorano nella cooperativa: “Sono in Italia da sei anni – ha spiegato uno dei ragazzi – e oggi ho un lavoro e contribuisco alla vita di questo paese; e sono grato all’Italia per l’accoglienza ricevuta. Bisogna accogliere e dare modo anche agli altri di esprimere la propria gratitudine attraverso il lavoro e le risorse che contraddistinguono ognuno. Integrazione significa arricchimento reciproco“.
La “ricetta” per superare pregiudizi e stereotipi nelle parole di don Gianfranco Travaglini: “Solo quando smetteremo di considerare gli ‘stranieri’ come oggetto della nostra pietà e li considereremo semplicemente soggetti sociali con cui interagire riusciremo a superare le divisioni tra ‘noi’ e loro'”. Ma don Gianfranco ha contestato anche il concetto stesso di straniero: “Questi ragazzi non hanno la possibilità di pronunciare la parola ‘mio’; non possono dire ‘la mia patria’, perché la terra di origine li ha costretti a fuggire e questa che li accoglie non la sentono propria, non possono dire ‘è mio’ di niente, perché non hanno niente. Dall’altra parte ci siamo noi, che diciamo che questa è ‘la nostra patria’, il ‘nostro paese’, ma che merito abbiamo di essere nati in un paese come il nostro, rispetto a chi è nato dove c’è guerra e carestia? Possiamo dire che la terra è nostra? Che lo è questo sole e l’aria che respiriamo? Io credo di no. Siamo tutti stranieri“. A seguire, una riflessione condivisa con il dirigente scolastico Letizia Daniele sul valore dell’identità: “La vera integrazione non può prescindere dal rispetto delle identità di ognuno. Parlo spesso con musulmani che non si sognano minimamente di contestare la presenza di un crocifisso nelle scuole o in altri edifici, anzi, dicono che i nostri figli ci rimprovereranno di non aver diviso la nostra identità; l’integrazione non implica una rinuncia rispetto alla propria identità, ma l’apertura verso gli altri, quindi non è che si devono togliere i crocifissi, ma non chiudersi rispetto alle altre culture, quindi accanto al crocifisso magari cominciare a ricordare l’inizio e la fine del Ramadan”.
Prima degli interventi conclusivi affidati ai sindaci, l’intervento del dirigente scolastico Letizia Daniele, che ha rafforzato il concetto espresso da don Gianfranco e spiegato la funzione della scuola nell’ambito dei processi integrativi, con progetti – come l’insegnamento della lingua italiana – che si portano avanti, nel rispetto del dettato costituzionale.