Lo zampognaro è da sempre legato al periodo del Natale, al presepe, ai pastori, a quegli omini che dalla fine di novembre iniziano a girare lungo le strade suonando melodie natalizie. Tutto giusto. Ma in realtà la zampogna è uno strumento nobile, con una sua storia e un suo presente ed un suo “mondo” che forse pochi conoscono, rimanendo fermi all’associazione zampogna-Natale. È l’incontro con Jacopo Pellicciotti, 19enne vastese, musicista e studente di lettere classiche, a farci entrare nel mondo di zampogne, cornamuse, ciaramelle e tanto altro ancora. La sua passione per la musica nasce tanti anni fa, seguendo le orme del papà che suonava il pianoforte e la mamma la chitarra. Nel sentirlo così bravo con la zampogna si potrebbe pensare che sia uno strumento che suona da tanto, e invece il suo avvicinarsi al mondo della musica è stato con “il basso. Avevo 6-7 anni e mi piaceva molto il contrabbasso. Ero troppo piccolo per poterlo suonare e così iniziai con un basso acustico (di cui conservo ancora le prime corde)”. Lezioni di Ivano Sabatini, un must per i bassisti del territorio, e l’avvicinamento al jazz, suonando insieme al papà. “Ma 2-3 anni fa ho avuto una deriva musicale, che mi ha portato alla zampogna. Sono saltato dal jazz al metal, però con una passione parallela per la musica medievale. E c’era un gruppo metal che utilizzava le cornamuse. Mettici che era un po’ il periodo del campanilismo ed ecco che iniziai a dire ai miei guardate che io mi compro una zampogna”.
Loro ovviamente non ci credevano fino a quando andai a Scapoli, in Molise, la patria delle zampogne, e tornai davvero a casa con uno strumento. Che però si rivelò “un soprammobile. Quando andai lì non avevo idea di come dovesse essere fatto uno strumento e quindi me ne tornai con una bella fregatura”. Lo strumento nuovo però c’era ma a quel punto iniziava il difficile. “Andavo a lezioni di contrabbasso da Guerino Taresco e gli chiesi se c’era qualcuno che potesse insegnarmi la zampogna. Incredibilmente la risposta fu affermativa”. La coincidenza volle che nel gruppo Taraf de Gadjo, con Taresco e il violinista Domenico Mancini, ci fosse proprio Giuseppe Moffa, Spedino, che divenne il primo maestro di Jacopo. “Lui è di Riccia (Campobasso) e stava a Roma, quindi poteva venire solo ogni tanto da queste parti. Però con lui ho iniziato a studiare”. L’approccio negativo alla prima zampogna fu prontamente ribaltato grazie a nuovi strumenti, questa volta con il costruttore più bravo di Scapoli. E oggi in camera di Jacopo, il suo covo, ci sono strumenti musicali che spuntano da ogni parte. Due zampogne, una cornamusa, un paio di ciaramelle, una cornamusa bulgara. Strumenti all’apparenza uguali ma che presentano delle importanti differenze. E così si scopre che la zampogna abruzzese-molisana è uno strumento ben più complesso delle cornamuse scozzesi, ammirate in modo certamente più “nobile” rispetto agli “zampognari”. “La nostra zampogna – spiega Jacopo con un pizzico di orgoglio, ha due canne melodiche, che suonano melodie contrapposte, più una canna che funge da accompagnamento. La cornamusa invece ne ha solo una melodica”. Alla faccia dei “cafoni”, gli zampognari sono davvero dei signori musicisti. Quello che trae “in inganno”, è il modo di presentarsi che “purtroppo viene chiesto. Io odio dover andare in giro con questo mantello, tutte queste cose di pecora. Ma che vogliamo farci?”.
La zampogna come strumento nobile, che ha portato Jacopo, durante la scorsa estate, ad esibirsi di fronte a migliaia di persone insieme ad Hevia, musicista di fama internazionale. “Il mio maestro Spedino mi consiglio di frequentare un seminario con Antonello Di Matteo, uno dei componenti della Zampognorchestra. Andai e rimasi molto soddisfatto. Lui doveva partire per gli Stati Uniti e c’era bisogno di qualcuno che lo sostituisse nelle due serate alla Notte della Taranta con Hevia. Scoprii che in quei giorni lui e Spedino si sentivano spesso per sapere dei miei progressi”. Alla fine i due maestri si convinsero che Jacopo era pronto, nonostante suonasse da un paio d’anni appena. E così ha potuto vivere questa intensa esperienza, al fianco di Hevia. “Dall’estate prossima entrerò definitivamente nella Zampognorchestra, che accompagna Hevia quando viene in Italia. E poi dovrò registrare alcune parti nel nuovo disco di Michele Gazich”, musicista conosciuto quest’anno durante un seminario presso il Liceo Classico di Vasto, dove Jacopo si è diplomato. Fin qui la zampogna. Ma poi Jacopo, nel tirare fuori strumenti da ogni parte, riesce a far suonare un po’ tutto quello che gli capita sotto mano. A partire da un thin wistle (flauto irlandese) passando per il già citato basso e finendo sulla tastiera. “Nonostante mio padre suonasse il piano non mi è mai piaciuto. Però a marzo dello scorso anno un gruppo di Teramo che suona metal mi contattò pre registrare delle parti con la zampogna. Ma poi mi chiesero: sai suonare la tastiera? No. Sai come si suona? No. Conosci le note? Sì. Allora sei il nuovo tastierista! Una roba un po’ strana che però mi ha fatto scoprire questa nuova passione”. Dalla tastiera all’organo il passo per lui è breve. Agli studi universitari a Chieti ha unito quelli dell’organo, con il maestro Walter D’Arcangelo. Anche perchè c’era un organo vastese, quello della cattedrale di San Giuseppe, che era nelle sue “mire”. “Ora che sto studiando finalmente mio zio (don Giovanni Pellicciotti, parroco emerito della cattedrale) mi fa mettere le mani su quell’organo!”.
Non pago di zampogne, cornamuse, ciaramelle, basso e organo, Jacopo si è fatto un altro paio di regali, un bozouki e una lira calabrese. Anche perchè il giovane “zampognaro”, che preferisce suonare con la maglietta dei Motorhead piuttosto che con il mantello nero, ha un gruppo metal, i Corfinium, con sui si appresta a registrare un disco. Però l’amore per questo strumento antico resta sempre vivo. “Me ne sto facendo costruire altre due. Solitamente le zampogne sono tutte il Sol e costruite con legno d’ulivo. Io ne ho ordinata una in Fa, con il legno di palissandro, per un suono più dolce, ed una in La, in legno di bosso, più squillante”. Suonando in giro, con l’associazione le Zampgone d’Abruzzo e specialmente con la Zampogna Orchestra davanti a migliaia di persone, apprezzamenti e complimenti non mancano. Da queste parti “in pochi apprezzano. I miei amici scherzano su questa mia passione, ma lo fanno con simpatia. Purtroppo, per avere una società che non è la nostra, importata dall’occidente, abbiamo minato le nostre basi. E poi c’è sempre la famosa massima, nessuno è profeta in patria, che trovo sia molto reale”. Ma a Jacopo poco importa, perchè basta che ci sia da suonare, qualsiasi cosa, e lui si butta. “L’approccio alla musica è stato sempre giocoso, come leggere un libro. Solo ora, con la zampogna, sto prendendo la cosa in maniera davvero seria”. Intanto siamo nel periodo natalizio e, mantello sulle spalle e cappello in testa, con le sue zampogne a cui ha dato un nome, “Lyndala quella nera, l’altra, più piccola, è Concettina”, non mancherà di farsi apprezzare anche nell’eseguire le melodie tradizionali. Ma poi si torna agli studi, guardando a maestri come Antonello Di Matteo o Piero Ricci “il più bravo, che ha rivoluzionato il modo di suonare la zampogna”, pronto per appassionare sempre più persone grazie alla sua musica.
Testo di Giuseppe Ritucci
Immagini di Costanzo D’Angelo