Anno 1993, un fratello che studia chitarra classica “e macinava forte”, e la passione per una band italiana che andava fortissimo nella horror musici, i Death SS. Aggiungiamo l’essere nato in una famiglia dove un po’ tutti, nonno paterno e materno, il papà, il già citato fratello suonavano uno srtumento, mettiamoci qualche film horror ed ecco che si arriva al momento in cui Angelo Ciavatta decide di comprare il suo primo basso. “Ascoltavo metal e mi ero appassionato a questa band che faceva horror music. Nei concerti ognuno dei componenti era un personaggio come il vampiro, la mummia e così via. Nella mia passione per i film horror avevo una predilezione per le mummie e le storie d’Egitto. Se ti dico che scelsi di suonare il basso perchè il bassista dei Death SS impersonava la mummia sembra una cosa assurda, ma in realtà è così! Poi lo spirito di emulazione tipico del fratello minore ha fatto il resto”. Altra casualità, il primo concerto dal vivo per Angelo non arriva al basso ma come batterista. “Mio fratello aveva un gruppo metal e io ero a tutte le loro prove. Prima di un concerto il loro batterista diede buca e così mi ritrovai a lanciarmi in questa esperienza. Poi la batteria mi è sempre piaciuta, è uno strumento straordinario, sarebbe bello potercisi dedicare”. Le quattro corde (oggi ne usa uno a cinque) erano però la sua grande passione, che trova libera espressione in gruppo di cui in tanti ancora oggi si ricordano, gli Hecatomb. “Comprai questo basso e quando hai 13-14 anni cosa vuoi fare? Naturalmente tanto casino e quindi, punk, rock, metal, tutta musica che viene più immediata”. Nel gruppo non c’era il cantante e quindi per lui fu naturale iniziare ad esibirsi nel duplice ruolo. Memorabili restano le partecipazioni degli Hecatomb nelle diverse edizioni di Due Note a Vasto. “Un anno il dottor Ercole D’Ugo mi chiamò per partecipare. Noi non volevamo andare, alla fine decidemmo di partecipare. E alla fine vincemmo anche l’edizione e il premio come miglior voce e miglior chitarrista”. Dopo qualche anno come autodidatta “ho sentito l’esigenza di studiare qualcosa. E allora mi iscrissi alla Scuola Civica Musicale, per frequentare il corso di basso con Ivano Sabatini”. Un metallaro a lezione da un professore come Sabatini sembra una situazione davvero strana. “Ma la musica è quella, le note sono 12, e non 7! Per me era importante conoscere gli standard, le scale, sapere un minimo di teoria. Ivano Sabatini mi ha dato davvero tanto”. Nel corso degli anni è prevalso lo stile personale. “Apprese le basi ho sempre fatto tutto di testa mia. Quando un maestro mi vede suonare rabbrividisce per il mio stile. Però quegli anni sono stati preziosi, mi sono avvicinato al blues, all’utilizzo delle scale con congnizione, mentre quando sei ragazzo vai a orecchio. L’infarinatura di base l’ho avuta ed è stata fondamentale”. Di pari passo c’era l’esperienza “metal” da portare avanti, aggiungendo sempre qualcosa di nuovo, ma senza mai lasciarsi andare ad uno stile. “In realtà anche con gli Hecatomb non siamo mai realmente metallari dal punto di vista dell’atteggiamento. Non ho mai indossato una borchia, un chiodo. Certo, non è che andassi vestito coloratissimo, ma neanche ero preso dal nero assoluto. Ho sempre vissuto le cose a modo mio”. Quel periodo tra la fine degli anni 90 e l’inizio dei 2000 è stato molto interessante per Angelo e i suoi amici. “Era un bel periodo, ci si chiamava per telefono e si organizzavano serate con 4-5 gruppi in qualche locale che metteva la sala a disposizione”. Anni caratterizzati da tanta musica con Angelo sempre sul palco con basso e microfono.
Per lui arriva il momento del trasferimento a Bologna. “Per tre anni mi sono dedicato solo alla voce”. Pur senza mai prendere lezioni di canto, “ho sempre cercato di capire prima me stesso, a livello tecnico, d’impatto, sia con lo strumento che sulla voce. Trovo più efficace uno studio su me stesso piuttosto che studiare classici o cose del genere. Mi sono concentrato sul capire prima cosa volevo fare, dove volevo osare, che colore volevo dare alle cose che amavo. In effetti un po’ più di studio non farebbe male ma per quello c’è sempre tempo”. Tanta musica e tanti legami che lo hanno portato a “collaborare con il cantante dei Death SS, quello che una volta era il mio idolo. Ho suonato con lui in una band, i Sancta Sanctorum, abbiamo girato un video. È stato come coronare un sogno, suonare con quello che da ragazzo era il tuo idolo”. Con il rientro a Vasto c’è l’incontro musicale con Fabio Tumini. “L’ho contattato su consiglio di Marco Bassi e ho iniziato a suonare con lui nei Lady Killers. In quella situazione facevamo solo cover, per far ballare la gente. Con Fabio ci siamo incastrati molto, soprattutto sulla passione comune per i Beatles con l’utilizzo costante delle due voci. Ci siamo trovati abbastanza bene e abbiamo iniziato a pensare di fare qualcosa di inedito. Lui aveva un disco già quasi pronto e lo abbiamo arrangiato insieme, da lì ha iniziato ad avere tutto un senso diverso. È bello fare cover perchè fai divertire la gente, ma quando uno del pubblico canta i tuoi ritornelli è decisamente più bello”. E così sono nati i Nectarines, che sono storia recente. “Ad oggi musicalmente è l’impegno maggiore. Ho avuto un paio di collaborazioni, una con la voce, l’altra col basso, di cose che dovrebbero uscire a breve”. I Nectarines sono alle prese con l’ultimazione del nuovo disco, che presenterà qualche novità rispetto al percorso portato avanti fino ad oggi. E quindi è il momento di dedicarsi allo studio di registrazione. “Stare in studio è sempre più che piacevole. Stai fissando in maniera eterna quello a cui stai lavorando, quello che ami. Io una tecnica di basso abbastanza sporca e in studio puoi fare le tue cose, usare le tue peculiarità, non bisogna snaturarsi. Però devi essere un po’ più pulito, devi usare delle accortezze”.
Hecatomb e Nectarines “le due cose a cui tengo di più”. Viene da chiedersi come possano essere legate due situazioni estremamente differenti. “C’è comunque di mezzo il rock. Io, anche quando facevo metal, ho avuto esperienze nel blues, ho sempre ascoltato Battiato, Pink Floyd, non ho mai avuto il paraocchi pensando solo ad un genere. Anche oggi, se dovessi trovare delle persone adatte, con la testa giusta per un nuovo progetto metal, sarei pronto a ricominciare”. E in effetti qualcosa che richiami il metal continua a suonarlo. “Insieme ad un batterista abbiamo creato qualcosa di originale, realizzando tanto materiale”. Dall’ascolto di qualche brano sembra esserci qualcosa di davvero interessante. “Diciamo che stiamo aspettando che arrivi la spinta giusta per entrare in studio”. Bassista, cantante. Nella vita quotidiana Angelo ha un lavoro dove forse le sue qualità artistiche gli tornano utili. “Sono operatore socio assistenziale in un centro di riabilitazione psichiatrica, un lavoro che mi piace”. Anche perchè la musica, come per tanti, non può essere una fonte di sostentamento. “A livello economico riesco a vivere anche senza musica, non riuscirei a viverci come essere umano. Posso anche non suonare per giorni, non cantare per giorni, non scrivere, o non ascoltare musica, ma dentro di me una linea melodica c’è sempre, la vedo come una sorta di deformazione. Ho sempre visto e vissuto la musica e il mio lavoro come due facce della stessa medaglia. Il Malàk è questo, sia operatore socio assistenziale che musicista. Poter vivere solo di musica sarebbe senza dubbio una gran cosa ma dovrei fare delle scelte di tipo pratico forse troppo azzardate. Purtroppo in Italia la professione del musicista è sempre stata vista come quella del fai il musicista, ok. Ma che lavoro fai? Per molti non è un lavoro, perchè a livello culturale non è vista come una cosa seria. Per fare solo il musicista bisognerebbe scendere a tanti compromessi e non fa proprio parte del mio carattere. Cerco di fare poche cose ma che sento davvero. In questi anni ho avuto proposte di gruppi pop come cantante, situazioni con molte date, quindi bei guadagni, ma ho detto di no. Sia chiaro, non ho nessun problema contro il pop, ma non è il mondo per me. Il mio lavoro ce l’ho, per fortuna mi piace, ma non è un problema di soldi”.
Nel parlare di se stesso ha utilizzato un nome, Malàk, con cui ormai lo chiamano tutti. Quando nasce e chi è Malàk? “Forse c’è sempre stato ma diciamo che l’ho tirato fuori da 5-6 anni, quando sono rientrato a Vasto. Malàk è bassista, cantante, operatore in psichiatria, contadino. Magari Angelo è legato più al quotidiano e Malàk al mondo musica, ma fondamentalmente sono la stessa cosa. Più semplicemente avevo voglia di darmi un nomignolo e ho scelto questo”. Per un musicista è importante la dimensione del rapporto col pubblico che lo segue. “Me l’ha fatto scoprire Tumini, dandomi l’opportunità di entrare nel mondo Nectarines. Per noi è particolare perchè siamo in due cantanti, quindi a diretto contatto con la gente. Prima di ogni concerto mi viene sonno, ognuno la vive diversamente. Ho fatto tanti concerti, piccoli-medi, ma ogni volta è come se fosse la prima. Non sai mai che pubblico hai davanti, anche se hai suonato nello stesso locale più di una volta. Quando vedi che ciò che tu ami viene amato anche dall’altra parte, iniziano giochi, sguardi, battute, ed è una delle cose più belle. È capitato varie volte di trovare pubblico gelido, ma devi andare avanti, devi dare comunque la tua energia. La musica non sono solo note, frequenze, onde, deve arrivare in qualche punto del corpo di una persona. E quando hai una risposta del pubblico sai che stai lavorando bene”.
Testo di Giuseppe Ritucci
Immagini di Costanzo D’Angelo
Puntata 1. Loris Baccalà (l’articolo) Puntata 2. Bruno D’Ercole (l’articolo) Puntata 3. Fabio Celenza e Miryam Conte (l’articolo)
Foto – Angelo ’Malàk’ Ciavatta
Foto di Costanzo D’Angelo – Occhio Magico