Continua a crescere il Premio Letterario Cesare De Horatiis, organizzato dall’amministrazione comunale di Furci in onore del concittadino poeta e patriota. La premiazione dell’edizione, avvenuta in concomitanza con le feste patronali, ha visto una grande presenza di pubblico nel teatro parrocchiale. Il consigliere comunale Ivan Di Pierro, responsabile del premio, ha spiegato come “Questo premio vuole creare qualcosa di positivo per il nostro paese, facendolo vivere attraverso quello che abbiamo di culturale. Sono arrivati oltre 200 componimenti per le diverse sezioni, dai bambini della scuola primaria fino agli adulti”. La giuria chiamata a decretare i vincitori era presieduta dal professor Mario Cimini, docente dell’università D’Annunzio di Chieti-Pescara, e composta dallo scrittore Ettore Gobbato, dal professore di lettere Nunzio Mezzanotte, dal giornalista Giuseppe Ritucci e dal pittore e scultore Vincenzo Monaco. Durante la serata la voce di Novella Di Paolo ha recitato alcuni componimenti del poeta, patriota ed educatore furcese a cui è dedicato il premio. Dopo le premiazioni è stata la musica del Crossover jazz quartet a chiudere la serata. Soddisfatto il sindaco Angelo Marchione, che ha ringraziato gli organizzatori e tutti coloro che hanno partecipato ad un appuntamento che si spera di far crescere negli anni.
Le foto della premiazione (clicca qui)
Scuola primaria primo grado (primo ciclo) – disegni
1°- Nicola Boccongelli (clicca qui)
2° – Gaia Colamarino (clicca qui)
3°- Adriana Fuier (clicca qui)
Scuola primaria primo grado (secondo ciclo)
1°- L’orizzonte di Davide Alfano
Io mi pongo sempre la domanda
di cosa ci sia oltre quella linea,
ma non riesco proprio a farmi un’idea.
Forse ci sarà un mondo nuovo di alieni,
forse un mondo di pace,
forse un mondo di guerra.
Non so se avere paura,
essere triste o felice
di fronte all’immensità di questa linea
in cui lo sguardo si perde.
Ma una cosa la so:
da grande andrò di persona
a vedere cosa c’è oltre.
2°- Il nostro orizzonte di Andrea Gaeta
Se io guardo di fronte
Vedo l’ orizzonte.
Se questa linea bene vuoi guardare
te la devi immaginare
E’ una linea proprio immensa
ma pensa
che scienza!
Questa linea immaginaria
è come se galleggiasse nell’ aria.
Tutti stanno ancora a pensare
come là sopra si possa arrivare.
3°- L’orizzonte di Lisa Santini
Cammino sulla sabbia,
con lo sguardo rivolto all’orizzonte.
Sorrido, mentre fisso,emozionata, l’orizzonte.
Scrivo sulla sabbia,
mentre penso all’orizzonte.
Salirò su nel cielo
con un angelo custode accanto.
Poi mi metterò seduta,
su quella linea infinita
e con i miei occhi sognanti,
guarderò il mare, contento
di riflettere il cielo.
Accanto a me,papà, mamma
e la mia sorellona.
Scuola Secondaria di Primo Grado
1°- L’orizzonte di Angela Pardi
L’orizzonte mi ha sempre fatto pensare
A cosa da grande potrei realizzare.
Potrei fare una bella lista
con scritto medico,cantante,giornalista.
E se diventassi una scrittrice
o una brava pittrice?
Ho sempre sognato di fare la mamma responsabile
con dei figli,un marito in una casa adorabile.
Ma in realtà mi sono sempre immaginata
senza casa, senza figli, senza marito e disoccupata.
Forse sono troppo pessimista
o forse semplicemente realista.
E se l’orizzonte fosse solo una finzione
perderei tutta la mia creazione.
Da piccola lo rincorrevo
ma non arrivavo mai, dove toccarlo potevo.
In realtà l’orizzonte rappresenta la mia fantasia
incapace di andarsene via.
Non so cosa da grande potrei fare
so solo che ho ancora da imparare.
L’orizzonte sarà sempre dentro di me
non so dove, ma scoprirò il perché.
2° – Orizzonte infinito di Serena D’ Ottavio
In una notte stellata
Grazie alla magia di una fata
Da una linea fu divisa la terra
Che era avvolta da una serra .
Quella linea orizzonte si chiamò
E da quel giorno nessuno la toccò.
È una linea che non ha né inizio e né fine
E si trova al disopra di ogni confine .
È la più bella linea di tutto il mondo
E bisogna scoprirla fino in fondo.
Gioca a nascondino col sole al mattino
E la notte è pronta a scrivere il nostro destino
Ce la porteremo per sempre nel cuore
Questa magnifica linea che mai muore.
3° – Il lavoro dell’orizzonte di Federico Di Lello
L’ orizzonte non ha confine,
è una linea che non ha mai fine.
Non si riuscirà mai a varcarla,
non sai dove andare a cercarla.
È una linea che divide cielo e terra,
e nessuno mai la afferra.
L’ orizzonte rappresenta il tuo futuro,
ma davanti a te c’è un grande muro.
Lui è grande come una collina,
e l’ anima tua si sente piccolina.
L’ orizzonte è infinito e sornione,
perché di sfuggire non perde occasione.
Se tu veramente lo vuoi afferrare,
i tuoi sogni devi realizzare,
con impegno,fatica e sudore,
testerai veramente questo amore.
Non ti spaventare di un alto monte,
Sali fino in cima e allargherai il tuo orizzonte.
Scuola Secondaria di Secondo Grado
1° – Il quadro incompiuto di Arianna Gianpietro
Mio padre, chino sul piatto, divora parvenze di cibo.
Piccoli pezzi di poltiglia gli restano attaccati agli angoli della bocca nevrotica,
lo fisso tra i fumi dei nostri rancori.
All’orizzonte, muti bagliori di lampo.
Il telegiornale annuncia che molti giovani oltrepassano la frontiera senza più far ritorno.
Il Paese sta diventando un grumo di rovine, rovine già pianificate.
Lui mi dice: “Perchè non parti anche tu? Vai. Oltre la frontiera. C’è un battello che salpa da ogni porto,ogni notte,alle undici.Ti porterà verso quell’orizzonte”.
E con un gesto che non gli si addice mi indica lì, oltre la finestra e le siepi, e le rovine, l’orizzonte tetro.
Osservo quello scenario muto ed una
rapsodia di emozioni contrapposte nasce dentro me.
Coraggio e paura, odio e amore.
Alle undici, dal grande promontorio osservo il battello inghiottire ragazzi, diventare gonfio di speranze e aspettative e poi salpare, navigando sulla nera seta del mare.
Un sogno, come un lampo all’orizzonte, appare e dispare nei miei occhi.
Il Paese delle Rovine non è posto per me.
Riprendo la strada di casa, a passo lento, con lo sguardo fisso a terra per cercare il coraggio necessario.
Lo trovo in una pozzanghera scura dove,
per la prima volta nella mia vita, non vedo me stesso,
ma il mio riflesso che mi guarda dal fondo e mi chiede di non diventare lui.
Corro al porto, sotto gli occhi delle case intorpidite e sonnolenti.
cerco una barca, un peschereccio, una zattera su cui partire.
Ne vedo una a motore, aggrappata al molo come un condannato a morte si attacca alle sue ultime preghiere.
Senza esitazione, salgo e prometto a me stesso che in un modo o nell’altro restituirò al legittimo proprietario una barca anche migliore, un giorno.
Così parto per andare lontano dal mio Paese, senza addii,
senza voltarmi indietro nemmeno una volta,
nemmeno per vedere se, oltre le rovine, le siepi e la finestra, c’è mio padre,con i suoi errori, a guardarmi.
Un improbabile navigatore, solo, con il mare, col desiderio imbizzarito di voler guardare al di là di quella linea chiamata orizzonte.
Quante false speranze da un viaggio come questo!
I desideri si accavallano e poi franano, per lasciare spazio a dei nuovi a velocità frenetiche.
2° – Al di là del mare di Gaia Fidelibus
Un uomo e una donna passeggiavano lungo la riva del mare, tenendosi per mano. Ad un tratto si guardarono e scoprirono meravigliosi orizzonti l’uno negli occhi dell’altro. Poi guardarono il mare e scoprirono altri orizzonti, orizzonti nuovi da condividere. Avrebbero dovuto oltrepassare il mare prima di scoprire ciò che li aspettava, ma quello stesso orizzonte li teneva così stretti e vicini che la meta non sembrava ai loro occhi così distante.
La sabbia non scottava più, l’acqua gelida del mare bagnava i loro piedi e l’orizzonte sembrava respirare affannosamente sui loro corpi, come per invitarli a camminare ancora insieme, a non concludere quel viaggio.
L’orizzonte giocava con loro, si nascondeva e dava indizi perché l’uomo e la donna lo trovassero. E fu così che lo trovarono nelle cose più semplici di loro stessi e delle loro vite, che piano piano si intrecciavano tra loro simili ai rami in fiore in primavera. Lo trovarono nelle cose che, sebbene sembrassero invisibili allo sguardo del cuore, erano profonde, intense.
E così si addormentarono, stanchi di rincorrere quell’orizzonte un po’ folle che li rendeva così fragili ma pur sempre uniti e che, più che fuori, si nascondeva dentro di loro.
Dormivano con mille sogni nella testa, e l’orizzonte era lì, accanto a loro, a riscaldarli, a difenderli dal freddo di quella notte che rubava loro i sogni, e dalle cose superflue a cui, troppo spesso, avevano dato importanza, senza rendersi conto di quanto fosse bello e vicino il mare e l’orizzonte dietro di esso.
1° – E correva di Giacomucci Valeria
Correva via
senza fermarsi per riprendersi
voleva allontanarsi da tutto e tutti
voleva così cercare di dimenticare
ma non ci riusciva
così facilmente.
Ad un tratto
giunse su un pendio
riuscì a stento a fermarsi:
in basso il burrone si faceva
via via più scuro
tanto che
non se ne vedeva la fine;
iniziò a fissare il vuoto ai suoi piedi
quasi come ipnotizzata
era decisa a lanciarsi.
Così fece qualche passo indietro
per fare quell’ ultimo salto
ma proprio in quel momento
Vide davanti a sé
oltre il burrone
un’ immensa distesa di grano
che arrivava all’ orizzonte.
Le spighe si muovevano tutte
agitate dal vento caldo di
primavera.
La luce del sole le rendeva
di colore dorato.
Rimase così
a fissare l’ orizzonte incantata.
Mai aveva visto qualcosa
di così emozionante.
Scoppiò in un pianto disperato
perché si sentì impotente
piccola
di fronte l’ infinità della natura.
Così
fissando l’ orizzonte dorato
corse per l’ ultima volta verso il pendio
e si lanciò in volo.
2° – Non basti mai di Jason Gabriel Volpi
I miei pensieri sono attorcigliati come le viuzze del paese. Ma hanno anche la loro stessa bellezza.
Quando rimango solo, mi accompagno sul punto più alto del paese, appeso alla vetta arrotondata dal tramonto.
Lo sappiamo io, e pochi altri, quanto ci piace la vita, scorta da qui. E’ la bellezza.
Il panorama occupa il cielo a forza, con grazia. Sconvolge l’orizzonte.
Finestre su finestre, finestre su tetti, tetti su finestre. Non sono cose a caso. Non sono case a caso.
Sono le case dei miei amici, sono le case dei miei familiari, sono le case di chi amo.
E se faccio attenzione, scorgo pure la mia abitazione, un po’ più nascosta…
E se faccio attenzione scorgo pure la cucina, e a volte mi sembra di vedermi, nella mia routine, che vista da lì, sull’orizzonte, è meravigliosa. Un dono.
Il significato della vita lo trovi nel momento in cui decidi quanti spaghetti mettere in pentola, mentre l’acqua bolle già da un pezzo, e non sai precisamente quante persone verranno a cena, quanto mangeranno, quanta fame avrai tu, quanta fame avranno loro…
E’ il momento in cui rimani solo, con un pacco di spaghetti in mano, la giornata che ti ripassa in testa, e la finestrella della cucina che si fa enorme e si apre sull’orizzonte del paese, che diventa infinito, scappa, e si perde fino ad arrivare lassù, sul punto più alto della collina, proprio dove sono io adesso, mentre osservo la mia cucina. Da qui.
E decidi, ma non decidi mai. Ti abbandoni all’orizzonte. E ti fidi.
Getti gli spaghetti in pentola. E non ci azzecchi mai. Ma te lo immaginavi già.
E’ quello che mi succede quando ogni sera sono qui, al tramonto, in vetta, sotto il sole che strugge sull’orizzonte: penso sempre che sia la volta buona per riflettere davvero…
Due o tre idee, poi scorgo la mia casa dall’alto, e gli spaghetti si riprendono i miei pensieri.
E’ ironica e impertinente la mia vita, che appare e sfugge, ogni volta, sull’orizzonte del paese.
E anche stasera non decido niente. Perchè la verità è che ci si abbandona all’orizzonte e ci si fida.
Vorrei andarmene a cena, ma aspetto ancora un po’. Temo sempre di essermi sbagliato.
Vorrei esser certo che quel tetto in lontananza sia davvero la casa di alcuni amici.
Voglio essere sicuro, perchè vorrei sapere dove ritrovare la mia felicità, se la dovessi perdere…
Ed ogni sera vorrei andarmene, ma resto, sperando di rimanere in bilico su un dubbio…
E, dall’alto, viro ancora su quella casa, che da un mese trattiene il fiato con il silenzio…
E cerco disperatamente una luce ancora sveglia, una voce lasciata accesa… ma niente.
Non ci sarà un’altra volta.
Quella maledetta porta non risponde, e la casetta sparisce nella notte assieme al silenzio, come ogni sera… Ma come ci si rassegna quando la vita saluta la casa di un amico ?
Ti sorprendi ancora per quello che già sai: che non ci sarà una volta ancora.
Sai già che anche stanotte non te ne vai finchè il silenzio non la smette di disturbarti…
E’ il momento in cui rimani solo, sulla vetta, con una vita in mano, la giornata che ti ripassa per la testa, davanti a quel cielo piccolo piccolo, che si fa enorme, e si apre sull’orizzonte del paese, che diventa infinito, scappa, e tu ti perdi, fino ad arrivare laggiù, davanti alla finestra della tua cucina, dove ti trovi ogni sera, con l’orizzonte sullo sfondo e un pacco di spaghetti in mano, cercando di capirci qualcosa, illudendoti ogni volta che gli spaghetti siano abbastanza.
E decidi, ma non decidi mai. Ti abbandoni all’orizzonte. E ti fidi.
Getti gli spaghetti in pentola. E non ci azzecchi mai. Ma te lo immaginavi già.
E’ la solita stupida illusione… L’illusione di saziarsi facilmente…
Ma ti nutri avidamente di quei sorrisi e di quei momenti, che si intrecciano come spaghetti, ed uno a uno si sfilano dal piatto, fino alla fine della giornata, quando rimani su un vuoto, che non riempi mai da solo…
E come ogni sera sparisci nell’orizzonte, con la pasta in mano e la vita in testa, cercando di capire se sia sufficiente, mentre sorridi rassegnato, perchè sai gìà che non basta mai.
3° – Curiosi orizzonti di Michele Del Monte
Purtroppo era tornato a sentirsi impotente di fronte alla scrittura. Ricordava fin troppo bene l’ultima volta quando, accantonato il computer e quel suo cursore lampeggiante, ossessivamente provocatorio, aveva deciso di vergare su carta con le sue amate matite morbide. I sentimenti erano contrastanti: da un lato avrebbe voluto lasciar perdere, dall’altro voleva tentare, complice la parola che risuonava nella sua testa, la stessa del premio letterario: orizzonte. Un bel guaio per lo scrittore, solitamente schivo di fronte a concorsi e pubblicazioni.
I giorni si alternavano alla meno peggio. Il lavoro, a volte progrediva, altre s’arrestava, come testimoniavano le tante parole cancellate e i fogli appallottolati. – Non è semplice scrivere dell’orizzonte. Si rischia di inabissarsi nel banale e nello scontato – pensava, stringendo con forza la matita quasi a volerne spremere suggerimenti.
In verità, aveva già provato a stendere delle storie rimaste frammenti, tutte sospese, prive della speranza di andare a buon fine. Aveva la sensazione che fossero scontate, tremendamente convenzionali. Si sentiva come un bambino diligente alle Elementari, con il grembiulino blu e il bel fiocco, pronto a scrivere il testo richiesto dalla maestra: «Ieri sei stato al mare. Racconta».
***
Una bella giornata di sole. Buon vento. Gli amici di sempre. La barca, con andatura di bolina, procedeva verso sud. Michele, dal timone, alternava lo sguardo, ora sugli amici ora sulle vele e la prua sapendo che, alla minima disattenzione, avrebbe rischiato la straorza come gli era capitato già altre volte.
Antonio e Francesco prendevano il sole mentre Pasquale stringeva la scotta del fiocco: amava sentire nelle mani la pressione del vento.
– Perché oggi non raggiungiamo l’orizzonte? Andiamo a vedere cosa c’è? – era la voce di Antonio che, rotto il silenzio, esibiva una delle sue tante idee provocatorie.
– Che figata! – esclamò Francesco.
– Ragazzi non scherzate. È impossibile – ribattè Pasquale e Michele aggiunse: – Ha ragione. È impossibile perché l’orizzonte è solo una linea apparente.
– Questo lo dicono i libri. Si potrebbe verificare! – rilanciò Francesco, mentre Antonio annuiva con occhi sorridenti assaporando la vittoria.
La barca procedeva spedita in silenzio. Lo sciabordare del mare accompagnava la navigazione e il sole riverberava i suoi raggi sull’acqua mentre, in lontananza, diventavano sempre più evanescenti la caotica città, troppo pingue per quel lembo di terra, e la spiaggia, assediata dal cemento e da truppe chiassose che offendevano la sacralità del luogo. Tre gabbiani accompagnavano il viaggio, planando, superarono la barca e la salutarono con striduli gridi. Dovevano tornare dai compagni impegnati in continui volteggi per rivendicare il possesso della spiaggia tra l’indifferenza della massa di carne stesa a rosolarsi al sole.
– Vedo una piccola barca; ha cambiato rotta. Viene verso di noi! – disse Francesco.
– Ehi voi! Necessitate di aiuto? Mi sembrate in difficoltà! – urlò un uomo con occhi chiari, capelli bianchi e un fisico ben scolpito. Difficile stabilire l’età: quaranta come settant’anni.
– Come in difficoltà! Non eri tu ad aver bisogno d’aiuto? – replicò stizzito Michele.
– No! – fece l’altro.
– Va bene. Nessuno ha bisogno di nessuno – disse Pasquale con l’intento di stemperare un po’ il clima.
– Possiamo ricominciare tutto da capo, per piacere? Salve, io sono Francesco.
– Bene! Salve io sono Marinaio.
– Cosa fai in alto mare con la tua barca? Non vedo canne da pesca o reti e siamo distanti dalla riva.
– Non amo pescare. Volevo stare tranquillo e riflettere. Invece voi?
– Vogliamo toccare l’orizzonte – disse Antonio.
– E perché? – fece Marinaio.
– Per curiosità – rispose il primo.
– Bella cosa la curiosità. È lo stimolo della vita. Lo sapete che è talmente potente da tener distante la morte? Ma certo, voi, che ne sapete? Pochi hanno fatto il vostro viaggio perché bisogna essere pazzi, curiosi e, ricordate, una qualità non esclude l’altra. Però attenzione! Solo chi riesce a temperarle avrà l’occasione di sfidare la Storia.
I quattro amici, dopo essersi lanciati degli sguardi furtivi, erano indecisi sul da farsi. Marinaio continuò: – Con la vostra rotta non raggiungerete la meta, men che meno l’orizzonte. Vi seguo da alcune ore e ho notato che non avete mai tentato la sorte. Per questo ho deciso di aiutarvi. Vi mostrerò cos’è l’orizzonte. Prima però il capitano deve darmi il permesso di salire a bordo e di prendere il timone. Rassicurato dallo sguardo degli amici, Michele acconsentì.
Marinaio salì a bordo e abbandonò la sua barchetta alla deriva. Raggiunto il timone diede ordine di riprendere la navigazione puntando la prua in direzione sud-est. Il nuovo capitano, rotto il silenzio, disse: – Oggi avrete il grande privilegio di trovare le risposte a qualcuna delle vostre curiosità. L’orizzonte non è una linea; è piuttosto una striscia di piano compresa tra due rette parallele poste ad una certa distanza. Per semplificare, pensate al sipario di un teatro. Non basta però semplicemente attraversarlo: è necessario sfruttare il pertugio che si crea nel momento in cui la prua tocca la striscia e subito bisogna accostare a sinistra. Un’ultima cosa, ricordate, siete solo ospiti per una breve visita. Il tempo a vostra disposizione è limitato. Fatene buon uso.
Improvvisamente i quattro amici avvertirono un leggero rollìo dello scafo. – Amici ci siamo. Possiamo sventare e lasciamo che la barca proceda per abbrivio. Ci condurrà la corrente –. Di colpo il vento s’acquietò. Marinaio, lasciato il timone e appoggiandosi al boma si spostò verso prua. – Tranquilli – continuò – gli elementi ci hanno preso in carico. Cos’è l’orizzonte? È il punto in cui tutto ha inizio. È il luogo in cui l’aria, l’acqua, la terra e il fuoco hanno origine e sono in equilibrio tra loro. Lo stesso vale per gli uomini, gli animali, le piante, le culture, le lingue, le religioni. Qui si parla la lingua Originaria da cui sono scaturite tutte le altre. L’equilibrio è garantito da tre saggi. Sono stati loro che hanno generato la Terra perché volevano ricreare, in scala maggiore, l’orizzonte, almeno questa era la loro idea. Subito però si accorsero della loro ingenuità. Pensavano che gli elementi, gli animali, le piante si autoregolassero. Invece, ognuno occupò uno spazio, sottraendolo agli altri. E infine l’uomo. Dimenticò la lingua Originaria, si organizzò in piccoli gruppi, scoprì l’aggressività e la lotta per la supremazia. Il séguito spero lo conosciate, è la vostra storia. Immagino già la domanda! Ebbene i saggi decisero di non intervenire, si rifiutarono di condizionare gli eventi sperando che con il tempo la Terra trovasse la sua armonia. Si prodigarono, al contrario, per difendere l’orizzonte celandone l’ingresso. Adesso vi chiedo profondo silenzio. Tra qualche minuto saremo sulla terraferma.
La barca, trasportata dalla corrente, giunse in un piccolo porto. Sulla banchina li attendevano due uomini che, dopo aver salutato in modo ossequioso, iniziarono alacremente le operazioni di ormeggio. – Bentornato signore! Se permette, eravamo tutti in apprensione. Tutto questo tempo, da solo, in quei territori primitivi e brutali. Oh! Mi scusi. Naturalmente ciò non vuole essere offensivo dei nostri ospiti – disse uno dei due con un profondo inchino.
Prima sottile e distante, poi sempre più vicino, giunse un suono. I quattro amici sobbalzarono e voltarono il capo verso Marinaio che desolato strinse le spalle. Era il sibilo di una caffettiera che borbottava il suo buongiorno.
***
Dopo un’ultima lettura, aveva deciso di rinchiudere il testo nel secondo cassetto della scrivania, consegnandolo così al suo cimitero delle aspirazioni deluse. Una leggera spinta con le mani per far scivolare all’indietro la sedia; aveva bisogno di alzarsi e di sgranchire le gambe. Sul tavolo, il disordine creava un casuale sfondo ai residui della gomma per cancellare diffusi come un gregge senza pastore. A questa idea sorrise, mentre fuori, oltre la finestra, il mare sprofondava nel cielo.