“E’ un avvenimento drammatico, ma non è stata una inevitabile fatalità“, afferma la Confederazione Cobas di Chieti e Pescara.
Secondo il sindacato, i 7 capodogli spiaggiati a Punta Penna, cosa che nessuno, a memoria d’uomo, ricorda sia mai accaduto a Vasto, rappresentano un segnale ben preciso di alterazione dell’ecosistema. I Cobas puntano il dito contro le perforazioni petrolifere in mare.
“Non c’è bisogno di essere scienziati dell’ambiente, biologi marini, climatologi o metereologi – afferma Domenico Ranieri – per comprendere che la devastazione ambientale, l’inquinamento forsennato dei mari, l’insostenibile circolazione e moltiplicazione di produzioni tossiche dettate dalla sciagurata logica del profitto, sono all’origine di questa tragedia. Ed è ancora più grave che essa sia accaduta su una spiaggia che fa parte di una riserva naturale che deve essere rispettata e tutelata.
Se immaginiamo cosa ancora potrebbe succedere se andasse in porto, (come è nell’intenzione di governo, imprenditori e multinazionali senza scrupoli), la sempre più sbandierata petrolizzazione del Medio e Basso Adriatico, allora sì che la catastrofe sarebbe annunciata ed inevitabile.
Non è bastato che l’anno scorso il 13 aprile a Pescara in 40.000 abbiamo detto no allo scempio del progetto Ombrina, lor signori ci stanno riprovando ancora.
Addirittura nell’imminente decreto governativo Sblocca Italia si vuole inserire una clausola, per cui, su questioni riguardanti l’allocazione di impianti inquinanti, si bypasseranno anche eventuali pareri contrari da parte degli enti locali, avocando tutti i poteri decisionali al governo.
Tutto questo non può e non deve accadere. Bisogna essere pronti a costruire altre mobilitazioni come quella del 13 aprile 2013 insieme a tutta la popolazione”.