Mi sono recato in mattinata sulla spiaggia di Punta Penna, per portare la mia testimonianza sullo spiaggiamento dei sette capodogli. Quattro di loro sono morti, uno di loro è stato rimesso in mare. Si tratta di un evento fuori dal comune che assomiglia a un fenomeno, di proporzioni ancora più tragiche, avvenuto nel 2008 in Madagascar: oltre cento balene si spiaggiarono sulle coste del nord est dell’isola. A 50 chilometri di distanza la Exxon-Mobit aveva eseguito operazioni di air-gun, una tecnica sismica di riflessione impiegata per individuare giacimenti petroliferi. Senza andare geograficamente così lontani, ricordo i sette capodogli spiaggiati e morti a Peschici nel dicembre del 2009 e, sempre in provincia di Foggia, il recentissimo episodio del piccolo delfino arenato a Marina di Lesina lo scorso 27 agosto.
Come spiega la prof. Maria Rita D’Orsogna, l’air-gun consiste in “spari fortissimi e continui, ogni 5 o dieci minuti, di aria compressa che mandano onde riflesse da cui estrarre dati sulla composizione del sottosuolo. Spesso, però, questi spari sono dannosi al pescato, perché possono causare lesioni ai pesci, e soprattutto la perdita dell’udito”. Ecco cosa sta succedendo anche nel nostro mare Adriatico, con la petrolizzazione di Ombrina Mare e Rospo Mare.
Noi non siamo scienziati e non possiamo arrogarci il diritto di dirlo con certezza, ma da semplici cittadini ci sembra legittimo avere il dubbio che esista un collegamento fra la petrolizzazione e uno spiaggiamento così anomalo di cetacei, che come è noto usano un sistema di ecolocalizzazione basato sui suoni per orientarsi. Bisogna poi sottolineare che i capodogli di Punta Penna facevano parte di un gruppo di cetacei noto e monitorato: possibile che nessuno si sia accorto della loro perdita di rotta? Non si poteva fare nulla per impedire la morte dei capodogli?
La responsabilità di quanto avvenuto a Punta Penna investe tutta la classe politica, nessuno può sentirsi escluso: è quindi opportuno cogliere questa triste occasione per invitare tutte le parti politiche a confrontarsi e collaborare per fermare l’avanzata delle trivelle nell’Adriatico, in modo da prevenire i danni all’ambiente e alla sua fauna (danni che presto o tardi si riversano anche su noi esseri umani), invece di essere costretti a intervenire a posteriori e in modo emergenziale, quando il guaio è già fatto ed è troppo tardi, come sta succedendo oggi a Punta Penna.
Pietro Smargiassi
Consigliere Regionale Movimento 5 Stelle
Il triste ed avvilente episodio dello spiaggiamento di 7 cetacei sulla spiaggia di Punta Penna a Vasto ci lascia amareggiati ed impotenti. Nonostante la grande forza e l’entusiasmo di decine di volontari accorsi per tentare in ogni modo di salvare questi mammiferi, alcuni di questi non sono riusciti a ritrovare il mare.
Secondo alcune fonti, nei giorni scorsi si era avuta notizia di questo gruppo di balene al largo della Croazia. Tra centinaia di chilometri di spiagge la tragedia si è consumata proprio a Punta Penna, eletta una delle spiagge più belle d’Italia. Un fatto certamente casuale, ma che appare fin troppo simbolico: sembra che questi cetacei ci abbiano voluto dire che la natura va protetta e si affidano a noi.
Pur non essendo certe le cause dello spiaggiamento, alcuni studiosi mettono in relazione questi fenomeni con il processo di trivellazione collegato ai pozzi petroliferi in mare. Questo è un ulteriore elemento che ci deve indurre a riflettere sulla dannosità di questi progetti scellerati, che per il profitto di pochi mettono a serio rischio la vita e la salute di un intero ecosistema di cui noi siamo solo una parte.
Alessandro Cianci
Coordin. Provinc. S.E.L.