Un pomeriggio intenso e ricco di emozioni quello vissuto ieri nell’auditorium della Casa Lavoro di Vasto. Il maestro Gianni Maddaloni, allenatore che con il figlio Pino ha conquistato la medaglia d’oro nel judo alle Olimpiadi di Sidney, oltre a tantissimi titoli anche con altri suoi allievi, ha incontrato i detenuti della struttura di Torre Sinello per un pomeriggio di confronto. Maddaloni da anni porta avanti la sua scuola di judo a Scampia, uno dei quartieri più difficili di Napoli, un punto di riferimento per un territorio come azione di contrasto alla criminalità attraverso lo sport e i suoi valori.
Ad aprire l’incontro è stato il direttore Massimo Di Rienzo. “L’attività sociale svolta da Maddaloni è la testimonianza di come il nostro lavoro possa portare risultati positivi”. Presente anche l’onorevole Maria Amato, che già in più occasioni ha visitato la struttura impegnata nel processo di trasformazione da Casa Circondariale a Casa Lavoro. “Sono qui perchè mi interessa ogni situazione che favorisca l’incontro tra chi è dentro e l’esterno. Voi con le attività lavorative uscite temporaneamente fuori, ma è positivo anche che l’esterno venga qui dentro”. L’incontro, coordinato dall’educatore Lucio Di Blasio, ha visto la presenza anche di Aniello Vastola, amico fraterno dell’allenatore campano.
La parola è passata poi a Maddaloni, che ha raccontato il suo percorso di vita, parlando schiettamente ad un pubblico che per buona parte conosce la realtà da cui proviene. “Io potevo essere uno di voi – ha esordito il maestro di judo -, il mio destino era segnato perchè su questa terra non siamo tutti uguali. Dio è grande ma non offre a tutti le stesse opportunità. Io devo dire grazie ai miei genitori, che me le davano di santa ragione, mia madre era molto presente. Ho incontrato lo sport, la boxe, perchè la praticava mio padre. Ma poi lui a 52 anni è morto, io ne avevo 16 ed ecco che arrivò l’amico sbagliato al momento sbagliato. Per fortuna accadde un miracolo, ho conosciuto il maestro di judo, che mi ha insegnato lo sport. Io ero un bullo, affascinato dalla forza, da chi comanda. E scoprii che nella palestra comandava lui. A 18 anni venni baciato per la seconda volta dalla fortuna, potendo entrare nell’università. Io, un figlio del popolo, alla Federico II”.
La storia di Maddaloni viene raccontata anche con la proiezione del film “L’oro di Scampia“, che racconta la sua storia negli anni che lo portarono insieme al figlio Pino sul tetto del mondo alle Olimpiadi di Sidney 2000. Il pubblico, tra cui ci sono anche molti dei volontari che quotidianamente svolgono il loro servizio nella Casa Lavoro, assiste in un silenzio quasi religioso alle scene, spesso di sofferenza, che vengono proiettate sullo schermo. Poi c’è tempo anche per le domande, con i detenuti che tirano fuori un po’ della loro rabbia. A loro Maddaloni lascia un messaggio. “Noi condividiamo la stessa sofferenza. Ma la cosa che so è che quando siete qui dentro chi soffre di più sono le persone che stanno fuori. Vi chiedo che dal nostro incontro nasca un’amicizia ed un messaggio per i nostri figli e nipoti. Quando uscite dovete pensare a loro, dovete stare vicini a loro. La battaglia si vince con i bambini, con la scuola. Ricordatevelo”.