Vivono per il gol, la porta è il loro chiodo fisso. Chiamarsi bomber era nel loro destino, può capitare tra amici senza apparenti meriti sportivi, ma non è questo il caso. Loro sono per tutti “il bomber” e il merito se lo sono guadagnato sul campo in anni di reti gonfiate, facendo esultare in tanti. Un titolo che per alcuni vale quanto una laurea, altri ci scherzano su. Zonalocale li incontrerà per conoscerli meglio e farsi raccontare la loro carriera in campo e quella fuori, tra lavoro, hobby, amori, programmi estivi senza pallone e curiosità.
Fabio Di Lello, 30enne attaccante della Virtus Cupello, che da 7 anni si divide tra portieri trafitti e forni, teglie e farina, nel panificio di famiglia dove lavora. Inizia a tirare i primi calci nella San Paolo Calcio, poi Pro Vasto, Casoli, San Salvo, Virtus Cupello, Vasto Marina. Ad un certo punto decide di ritirarsi e per un anno e mezzo ci riesce, ma un giorno arriva Franco Peschetola che gli propone una nuova sfida, ancora a Cupello, lui accetta, non è uno che si tira indietro, il carattere non gli è mai mancato.
Ricordi dove, quando e come sei diventato un bomber?
A 5 anni facevo il raccattapalle, ero troppo piccolo di età per giocare, mister Calvano però notò che ero piazzato bene e disse a mia mamma: “Questo è bravo, non me lo faccio scappare, il prossimo anno lo tessero”. Nella San Paolo sono partito da difensore centrale, un giorno mister Cesario Mariani, che era l’allenatore dei portieri, ebbe un’intuizione e mi spostò in avanti. Ci aveva visto bene, feci subito tanti gol, quel giorno è iniziata la mia avventura da attaccante.
Quindi se non fossi diventato un bomber saresti stato un difensore.
Penso di sì, anche se non mi ritengo un bomber da tanti gol, sono più uno di movimento, che lavora per la squadra, ho una media di 10 reti a stagione, anche se in alcuni casi, come a Cupello lo scorso anno ne ho fatti 16.
Da giovanissimo ti sei fatto notare e con la maglia della Pro Vasto, ancora minorenne, hai debuttato in D.
Sono stato convocato per la rappresentativa under 18 interregionale, come me c’erano Improta e Carotenuto. Nella Pro Vasto eravamo un buon gruppo di giovani locali, peccato che non abbiano creduto in noi. Valter Serafini era uno tra i più forti e sarebbe potuto arrivare lontano.
Sei uno di quei bomber che non pensa solo al calcio, hai saputo dare spazio anche al resto.
Avevo ricevuto un’offerta in D dalla Civitanovese, ma in quel periodo ho sentito che prima dovevo aiutare mio padre e ho rifiutato. Ho iniziato a lavorare ed è andata così, ma sono comunque soddisfatto di quanto fatto.
Ad un certo punto avevi smesso, poi è arrivato Peschetola.
Lo ringrazio, mi ha chiesto di dargli una mano, pesavo quasi 100 chili, ero una sua scommessa e l’ha vinta nonostante quest’ultima stagione negativa nella quale non ho giocato molto, solo 3 partite da titolare, Sputore e Alberico potevano fare meglio di me ed è giusto che abbiano avuto più opportunità.
Cosa si poteva fare per evitare la retrocessione?
Il gruppo era ottimo, non avrei mandato via gente come Ottaviano, Mainardi e Ciccarelli, c’erano tanti giovani, in pochi avevamo già giocato in Eccellenza. Siamo stati anche sfortunati, alcune partite avremmo meritato di vincerle. Vediamo cosa succede se ci sarà un ripescaggio, sarebbe un giusto premio, in fondo ai play-out non abbiamo mai perso.
E’ vero che stavolta ti ritiri davvero?
E’ molto difficile conciliare il mio lavoro con l’Eccellenza o la Promozione, ci sono da fare tanti allenamenti e non riesco mai ad avere del tempo libero, non riesco proprio più. Mi dedicherò a qualche categoria meno impegnativa o agli Amatori, senza ovviamente abbandonare il calciotto, dove ho vinto il campionato. Qualche proposta arriverà ma non me la sento nemmeno di andare solo la domenica a giocare perchè se non mi alleno sono inguardabile.
Cosa è più difficile nel tuo lavoro da far conciliare con il calcio?
Gli orari, lavoro dalle 22/23 fino alle 8 di mattina, poi vado a dormire e mi sveglio alle 15.00, per fortuna mi danno una mano, non sono mai da solo. Devo ringraziare mia mamma Michelina e mio padre Roberto che ad un certo punto voleva pensassi solo a lavorare, anche se poi mi segue e tifa per me. Non vivo il calcio come un lavoro, forse lo avrei potuto fare quando ero più giovane, ma adesso no, anche perché in giro di soldi ce ne sono pochi. Questo concetto ho cercato di spiegarlo ai ragazzi in squadra con me, devono pensare a studiare o trovare un lavoro, non a guadagnare con il calcio, deve essere un divertimento.
Ti piace il tuo lavoro?
Sì e cerco di farlo al meglio, anche se è impegnativo e sacrificato, ma ti togli delle soddisfazioni. Mi occupo di pizze, pane e cornetti, so fare un po’ di tutto. Il momento più bello è alla fine, quando hai realizzato un prodotto buono e di qualità. Non tutti i forni sono così attenti agli ingredienti, in alcuni sono di dubbia provenienza, noi ci puntiamo molto, così come siamo attenti alla tradizione locale vastese. In tanti oggi, soprattutto i più giovani, non si preoccupano molto da dove arriva il pane che hanno in tavola e come è stato preparato, manca questo tipo di cultura.
Lo consiglieresti ad un ragazzo in cerca di occupazione?
Sì, è importante sapersi mettere in discussione, soprattutto chi non ha voglia di studiare è bene che impari un mestiere, che faccia qualcosa di pratico, da piccolo me lo diceva sempre anche mio padre. Alcune professioni come l’imbianchino, l’idraulico o l’elettricista possono permettere buoni guadagni e un futuro stabile.
Giocare a calcio e la notorietà a livello locale hanno aumentato gli affari?
Mi ha sicuramente aiutato a relazionarmi meglio con gli altri, ma dopo che ho segnato alla Vastese gli affari sono calati, parecchia gente per un periodo non è più venuta.
Quali sono i tuoi programmi per le vacanze estive?
Niente beach soccer, mi piace andare in bici e fare beach tennis. Inoltre andrò a Istanbul con Roberta, la mia ragazza.
A proposito di donne, da dove nasce il successo dei bomber con le donne e tra i tifosi?
A parte perché segnano credo che dal punto di vista caratteriale sia il ruolo più importante della squadra.
Qual è la cosa più bella dell’essere bomber?
La gioia del gol è inspiegabile, sono emozioni stupende, viviamo per quello e quando ci riesci è troppo bello. Meno belli sono tutti quei calci che si prendono lì davanti.
E quando riesci a metterla dentro?
Ci pensi sempre, alcuni errori li rivedi la notte. Quando non segni per un lungo periodo non pensi ad altro se non a sbloccarti, anche durante la settimana. E’ successo l’anno scorso per 4/5 partite e avevamo bisogno di punti, tutti aspettavano i miei gol, hai la responsabilità sulle spalle.
Un errore che non ti perdoni?
Un rigore sbagliato sullo 0-0 in una finale da piccolo contro il River Ciapi.
Il gol più bello o quello che non dimenticherai mai?
In eccellenza col Casoli contro il Pianella. Grazie ad un cross dalla bandierina sul secondo palo al volo l’ho incrociata sull’altro. È stato messo tra i tre gol più belli di quel campionato. Quello che non dimenticherò mai è stato l’anno scorso in finale a Francavilla.
In quale squadra ti sei trovato meglio?
A Casoli ho trascorso due anni bellissimi. Cupello è un’oasi di pace, tutto è sempre uguale, se vai male non sei criticato, ma se vai bene non c’è esaltazione come in una grande piazza, è sempre lo stesso. Comunque mi sono trovato benissimo con tutti: dirigenti, tifosi, abitanti, mi hanno fatto sempre sentire uno di loro.
Tra i tuoi fan c’è ovviamente anche mamma Michelina, tifosissima di bomber Di Lello.
Un tempo veniva a tutte le partite, poi per scherzo le ho detto che portava sfortuna, ora viene solo alle più importanti, anche perchè sente molto la gara.
Hai amici nel calcio?
Lo sono Del Bonifro, Muratore, Ottaviano, Mainardi, Ferreyra, Di Pasquale, Rossi e il massaggiatore Claudio, ma in generale devo molto a tutti quelli che hanno condiviso con me le gioie e i dolori del calcio. Tra gli allenatori Buda, Carbonelli, Carosella e Giacomarro.
Qual è il lato più bello del calcio?
Che si impara a rispettare l’altro, le regole e i sacrifici, a diventare un gruppo, lo stare insieme, crescere, sapersi adattare, oltre a viaggiare e vedere posti nuovi. Un aspetto molto educativo è imparare a stare con persone diverse, anche di altre razze. Il giapponese Tokio Nakai veniva a mangiare a casa mia quando era alla Pro Vasto, il calcio è anche questo, condivisione.
Cosa ti mancherà di più?
Il gruppo, lo stare insieme anche fuori dal campo. Non mi mancheranno per niente gli arbitri, alcuni sono davvero impreparati, presuntuosi e arroganti. Dovrebbero imparare ad ammettere i propri errori.
Cosa farai dopo aver appeso definitivamente le scarpe al chiodo?
Mi piacerebbe allenare una squadra di ragazzini
C’è in giro un ragazzo che può diventare bravo come Di Lello?
Ci sono parecchi giovani interessanti ma per la grinta che ha in campo Andrea Marinelli è quello che mi somiglia di più.