Fausto Cannavacciuolo, 49enne aquilano, allenatore e preparatore atletico con patentino Uefa B, vive a Vasto da 5 anni, da quando il terremoto che colpì la sua città lo costrinse a trasferirsi.
Per 13 anni ha insegnato a Coverciano, al centro tecnico federale, agli ex calciatori che vogliono diventare allenatori, in estate invece è impegnato nel raduno dell’Aia riservato ai giocatori senza contratto, in programma quest’anno dal 21 luglio all’8 agosto.
Da 20 anni insegna anche all’Università dell’Aquila e a Cassino, al corso di calcio nella facoltà di scienze motorie. Figlio d’arte, papà Filippo è stato docente di tecnica calcistica e metodologia a Coverciano, tra i suoi corsisti Sacchi e Ancelotti, Rossi e De Biasi.
Cannavacciuolo è un grande esperto del settore ed è oggi molto stimato da colleghi e calciatori. Per lui un passato da calciatore nell’Aquila, a 16 anni sfiorò l’esordio in C con l’Avezzano. Il suo legame con Vasto è datato 1988 quando inizia a trascorrervi le vacanze con la sua famiglia. Oggi lavora anche con la Bacigalupo.
Professore come si trova a Vasto?
Benissimo, è una città molto bella, ci vengo da una vita, ho tanti amici che conosco da anni, in primis Enzo Menna.
Come inizia la sua carriera da allenatore e preparatore?
Prima all’Avezzano, poi all’Aquila nel settore giovanile, Damiano Zanon del Bari, uno dei tanti, è cresciuto con me, lo conosco da quando era un bambino. Allenavo la Beretti, erano tutti ’79, ’80 e ’81, lui era ’83 ma l’ho fatto giocare lo stesso, aveva le qualità. Facemmo una grandissima partita, pur se sconfitti, contro il Castel Di Sangro di Iaquinta, Tresoldi, Alessandrini, Galuppi, eravamo quasi tutti ’81, ’82 e ’83. Tra i miei ragazzi ci sono anche Dino e Daniele Marino, ma io li ho solo allenati e fatti crescere, se sono arrivati in A, anche se per poco, il merito è tutto loro.
A 26 anni è diventato il più giovane preparatore atletico d’Italia.
Prima sono diventato allenatore, poi per essere più completo ho deciso di curare anche la parte da preparatore. Sempre meglio sapere di più che essere limitati. Oggi nelle squadre ci sono staff con preparatori dei portieri, preparatori tecnici e allenatori divisi per ruolo, è diverso. Poi mi hanno chiamato a Coverciano, il segretario Guido Vantaggiato e Luigi Natalini, fanno così, non ti danno molto preavviso, ti dicono di cosa dovrai parlare, ti mettono in un’aula e ti fanno fare una lezione, per vedere come te la cavi davanti ai corsisti, con un microfono in mano. E’ il loro modo di valutarti. Avevo davanti Bergomi, Giuseppe e Franco Baresi, Casiraghi. Andò bene e da allora ho iniziato a insegnare.
Di allievi ne ha avuti tanti.
Ho fatto il corso a Peruzzi, Delvecchio, Di Livio, Oliveira, Peruzzi, Signori, Couto, Balbo, Baggio. Con alcuni è nata un’amicizia, come con Baggio, ci sentiamo spesso, l’ho invitato a Vasto perché avevo in mente di organizzare qualcosa qui, ma al momento a causa dei suoi numerosi impegni non è stato possibile, speriamo di farcela in futuro. Un altro grande uomo è Damiano Tommasi, ce ne vorrebbero di più come lui nel calcio. Sicuramente le cose andrebbero molto meglio. Un maestro che ho avuto è Massimo Cacciatori, fu lui a dare al vostro D’Ainzara il soprannome di Zazzarino.
Come si svolge il suo lavoro sul campo?
All’inizio mi occupo della parte tenico-tattica, poi passo a fare solo quella atletica, il lavoro a secco, senza palla, non mi piace, dopo un po’ i calciatori iniziano ad annoiarsi, devono essere due parti distinte dell’allenamento. Per coinvolgerli bisogna ragionare come loro, come uno che ha giocato, aver fatto esperienza in campo è molto utile, se sai ragionare come un calciatore capisci tutto meglio e sicuramente riesci a renderli più partecipi. Ti seguono se li fai anche divertire, se li fai solo lavorare è probabile che prima o poi si annoino e non ti seguano più.
Proprio per i suoi metodi e la sua preparazione la stimano molto.
Mi ha fatto tanto piacere che una volta durante un’intervista Bergomi si allontanò per venirmi a salutare, questo fa anche capire lo spessore dell’uomo. Baggio è stato un mio corsista nell’anno che doveva prendere il patentino da allenatore, siamo diventati amici, è una persona di un’umiltà incredibile, superiore alle altre, colto e preparato. A tennis però l’ho battuto.
E’ vero che non lo vede come allenatore?
Non proprio, Filippo Inzaghi è un maniaco, come lo era da calciatore, conosce tutto degli avversari che incontra, si informa continuamente su ogni minimo dettaglio, studia il calcio. Da qui a dire che come allenatore ce la farà ce ne vuole, non basta solo questo. Baggio è diverso, caratterialmente è meno focoso, lo vedrei bene più come un grande dirigente importante, non solo per la sua immagine, ma soprattutto per la sua sconfinata preparazione e le sue competenze.
Su quale dei giocatori che ha avuto avrebbe scommesso e invece non ce l’ha fatta?
Dino Marino, ci avrei messo più di una mano sul fuoco. Giocatore eccezionale, Roberto Mancini era innamorato di lui, tanti calciatori, come Ambrosetti, erano colpiti dalla sua bravura, nell’uno contro uno non ne esisteva uno più forte, era pazzesco. Non esagero ma De Rossi in confronto non era nulla. Debuttò in A a 16 anni nell’Inter oggi è in Eccellenza in Puglia a Francavilla Fontana, non ha avuto fortuna, ma non solo, arrivare e restare ad alti livelli dipende da tanti fattori, non è così facile.
La Vastese le voleva affidare la panchina, come mai ha rifiutato?
Ho parlato con Calvitti e Salvatorelli, volevano che allenassi la squadra ma avevo già un impegno preso con la Bacigalupo, il tempo stringeva, non potevo farli ritardare ancora nella scelta e ho preferito non vincolarli.
Come è stato passare da i big del calcio ai bambini della Bacigalupo?
Per me non cambia nulla, solo il mio atteggiamento. Ogni istruttore dovrebbe scorporare il proprio cervello e lavorare su quello dei ragazzi, uno per uno, anche se poi viene considerato un gruppo. La capacità deve essere quella di capire ogni individuo perché ognuno ha le sue reazioni e il proprio carattere differente.
Qui a Vasto sta raccogliendo grandi risultati.
Stiamo andando bene, abbiamo ben figurato contro realtà importanti della massima serie come i Delfini Biancazurri, i ragazzi bravi qui ci sono, potenzialmente sono dei calciatori, ovvio che non basta solo quello ma il materiale per arrivare c’è. Hanno velocità di azione, sono già svelti a livello motorio e psicomotorio e quando sei sveglio hai già più facilità nel fare tutto il resto. Parlando dei più grandi ho visto giocare Cristian Stivaletta, mi sono chiesto cosa ci faccia ancora in Eccellenza, è un giocatore completo che può ambire a categorie più importanti ed è un bravissimo ragazzo.
Con i genitori come va?
Ho subito detto loro che come non mi permetto io di dire loro come si cresce un figlio anche loro non devono entrare nelle mie decisioni, se mi affidano i bambini devono fidarsi completamente di me. Alcuni genitori fanno ricadere sui figli la frustrazione per non essere arrivati dove volevano, ma i bambini vanno lasciati in pace, devono divertirsi, noi siamo qui per questo. Noi cerchiamo di gestirli al meglio. Ho scritto anche un decalogo sul comportamento da seguire.
Cosa ne pensa delle strutture sportive di Vasto?
E’ vergognoso che una città come Vasto con un passato recente glorioso abbia una prima squadra che deve allenarsi sul campo da calciotto in sintetico, poi ai Salesiani sulla terra, dove non mi allenerei mai, o alla 167 e poi giocare all’Aragona sull’erba la domenica. Non ci si può allenare in un campo durante la settimana e giocare su un altro la domenica. Tutto ciò comporta solo problemi ed è dannoso cambiare superficie per l’integrità dei giocatori. La professionalità non dipende dalla categoria che si fa, ma da come sei tu. Così come non riesco a capire, e parlo da aquilano, non da vastese, perchè non si faccia una super squadra unendo tutte le forze, è incredibile. Tante delle mie conoscenze anche fuori dall’Abruzzo sono convinti che se Vasto torna è in grado di fare male a tutti. Sembra ci sia un complotto cittadino tra le diverse parti in causa.
Qual è il lato più bello del suo lavoro?
Fare ciò che ti piace, la soddisfazione di un bambino quando sorride non ha pari, è un qualcosa di impagabile. Inoltre è bello lavorare quotidianamente con dei giocatori sapendo che loro sono lì per seguirti, per raggiungere un obiettivo, non sono obbligati a farlo, lo fanno perché gli piace. Il bello è anche avere a che fare con delle persone vere come Luigi Baiocco, un uomo di campo, grande allenatore e vera enciclopedia vivente del calcio con cui ho la fortuna di lavorare da due anni. Nonostante si dica che gli opposti si attraggano noi abbiamo caratteri molto simili e sembriamo un’unica persona, c’è affetto e stima. Con il Vasto Marina ha fatto un grandissimo lavoro, peccato per come sia andata a finire con la juniores, questa volta ce la potevano fare, ma ci sono arrivati atleticamente stanchi.
Quello meno bello?
La mercificazione che si fa, anche ne settore giovanile, di tutto. Un business a larga scala senza confini, che fa credere a promesse non vere. Alcuni genitori sarebbero capaci di vendere la propria auto per dare soldi a finti procuratori non sapendo che stanno commettendo un errore.
La vedremo prima o poi alla guida di una prima squadra?
Non ho preferenze, devo lavorare in un ambiente credibile e devo avere carta bianca, mi assumo tutte le responsabilità. Quando si lavora con i giovani conta la crescita, non i risultati sul campo. Ho una figlia di 3 anni è giusto che stia con lei adesso, ho rifiutato delle offerte che mi avrebbero portato lontano. Sono nato in un campo, ci vivo da quando ero bambino, ed è qui che rimarrò per sempre.
Quando uscirà il suo prossimo libro?
Ho aiutato mio padre nella stesura di 4 libri, adesso ne ho pronto uno mio, ma devo ancora rivedere tutto il materiale, appena avrò tempo lo farò. Si intitola Una preparazione per tutti, insegna ad allenarsi spiegando varie tecniche, è adatto dalla Serie A ai dilettanti.