Continua il viaggio di Zonalocale.it alla scoperta dei paesi del Vastese, un territorio che presenta una grande ricchezza di luoghi e persone. Un territorio che cerca di trovare la sua strada sulla via di uno sviluppo sostenibile, per arginare quel fenomeno di spopolamento che, negli ultimi 30 anni, ha visto svuotarsi le case, lasciando molti borghi affascinanti con pochi abitanti. E’ questa la prima cosa che colpisce passeggiando all’ora di pranzo per le stradine di Tufillo. Se da qualche finestra si sentono i profumi del pranzo che sta per andare in tavola e le voci provenienti dalle tv accese, per molti tratti a farla da padrone è il silenzio. Un silenzio che in una giornata primaverile permette di apprezzare ancora di più le peculiarità di un paese che, come i tanti lungo la valle del Trigno, è aggrappato alla collina e domina il paesaggio. Una volta lasciata la strada statale inizia la salita. La strada che sale a Tufillo è messa in condizioni decisamente migliori rispetto alle tante mulattiere che collegano i comuni del Vastese anche se qualche euro in più da poter destinare alla manutenzione non guasterebbe di certo.
La prima sosta è al Lago Tacao, bacino artificiale dedicato alla pesca sportiva che, da poco meno i un anno, è gestito da un’associazione formata da giovani, che hanno deciso di intraprendere questo percorso che vede già il Lago Tacao come punto di riferimento per i pescatori dell’Abruzzo e non solo. E le attività in cantiere sono tante, come spiegato da Laura, perché oltre alla disponibilità di spazi all’aperto immersi nel verde (tra cui la possibilità di sostare con il camper) arriverà anche un ristorante. A dominare il panorama c’è il monte Farano, con il sentiero Maurizio Salvatore che richiama sempre tanti appassionati del trekking. Riprendendo la strada provinciale e continuando a salire verso il paese si devia a destra, si incrociano nuovamente i sentieri, e si arriva in Contrada Amarena, dove c’è un grande casolare che domina la vallata ricca di ulivi, molti anche secolari. Sono ben 2400 le piante di cui, durante tutto l’anno, si occupa la signora Pina, per poter arrivare ad una produzione di olio biologico di altissima qualità. Ed è un extravergine che fa il giro del mondo, conquistando i favori di chi ne apprezza le caratteristiche, anche nelle profumate versioni al rosmarino, al limone e al peperoncino piccante.
Con la guida di Antonio Ferrara arriviamo nel centro di Tufillo. La prima nota positiva sono i cartelli che indicano la wi-fi zone. Un piccolo dettaglio, che però indica come in questo Comune, oggi guidato da un sindaco giovane, Marco Monaco, si cerchi di fare ogni sforzo possibile per cercare di guardare al futuro. Al bar, per una doverosa pausa caffè, si incontrano Emanuele e Valentino Palmisano, storico fotografo del paese, che oggi fa la spola tra Vasto e Tufillo, dove si dedica in particolare all’apicoltura. E’ con qualche timore che ci lasciamo convincere ad avvicinarci alle arnie. Valentino ci spiega minuziosamente come si svolge la vita di un alveare e come il protrarsi del freddo sino a metà maggio, il “lavoro” delle api sia andato a rilento. Interessante anche una tecnica differente da quella tradizionale, sperimentata da un giovane tufillese, Emanuele. E’ con Antonio Ferrara che passeggiamo nel cuore del paese, passando dalla chiesa di Santa Giusta che domina la veduta panoramica. E’ qui che la notte del 24 dicembre arriva la farchia, il grosso tronco trascinato lungo la salita dagli uomini del paese. “Una tradizione che unisce sacro e profano – spiega Ferrara – ma che è nel cuore di ogni tufillese, anche quelli che oggi non vivono qui”. Il lavoro dell’amministrazione comunale è teso a far uscire i piccoli comuni fuori dalla Valle. Un primo e importante passo è stato fatto, con il progetto della creazione del brand Valle del Trigno. In campo c’è l’associazione dei produttori locali, strumento decisivo per mettere in rete le bontà enogastronomiche di una zona, con la consapevolezza che un singolo produttore, così come un singolo Comune, non possono andare lontano, ma che, attraverso un’efficace sistema di relazioni, si può esportare un territorio con tutte le sue ricchezze. Del resto non mancano esempi di stranieri che da queste parte acquistano abitazioni e le riportano all’antico splendore, facendone una casa per le vacanze.
Tra i produttori che rappresentano l’essenza di Tufillo non si può fare a meno di passare dal Panificio Barisano, che oggi vede all’opera Dino e la moglie Antonella. Il forno c’è dal 1971, creato dal papà di Dino. Il prodotto per eccellenza, un vero simbolo della gastronomia di Tufillo (oltre ai cavatelli con la salsiccia protagonisti della sagra dell’11 agosto di ogni anno), è la pizz’ a figlitt, un prodotto unico nel suo genere. “La base è la pasta della pizza – spiega Dino, mentre Antonella è alle prese con la preparazione dei dolcetti al miele -, condita con olio e peperone secco macinato. Ci sono anche le versioni con la salsiccia e, in inverno, con i cicoli di maiale”. Interessanti anche le altre lavorazioni artigianali, come il laboratorio di oreficeria, proprio nel cuore del borgo, o il frantoio dove si produce l’ottimo olio locale.
Focus. Gli orti e il progetto sugli usi civici. Il territorio di Tufillo è davvero molto esteso. Una terra fertile che però rischia di restare abbandonata dal momento che molti dei proprietari vivono in altre città italiane o estere. Ma, in un’ottica di ritorno al lavoro dei campi, tutti questi terreni rappresentano una grande opportunità. Questo principio è stato alla base della scelta di Nicholas, un austriaco arrivato una decina d’anni fa in Italia e da qualche anno a Tufillo. Pian piano ha “occupato” una collina in cui prima c’erano solo rovi. Insieme alla sua famiglia pratica un’agricoltura non intensiva, con un sistema di rotazioni delle colture che garantisce l’autosufficienza del sostentamento. Tra le diverse aree del terreno scorazzano polli e galline allevati in maniera naturale. Per Nicholas sono preziosi “alleati” nella preparazione del terreno per le diverse coltivazioni. Salendo su per il sentiero si arriva ad una costruzione in legno. Si tratta di una casa passiva o bio-climatica. È stata realizzata in collaborazione con la facoltà di architettura di Firenze. Niente energia elettrica ma, attraverso la composizione tra legno, malta, paglia e vetro, la casa ha la sua autosufficienza energetica sfruttando il sole. Sulla base dell’esperienza di Nicholas, e di altre persone, in particolare alcuni stranieri, che hanno riportato “in attività” terreni ormai abbandonati, alcuni giovani, tra cui Emanuele, stanno portando avanti, in collaborazione con l’amministrazione comunale, un progetto di usi civici. Fase preliminare è il censimento di tutti quei terreni agricoli non utilizzati dai proprietari, che però continuano a pagarvi le tasse. Quei terreni possono essere messi a disposizioni di singoli o cooperative, che così ne fanno una fonte di reddito, con un beneficio per i proprietari che non avrebbero più oneri. Ripartendo dall’agricoltura si potrebbero avviare anche attività di allevamento, con conseguenti attività collegate, come caseifici o altre aziende di trasformazione.
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