Carmelo Genovasi, nasce a Lecce il 27 maggio del 1962, il suo nome si lega a Vasto nell’estate del 1990 quando arriva dal Chievo Verona, all’epoca squadra di C1, fortemente voluto da Tony Giammarinaro che lo aveva allenato al Chieti.
Non è un giocatore normale, la piazza lo capirà molto presto. Numero 6, libero, un ruolo oggi scomparso, nonostante sia bravo a difendere, ha una costante propensione al gol, specializzato sui calci di punizione e di rigore, grazie ad un tiro molto forte e preciso.
A fine campionato arriva spesso in doppia cifra, un difensore goleador che diventerà ben presto l’idolo dei tifosi. In totale in carriera sono un centinaio le reti messe a segno, numeri impressionanti per uno del suo ruolo. Solo a Vasto in due anni ne realizza 20 in 65 presenze, a Chieti ben 32 in tre stagioni che lo posizionano al decimo posto nella classifica dei marcatori di tutti i tempi del club neroverde.
Il tutto unito ad una grandissima esperienza nonostante i suoi 28 anni. Cresciuto nel vivaio del Lecce, con cui debutta in prima squadra in Serie B nel 1980, a 18 anni, grazie a mister Gianni Di Marzio, nel derby contro il Bari. Nel torneo cadetto saranno 10 le presenze complessive, poi inizia il suo peregrinare per l’Italia che lo porta tra C1 e C2 a indossare le maglie di Civitanovese, Messina, Virtus Casarano, Martina Franca, Jesi, Chieti, Taranto in B, Chievo e Vastese. Tutte stagioni di vertice, spesso culminate con vittorie di campionato.
A Vasto diventa subito capitano, resta per due stagioni, 1990/91 e 1991/92, ma nonostante il breve periodo trascorso rimane nella storia biancorossa e nel cuore dei tifosi che lo ricordano ancora oggi e spesso si chiedono dove sia finito.
Oggi Carmelo Genovasi ha 51 anni e tre figli, vive in Umbria, a Narni in provincia di Terni, dove è allenatore del Ducato, società di Promozione. Una carriera iniziata circa 15 anni fa, all’indomani della conclusione di quella da calciatore. Dopo Vasto si trasferisce alla Narnese, sua ultima squadra, diventa allenatore e vince due campionati, in Promozione ed Eccellenza. Per lui anche un’esperienza in Toscana.
Se lo ricorda quando arrivò a Vasto?
Sì, venivo dal Chievo e rimasi subito impressionato dal calore della gente e quella curva dietro la porta sempre piena ed entusiasta che in campo ci trascinava. I tifosi erano davvero il dodicesimo uomo, non tutti potevano vantare un tifo e un sostengo di quel tipo, ho tutto in mente ancora oggi e fa parte dei miei ricordi più belli, emozioni uniche. Così come non posso scordare mister Pelagalli e Giammarinaro, fu li che mi portò a Vasto, mi conosceva bene, mi aveva allenato al Chieti, accettai immediatamente.
Come si è trovato?
Ho fatto subito molte conoscenze, Vasto è una città molto bella, vivevo a Vasto Marina, frequentavo Tony il Calipso, avevo tanti amici, sono stato benissimo, sia con le persone che nei luoghi che frequentavo. Ero sempre in giro, mi piaceva, è un posto difficile da dimenticare.
Come mai pur giocando solo due stagioni è ancora oggi molto ricordato?
Credo perché segnavo molto, per un difensore non è una cosa normale, sapevo battere le punizioni, era il mio punto di forza, in carriera ho fatto tantissimi gol ed erano quasi tutti belli.
Qual è la partita con la maglia della Vastese che non dimenticherà mai?
I derby, quelli così sentiti dalla tifoseria biancorossa, contro Lanciano, Chieti e Avezzano. Ricordo una bellissima sfida contro i marsicani pareggiata da noi al 90’, stava venendo giù l’Aragona.
Sente o vede ancora qualche compagno dell’epoca?
Maurizio Negri. Per il resto ricordo che avevo legato con Naccarella, Scotini, Valenzano e De Filippis.
A proposito di compagni uno tra i più famosi con cui ha giocato è Totò Schillaci.
A Messina, io avevo 19 anni, lui 17, era appena arrivato dal Palermo.
Come mai andò via da Vasto?
Mi contattò la Narnese, avevo 30 anni, mi fecero un’offerta che non si poteva rifiutare, era un progetto serio, volevano arrivare in C2 in breve tempo, così dopo 13 anni di professionismo accettai l’Eccellenza, certo non era il massimo a livello sportivo, ma dovevo pensare anche al mio futuro. In realtà mi voleva pure il Giulianova, ma non se ne fece nulla. Alla fine arrivammo in C2, a 35 anni ho smesso, iniziando poi la carriera da allenatore, anche se il primo anno non del tutto, sono infatti stato allenatore-giocatore del San Secondo, un paese in provincia di Perugia, in Eccellenza.
Carriera che prosegue ancora oggi.
Alleno in Umbria il Ducato, seconda squadra di Spoleto, in Promozione, una società molto seria, sono subentrato da un mese, stiamo cercando di evitare i play out. Ho diretto in precedenza in Eccellenza il Città di Castello e due anni fa in D lo Sporting Terni.
A chi si ispira degli allenatori che ha avuto?
Tutti quelli che ho avuto sono stati grandi allenatori, è normale che abbia ripreso un po’ da ognuno di loro, in più ci aggiungo del mio e decido cosa fare. Giammarinaro era un grande maestro, uno che dava moltissima carica a tutto lo spogliatoio, ma anche Gianni Bui, ex giocatore di Lazio, Torino, Milan, era davvero molto bravo.
Genovasi ha un erede pronto a ripetere le sue gesta?
Mio figlio Roberto, l’ultimo arrivato, è un ’95 gioca nella juniores nazionale della Narnese, secondo me è un ottimo giocatore con prospettive importanti da difensore. Anche lui ha il vizio del gol, ne ha già fatti una decina. Oltre a lui ho anche due figlie più grandi, una di 29 anni e l’altra di 26.
Tornerà a Vasto?
Mi piacerebbe molto, avere l’opportunità di riaccendere l’Aragona e farlo tornare come era un tempo, sarebbe meraviglioso perché Vasto e la sua gente meritano ben altri palcoscenici, molto più prestigiosi. Se ci dovesse essere la possibilità, con un progetto serio, perché no, mi metto a disposizione, non si sa mai.