Giuseppe De Filippis, per tutti Pino o Pinuccio, ex portiere di C è oggi il direttore sportivo del Termoli. La sua carriera tra i pali inizia a 14 anni con le giovanili del Teramo. Dopo due stagioni torna a Vasto nel 1981/82 con l’Incoronata, diventata prima squadra cittadina dopo il fallimento della Pro Vasto, ma ad Atri perde lo spareggio per andare in Interregionale.
Poi Altino, San Salvo, Termoli in Promozione quando vince 1-0 all’Aragona ma perde il campionato ad Altino. In seguito il ritorno a casa, sotto la guida di Renzo Rossi e Ammazzaloroso, oltre a cinque stagioni in C con i vari Giammarinaro, De Biasi, Salvioni. La Vastese fallisce di nuovo con Scopelliti e lui va ad Ortona, vince Promozione ed Eccellenza, poi Lanciano e ancora Vasto, per una nuova ripartenza nel 1997/98 con Anzivino. Un anno in Promozione e il successivo in Eccellenza, a febbraio un problema al ginocchio lo costringe a ritirarsi a 33 anni. Diventa subito direttore sportivo della Pro Vasto su proposta di Giovanni Bolognese, inizia così la sua carriera fuori dai pali.
Quello del direttore sportivo è un lavoro che ormai svolge da 15 anni.
Ho iniziato a Vasto in Eccellenza con la promozione in Serie D e retrocedemmo, ricominciai con Litterio e tornammo in C. Quando arrivò Malavolta, che portai io a Vasto, mi fece fuori, così andai a Val Di Sangro dove riuscimmo a conquistare la C con il campionato dei record, vincemmo a Vasto 1-0 con gol di Innocenti e vincemmo anche al ritorno. Poi due anni a Gela dove siamo arrivati alla finale play off, poi Vasto Marina, Isernia e Termoli, oltre alla collaborazione con la Vastese dello scorso anno.
E’ più difficile fare il portiere o ds?
Indubbiamente il direttore sportivo, hai molte più responsabilità. Anche in campo le hai ma sono inferiori, da dirigente sei tu che gestisci il budget, scegli i giocatori, l’allenatore e se le cose non vanno è colpa tua. Inoltre devi tenere in considerazione e valutare anche altri fattori che possono condizionare la stagione.
E’ l’unico direttore sportivo in zona che potrebbe ricoprire questo incarico anche in Serie A, avendo concluso il corso.
Oltre a me c’è Luca Leone, il ds del Lanciano, che lo ha frequentato lo scorso anno. Mi sono iscritto nel 2008, ero a Gela e feci il corso a Coverciano, 6 settimane con lezioni tutti i giorni dal lunedì al venerdì, poi tornavo in Sicilia per seguire la squadra. La tesi riguardava i settori giovanili di Juventus e Inter. Con me c’erano tanti ex giocatori: Acri oggi al Pescara, Albieri, Auriemma, Berta ex Parma, Cherubini, De Franceschi, Dionisi, Mazzola (figlio di Sandro), Simeoni, Zappalà e altri.
Come mai segue solo le partite in casa della sua squadra?
Quando giocano in trasferta vado a seguire altre partite, soprattutto le nostre avversarie e giocatori che potrebbero interessarmi. E’ normale, è una cosa che fanno quasi tutti, solo ai massimi livelli no perché il direttore sportivo ha un suo staff con delle persone che sono incaricate di seguire le altre. Per me non è un problema, vado tutti i giorni al campo, solitamente la domenica rispecchia quello che è l’andamento della settimana. Già capisci se la squadra c’è.
Dove e come si documenta se le interessa un giocatore?
Sui campi, poco tramite altri o con i video. Vedo la partita al massimo per un tempo, tutta non riesco, mi annoio. Vado nei campi vicini come Agnone o Bojano, ma seguo anche le juniores, di persona perché in questa categoria di fenomeni non ce ne sono quindi voglio conoscere l’uomo, mi piace capire di che tipo di ragazzo si tratta. Bisogna stare attenti a tutti questi particolari, anche grazie alle persone del posto, conoscere la famiglia, i vizi, informazioni che possono fare la differenza. Uno per convincermi deve essere bravo soprattutto fuori dal campo, è l’aspetto principale. Alla Juventus o in Terza Categoria la gestione del gruppo è fondamentale, così è tutto più facile. Ci può stare uno fuori dalle righe, se fa la differenza lo sopporti pure. Se uno è bravo e spacca lo spogliatoio non serve. Preferisco uno serio con meno potenzialità di uno forte che poi rovina tutto.
E’ vero che tra un Roma-Juventus all’Olimpico e un Agnone-Bojano al Comunale preferisce la seconda?
Mi piace seguire le gare dal vivo, ma tra Serie A e Eccellenza o altro, preferisco le categorie minori. Il mio ufficio è in macchina, con il mio inseparabile auricolare, in estate mi servono quattro batterie al giorno, le scarico tutte per fare le trattative di mercato. Vivo il calcio a 360 gradi, la notte dormo poco, soprattutto prima delle partite, leggo su internet, vedo i video dei gol, conosco più o meno tutto, dalla C alla Terza Categoria.
Di tempo libero ne ha?
Sì, lo trovo sempre, stacco con la palestra, la famiglia, anche se poi il pomeriggio sono al campo.
La squadra che ha allestito di cui è più soddisfatto?
In carriera sono sempre arrivato minimo ai play off, tranne all’inizio con la Pro Vasto, ma ero inesperto e abbandonato dalla società che non aveva più soldi, ho sempre fatto campionati di vertice, mai salvezza o metà classifica, mi stimolano di più. A Isernia, con una neopromossa, secondo me ho fatto un mezzo miracolo, da dicembre siamo rimasti senza soldi ed è stata smantellata tutta la squadra, ma nonostante questo siamo arrivati ai play off. A Vasto dalla Promozione siamo tornati in C, a Val Di Sangro abbiamo battuto tutti i record, come quello dei 45 punti su 51 nel girone di andata che non ha ancora superato nessuno, poi ci siamo piazzati sesti al primo anno di C2 e per un paese di 100 abitanti è un’impresa. A Gela sono arrivato che eravamo ultimi e abbiamo chiuso al sesto posto, la stagione seguente abbiamo fatto i play off. Anche lo scorso anno a Termoli, con una neopromossa, siamo arrivati secondi, non è facile. Poi il campionato ce l’hanno scippato a San Benedetto con quel rigore contro al 90’ in uno scontro diretto, è stato vergognoso, se avessimo vinto ce l’avremmo fatta. Anche quest’anno abbiamo avuto situazioni simili, come a Macerata, in 8 con 3 espulsi sotto di un gol siamo riusciti a pareggiare.
Il giocatore più forte che ha preso?
Quelli che ho portato a Vasto erano tra i migliori, lo ha dimostrato la carriera che hanno fatto in seguito: Miglietta, Innocenti e Giuliano non li conosceva nessuno, li presi in categorie basse. Anche Sibilli, Galiano, Marcucci, tutti importantissimi.
Quello che ha raccolto meno rispetto alle sue potenzialità?
Nando Giuliano, non può stare in Eccellenza, non c’entra proprio niente con queste categorie, con i mezzi che ha poteva tranquillamente stare ancora nei professionisti.
Da ex portiere quale secondo lei è un portiere bravo?
Patania a Termoli è molto bravo, è un portiere importante, a volte resto sconcertato dai portieri che vedo in giro e se penso che Marconato gioca in Promozione vuole dire che qualcosa non va.
Un giovane di cui sentiremo parlare?
Domenico Santoro, è un attaccante del ’95, l’ho preso da una squadra di Prima Categoria, è stato convocato anche al Torneo di Viareggio con la Rappresentativa di Serie D, in quattro partite ha fatto tre gol. Me lo hanno segnalato, l’ho visto in ritiro, ho notato che aveva struttura e forza, il mister Giacomarro è stato bravo ad allenarlo e con lui sta facendo passi da gigante. E’ un elemento che se rimane con i piedi per terra, non si esalta e non si abbatte, può fare bene, inoltre è di proprietà del Termoli, un particolare da non sottovalutare di questi tempi.
Il dirigente al quale è più legato o dal quale ha carpito i segreti?
Uno è stato Marramiero, quando arrivò ero il capitano, ci fu una boccata di ossigeno a livello economico, ma anche organizzazione e professionalità. Uno dai cui ho imparato tanto è l’avvocato De Mutiis, a lui sono legatissimo, lo faceva con grande passione, stavo sempre con lui. Mi occupavo dell’iscrizione della squadra. A Vasto c’era sempre purtroppo questo problema dell’iscrizione, nonostante io giocassi facevo firmare le liberatorie ai compagni, andavo a riscuotere dal presidente che ci diede 20 libretti al portatore da 20 milioni di lire l’uno. Sono molto legato anche a Litterio, la gente parla troppo, è stato un presidente con la “P” maiuscola, ha dato tanto a livello economico.
La decisione più difficile che ha preso nella sua carriera?
Nel calcio non bisogna innamorarsi dei calciatori e degli allenatori, bisogna sempre pensare di fare la cosa giusta, se c’è da fare qualcosa intervengo io, sono corretto, non devo nascondere nulla, se una cosa non va o non mi piace sono diretto, se mi dai tutto bene, io ti do tutto, altrimenti vai via. Infatti spesso cambio tanti giocatori, non sono legato a nessuno. Nel calcio è così bisogna andare avanti.
Come è andata la sua ultima esperienza nella Vastese?
Per ricrescere di nuovo c’è bisogno di una società forte, è fondamentale, al primo posto, con gente che ha passione e voglia di fare bene, che lasci fare ad uno solo che fa calcio, che abbia esperienza, con le istituzioni che danno una mano, non sono per il “vogliamoci bene”, non sono per questi metodi, avevo accettato di dare la mia consulenza, volevo che le cose andassero come dicevo io, non come dicevano gli altri, così non si lavora bene. Avevano problemi di budget, all’inizio era importante per la Promozione, l’ho quasi dimezzato e rifatto la squadra mandando via una decina di giocatori, poi ci sono stati dei problemi, in alcuni momenti dicevano della cose, poi altre, così ho preferito lasciare, ma siamo rimasti in buoni rapporti.
Quindi un domani potrebbe tornare?
Certo, faccio il professionista, lo faccio per mestiere, se vedo un progetto importante, come dico io, non come dicono gli altri, possiamo incontraci di nuovo, non si sa mai. Io ci metto la faccia e tutto il resto, i giocatori sono legati a me, non ai dirigenti. Se le cose non vanno devo rendere conto io a loro.
Il calcio vastese dopo tre fallimenti è ripartito altrettante volte e De Filippis c’era in tutte, sia nelle vesti di giocatore che di dirigente. Oggi come vede la situazione a Vasto?
E’ brutto vedere l’Aragona in quelle condizioni, è veramente abbandonato, il clima è triste e il terreno non mi sembra dei migliori. Vasto in Eccellenza deve essere di passaggio, ogni volta che ha fatto questa categoria l’ha vinta, è sempre difficile puntare ai primi posti, ma che a novembre sia già finito tutto è inaccettabile. Il calcio è programmazione, non si inventa niente, nelle categorie inferiori ce la puoi anche fare, ma già dall’Eccellenza si deve programmare tutto e rendere conto ad una città che è affamata di calcio. Non si può improvvisare nulla e ognuno deve fare il proprio mestiere dando fiducia a chi ne capisce e può dirigere il progetto, poi a fine anno si fa un bilancio e si decide se prosegue o se va via. Qui invece si alza uno e parla, sia alza un altro e parla, parlano tutti.
Della questione Vastese-Vasto Marina cosa pensa?
Sarebbe meglio andare avanti insieme con un progetto unico, unire le forze in questo periodo di crisi potrebbe solo fare bene. Vasto Marina ha un buon settore giovanile, ha giovani validi che con le regole che ci sono in questa categoria fanno la differenza.
Mettendo insieme le due rose, secondo lei oggi in che posizione di classifica sarebbero?
Non so se sarebbero primi, è difficile, il San Nicolò ha qualcosa in più ma molto probabilmente se la giocherebbero con l’Avezzano per il secondo posto. Quando devi vincere non si può lasciare nulla al caso, anche a livello societario. Tu sei Vasto e devi vincere dentro e fuori perché se le cose vanno bene si ricrea anche un po’ di entusiasmo. Anche se poi in D iniziano i problemi perché costa molto, soprattutto vincere. Se invece ti vuoi salvare ce la puoi fare. Con la nuova regola della C unica ci provano tutti a vincere la D perché i contributi fanno gola.
Un’altra realtà che segue è quella del Real Tigre.
E’ un progetto simpatico, Antonio Liberatore, di cui sono amico, è coinvolgente, è stato bravo, sta dando anima e corpo e vuole dimostrare che il calcio si può anche fare così. Si allenano bene e stanno facendo un campionato tranquillo, nonostante in molti siano al debutto in Promozione, a parte Lupo e Luongo. I ragazzi lo seguono, è un bel gruppo e gli vanno fatti i complimenti, la Promozione per lui è un livello ottimo, più si sale più diventa difficile. Ormai deve arrivare minimo ai play off, anche se per superare il gap ci vogliono anche altri fattori, oltre ad un anno di assestamento per capire la categoria. Stare da soli non è facile, all’inizio c’è entusiasmo, poi diventa dura. Ha anticipato i tempi, nel calcio i soldi stanno finendo, si sta movendo con anticipo come faranno altre squadre in futuro e ha un ampio bacino, quello del Vastese, dal quale attingere.
A Termoli come sta andando?
Siamo reduci dalla partita di Macerata dove abbiamo pareggiato ma subito anche tre espulsioni, stiamo pagando con le squalifiche che ci stanno condizionando, abbiamo una rosa ristretta, quando ci mancano 3-4 elementi facciamo fatica. Ora abbiamo tutti scontri diretti e dobbiamo cercare di fare un bel filotto di vittorie per raggiungere il nostro obiettivo che è quello della promozione. L’anno scorso siamo arrivati secondi, nella storia del Termoli è il risultato più prestigioso, ora ci riproviamo, siamo lì nelle prime posizioni, abbiamo un calendario più agevole e con la squadra al completo, senza infortuni e squalifiche siamo competitivi, anche se l’Ancona è una corazzata, non c’entra niente con questo campionato.
All’inizio da vastese come è andata in una piazza storicamente rivale?
C’era un po’ di scetticismo, poi hanno imparato a conoscermi, sanno come sono fatto, mi piace darmi da fare, lavorare, anche se non frequento molto Termoli. La piazza ormai si è abituata bene vuole solo vincere e fa piacere, la squadra è seguitissima e ha dei tifosi che ci sono sempre dappertutto, fanno pressione e contestano, quest’anno è già accaduto tre volte, ma è meglio che sia così, le piazze morte non sono stimolanti. Al presidente non si può dire nulla, è un uomo che ha grande passione, ha voglia di fare calcio, è ambizioso e nonostante sia da poco nel calcio sta ottenendo risultati importanti.
Ha fatto scelte coraggiose mandando via l’allenatore Trillini nonostante una vittoria per 3-0 sul quotato Giulianova.
Sì, all’inizio eravamo partiti per mantenere la categoria, poi quando il presidente ha detto che voleva vincere il campionato ho scelto un’altra guida tecnica. Anche dopo una vittoria era giusto cambiare.
Una cosa che non le piace del mondo del calcio?
Che manca la meritocrazia, un sacco di allenatori vengono scelti perché portano sponsor, è la cosa peggiore. La meritocrazia dovrebbe essere al primo posto, bisognerebbe valutare quello che uno ha fatto in carriera. Oggi se sei amico del presidente o di uno che conta fai il direttore. C’è ogni tanto qualcuno che si alza la mattina e diventa direttore sportivo di colpo. Purtroppo se ne accorgono solo dopo, quando le società falliscono, ma in quel caso la colpa è del dirigente che affida loro questo incarico. Ognuno deve fare il proprio mestiere, io non so fare il giornalista o altro, mi occupo solo di ciò che so fare e quello che non so fare lo lascio fare a chi ha le competenze. Questo è un mondo dove mi assumo tutte le responsabilità, voglio che non ci metta bocca nessuno e così deve essere, senza guardare in faccia nessuno o gli amici degli amici.
E’ pentito di qualche scelta che hai fatto?
Uno che opera sicuramente qualche errore lo fa, solo chi non agisce non sbaglia, è normale, però ho cercato sempre di fare bene, in buona fede, pensando di fare il meglio, senza farmi condizionare da nessuno, poi ci vuole anche quel pizzico di fortuna nel calcio, però per come sta andando questo sport attualmente sei molto legato all’aspetto economico, il budget è sempre limitato e per ottenere risultati importanti devi inventarti qualcosa con ciò che hai, cercando di fare meno danni possibili. Rifarei anche l’esperienza dello scorso anno a Vasto.
C’è qualcuno che l’ha delusa in questi anni?
Il presidente dell’Isernia, nonostante gli avessi dato tutto e fatto ciò che si doveva fare mi ha deluso come persona, si è rivelato poca cosa, nonostante io mi sia comportato sempre bene. Prima del calcio ci sono le persone, uno deve prima valutare e giudicare le persone, è l’aspetto principale.
Quali progetti ha per il futuro?
Andare in progetto importante, serio. Ci vuole anche fortuna, è difficile perché sono un cane sciolto, non mi sono legato a nessuno, chi mi prende sa che lavoro in una determinata maniera. Mi danno un budget e faccio ciò che ritengo sia opportuno, mi picare fare le cose fatte bene, sono ambizioso, voglio fare risultato, quando perdo non sto bene, mi condiziona l’umore. Non è un lavoro che faccio giusto per passare il tempo, né lo faccio per i soldi, voglio dare soddisfazione ai tifosi e alla società.
Che consigli vuole dare ad un dirigente che inizia nel calcio?
E’ un mondo difficile, fatto di esperienza, io lo faccio da 15 anni, ho iniziato a 33 anni, i procuratori che manovrano il calcio sono quelli della seria A che operano anche nelle categorie minori, sono sempre i soliti. E’ un lavoro frutto di esperienza, si devono commettere meno errori possibili. Uno che inizia adesso non può avere le conoscenze necessarie, come io non ho le conoscenze di chi lo fa da 40 anni. Bisogna avere molta pazienza, serve anche fortuna, è un mondo di sciacalli, di gente che approfitta, bisogna barcamenarsi bene senza prender fregature e operare con la massima lealtà, se lo sei non hai paura di niente e nessuno ti può rinfacciare nulla. Se vedi ora fanno tutti i contratti fino a dicembre nel calcio con il budget limitato e se le cose non vanno non sei vincolato tutta la stagione. Sono stato uno dei primi a farlo. Uno cerca di studiare le cose per migliorarsi e vagliare, uno si deve ingegnare, soprattutto in tempi di crisi come l’attuale.