Domenica all’Aragona due squadre di Vasto si affronteranno nello stesso campionato, al livello più alto, per la quarta volta nella storia. I precedenti, oltre all’andata quando tra Vasto Marina e Vastese fini 1-1, risalgono alla stagione 1987/88 tra Vastese e Fc Vasto. In tre appuntamenti abbiamo conosciuto alcune delle storie che si incroceranno in questa partita e i protagonisti di una sfida che continua a far discutere, soprattutto per la sua utilità, ma che tutti vogliono vincere.
Dopo la meglio gioventù vastese, con Alessio D’Adamo e Cristian Stivaletta e amici contro, con gli argentini Veron e Torres, è il turno dei due capitani.
3. O capitano! Mio capitano! Silverio Benedetto, difensore centrale, è il capitano del Vasto Marina da questa stagione, è nato il 27 maggio del 1984 a Montenero di Bisaccia, con la squadra del suo paese ha giocato in D, poi è passato al Venafro, sempre in D, Turris Santa Croce e San Salvo.
Giuseppe Soria, quasi 250 gol in carriera, guida la Vastese, è nato l’11 marzo 1978 a Vasto. Cresciuto nel vivaio biancorosso dopo il fallimento è passato al Termoli, poi Castel Di Sangro in B, C1 e C2 con parentesi a Siena e Pesaro, Forlì e Bojano in D, fino a 28 anni quando aveva deciso di smettere per un lavoro che offriva maggiori garanzie. In seguito il ritorno in Eccellenza ad Atessa, in D e in C con la Pro Vasto e a seguire Sulmona, Vasto Marina e Vastese.
I due capitani, che hanno indossato la fascia in precedenza in altre squadre, Soria pure nella Nazionale di beach soccer, non hanno mai giocato insieme, si affronteranno per la terza volta. Vastese-Vasto Marina sarà anche la loro sfida.
Qual è il tuo soprannome?
Benedetto: Non ne ho.
Soria: A me ne hanno dato uno che è ormai è diventato una moda: lupo. Fu Pino Di Meo, mi chiamò il lupo di Campobasso, perché quando sono arrivato ero barbuto con il capello lungo, uscivo sempre con il cane, il mister l’ho conosciuto passeggiando con il cane. Un giorno Nicola Della Penna ha preso il gagliardetto del Campobasso, che ha un lupo sopra, lo ha messo al mio posto e da allora sono diventato lupo. In un anno e mezzo non mi ha mai chiamato con il mio nome, solo lupo. Avantaggiato, Benedetti e i ragazzi che c’erano all’epoca mi chiamano ancora così.
Quando hai iniziato a giocare e dove?
Benedetto: A Montenero di Bisaccia, il mio paese, sono entrato nella Juniores e ho iniziato così, poi sono passato a Petacciato dove ho esordito in Eccellenza molisana a 17 anni.
Soria: Nel vivaio della Vastese, poi a 15 anni quando è fallita sono andato a Termoli in Interregionale fino a 18 anni.
Che ricordo hai della prima volta che vi siete incontrati?
Benedetto: Era Venafro-Val Di Sangro in Serie D, lui era reduce da qualche infortunio, prima della partita ci eravamo informati, dovevamo stare attenti a Peppe Soria. Si vedeva che era un bravo ragazzo, quando incontri persone socievoli che ti danno subito la parola e scambi due chiacchiere è piacevole stare insieme, mi sono trovato bene.
Soria: In quella partita ricordo che non lo conoscevo ma gli parlavo in continuazione e ridevamo come due matti, non ricordo per il motivo, stavamo prendendo in giro qualcuno che era scivolato o forse perché ero solo in avanti e mi avevano detto di stare fermo, oppure stavamo sfottendo Irmici, c’era anche lui. A pelle mi fu subito simpatico, durante le partite non so perché, divento amico dei centrali difensivi, sono i miei più cari amici nel calcio, eppure non li affronto giocando esterno.
Che rapporto avete fuori dal campo?
Benedetto: Ultimamente ci stiamo conoscendo di più, ci vediamo spesso e parliamo perché ci accomuna il fatto che andiamo a prendere i nostri compagni di squadra in stazione, lui Irmici, io Stango che arrivano con lo stesso treno e li accompagniamo all’allenamento, ci vediamo più in stazione che altrove.
Soria: Non ci si frequenta, ma ormai in stazione ci vediamo tutti i giorni e prendiamo in giro quei due che andiamo a prendere.
Che giocatore sei?
Benedetto: Mi risulta difficile descrivermi, preferisco lo facciano gli altri. Cerco di dare sempre il massimo.
Soria: Un giocatore normalissimo che prende tutto con serietà, ma anche con un po’ di allegria perché è comunque un gioco, anche se per me è diventato un lavoro, ne sono felice, ma deve esserci sempre quel pizzico di leggerezza e battute che ti fanno sorridere. Questo sono io, serietà con un po’ di allegria.
Che giocatore è il tuo avversario?
Benedetto: Di cosa stiamo parlando? Di uno che ha già fatto tanto calcio ad alti livelli, è un peccato vederlo qui anche se si è fatto “vecchiotto” (ride), ma può dire la sua in ogni campionato ed è un elemento prezioso e fondamentale per ogni squadra in cui gioca.
Soria: A me piacciono quelli come lui, con lui e Spagnuolo centrali, a destra Giuliano e a sinistra Irmici, io stare davanti con la sigaretta tranquillo, senza offendere gli altri, ma sarebbe una grande difesa. Silverio è uno che dà sicurezza, si vede, è il capitano che si fa sentire in mezzo al campo, quello che non sono io, lui è di carattere, io parlo poco in campo con i compagni.
Un tuo punto di forza?
Benedetto: Ad avercene, se ne avessi forse oggi mi troverei più in alto. Penso la posizione.
Soria: Se sposto la palla riesco a non farmi più prendere.
Quale sua caratteristica vorresti avere?
Benedetto: La sua rapidità.
Soria: La forza tattica che scendendo di categoria mi crea problemi, a livello di posizione lui è molto bravo.
Perché è difficile marcarlo o essere marcato da lui?
Benedetto: Perché abbiamo due caratteristiche diverse, se lui se ne va in velocità per me diventa difficile. All’andata abbiamo fatto uno scatto dopo cinque minuti di gara, siamo caduti entrambi, io non arrivavo, facevo fatica, mi sono dovuto arrangiare con le mani, con i piedi e mi sono salvato con un mezzo sgambetto. Quando trovo difficoltà nella velocità devo trovare qualche escamotage.
Soria: Per ruoli lui non mi viene a marcare, incontro più i terzini, io ho paura delle sue botte e della sua fisicità.
Che qualità deve avere un capitano?
Benedetto: Deve saper gestire il gruppo e in uno spogliatoio è difficile farlo con tante teste, ognuno dice la sua e adesso non è più come prima, i giovani non sai mai come prenderli, con la regola del fuoriquota che prima non c’era, devono giocare per forza e ti servono, ma a loro piace divertirsi e uscire, sono più viziati. Tu invece cerchi di fare il professionista e il sabato non esci, sai che loro invece tornano alle 3 di notte. E’ dura perché poi le critiche le prendi sempre tu che sei il capitano, è una posizione complicata, ma si cerca di fare il meglio cercando la collaborazione del compagno che comprende e aiuta.
Soria: La gestione del gruppo è molto difficile, soprattutto quella dei più giovani. Tu devi capire tutti ma gli altri non capiscono te. Per me il calcio è lavoro e non stacco, baso tutto su quello. Io arrivo al campo alle 14.05 e il ragazzino alle 14.50, questo non lo accetto. Perdiamo e rifletto sulla sconfitta, anche se non mi arrabbio, loro pensano a dove andare a mangiare la sera. Io ho una famiglia, forse l’unico della squadra che ha due figli, non ho bisogno di essere controllato e non ne avrei bisogno nemmeno senza, ma loro chissà cosa fanno. Io mangio pasta in bianco ma non mangiamo insieme, non so nemmeno se curano l’alimentazione. Devi dare l’esempio su tutto, anche su come ti allacci le scarpe, perché rappresenti loro in campo e fuori. E’ dura, anche perchè adesso per i ragazzi allenarsi con la prima squadra è un impiccio, ai miei tempi, quando ho fatto la prima panchina in C2 a 15 anni ero eccitato.
Il capitano al quale sei rimasto più legato?
Benedetto: Santino Minisi, abbiamo giocato insieme a Montenero, veniva dalla C, era il secondo anno che giocavo avevo 18 anni. Eravamo i centrali di difesa, ho appreso tanto da lui, per me è stato un esempio che ho seguito sempre, incontralo è stata una fortuna.
Soria: Ne ho avuti tanti, se ne devo dire uno è Giorgio Ventrella, sono cresciuto con lui e l’ho sempre chiamato capitano, per me è l’emblema del capitano anche se ha smesso troppo presto con il calcio che conta.
L’avversario che ti ha messo più in difficoltà da quando giochi?
Benedetto: Ce ne sono stati diversi, anche perché alcune volte becchi la giornata no e può capitare. Lo scorso anno a San Salvo contro Scandurra del Sulmona sono andato in difficoltà nonostante stesse per finire 0-0.
Soria: Sono sincero, non ricordo un episodio di particolare difficoltà, se sono in giornata no mi ferma anche mio figlio, ma se azzecco il primo pallone mi gaso ed è tutto più facile.
La piazza alla quale sei più legato oltre all’attuale?
Benedetto: Montenero, è casa mia.
Soria: Atessa, mi hanno fatto sentire importante cosa che per me è fondamentale e penso di aver ricambiato, in tre anni ho fatto circa 80 gol.
Cosa non sopporti del calcio?
Benedetto: Il business, molti ci marciano, non è il calcio che si giocava prima, ma ciò che odio di più sono i genitori sulle tribune, anche ai pulcini, che si lamentano e insultano dando un pessimo esempio per i bambini.
Soria: I genitori che criticano e insultano, tutti pensano a fare soldi con i propri figli, lo inculcano nelle loro menti e cambiano atteggiamento. Prima si giocava nel quartiere, la passione nasceva da lì. Io giocavo sotto al garage, ora i quartieri non esistono più, si pensa alla playstation e ai telefonini.
La partita che non dimenticherai mai?
Benedetto: Per me sono tutte uguali, nel senso che devo dare il massimo in tutte, sempre. Ricordo un Montenero-Turris e ho realizzato una doppietta e a un difensore non capita tutti i giorni.
Soria: Quella di Tolentino, mi sono sentito un eroe. Da vastese quello è il ricordo più bello che ho.
Il coro o lo striscione più bello che ti hanno dedicato?
Benedetto: Il difensore rispetto all’attaccante che segna in questo è penalizzato, qualche coretto me l’hanno fatto ma quando sono in mezzo al campo non ci penso molto.
Soria: Soria-Avantaggiato successo assicurato. Anche ad Atessa facevano un tifo bellissimo per me e li ringrazierò sempre.
Una cosa che non avresti dovuto fare o della quale ti sei pentito.
Benedetto: Di cavolate se ne fanno, capitano, come i litigi. Una volta eravamo in vantaggio 1-0, avevo segnato, la tribuna mi dava contro, ho preso una bottiglietta e l’ho lanciata verso gli spalti, manco a farlo apposta ho preso in pieno il commissario degli arbitri e mi hanno dato tre giornate di squalifica.
Soria: Non abbiamo tempo per dirle tutte. Ero permaloso e questo in C mi creava problemi, durava poco, ma avevo atteggiamenti e risposte che a 22-23 anni fanno male, lo capisci solo dopo. Gesti eclatanti non ne ho mai fatti, tipo risse o cose del genere.
L’allenatore con cui ti sei trovato meglio?
Benedetto: Ce ne sono stati diversi, di carattere non sono un ribelle sono andato d’accordo con tutti, ma dico Precali.
Soria: Pino Di Meo, mi ha fatto sentire importante. Ho avuto ottimissimi rapporti con tutti i miei allenatori forse tranne che con uno.
Chi è il tuo più grande tifoso?
Benedetto: La mia ragazza Antonella.
Soria: Sicuramente i miei figli Nicholas e Vanessa, loro sono i miei primi tifosi.
Se non avessi giocato a calcio cosa avresti fatto?
Benedetto: A 17 anni volevo abbandonare, poi c’è stato un allenatore che ha creduto in me e mi ha fatto cambiare idea. Forse mi sarei dato al tennis visto che mi piace, mi appassionano gli sport individuali.
Soria: Sicuramente un altro sport perché ero da sempre portato per correre, fino a 17 anni facevo e gare nazionali di 400 metri.
Chi è il tuo idolo calcistico?
Benedetto: Non ne ho, non sono un tifoso accanito, mi piace seguire il calcio per divertirmi.
Soria: Sono cresciuto con il sogno di conoscere Gigi Lentini e ho avuto la fortuna di giocarci contro in amichevole con la Nazionale under 18, ma subito dopo ha smesso. Poi giocando in Eccellenza mi piaceva immaginarmi come Shevchenko e mi sono innamorato di lui, non era una punta, scappava come un matto da tutte le parti.
Per quale squadra fai il tifo?
Benedetto: Simpatizzo Inter, ma mi piace anche la Fiorentina
Soria: Milan, a casa mia è obbligatorio.
Cosa hai pensato la prima volta che sei entrato all’Aragona?
Benedetto: Che era enorme, un campo di grandi dimensioni, si fa fatica. Quando qualche anno fa il manto erboso era tenuto in maniera spettacolare era uno dei migliori della zona.
Soria: Sono cresciuto dietro l’Aragona, c’era un campo di terra dove si faceva riscaldamento, poi ci hanno costruito la tribuna, mi ci portava mio padre a conoscere i giocatori. Il mio sogno era quello di scavalcare di notte di nascosto con gli amici e giocare alla tedesca la sera. Volevo segnare e giocare lì. Ad un vastese potrebbe creare problemi, invece mi esalta, i campi grandi mi piacciono.
Chi è il più forte del Vasto Marina?
Benedetto: Nando Giuliano
Soria: Nando Giuliano, ci ho giocato insieme per cinque anni in tutte le categorie, ha qualcosa in più da mettere a disposizione del Vasto Marina.
Chi è il più forte della Vastese?
Benedetto: Soria, oltre ad essere il più rappresentativo ha fatto le categorie che contano.
Soria: Avantaggiato, l’ho conosciuto come fuoriquota, è un fenomeno, ha le capacità per fare bene ma non le ha ancora dimostrate tutte, è veramente forte
Il più promettente dei giovani che giocano con te.
Benedetto: Non me ne vogliano gli altri ma Stivaletta ha delle qualità immense, gli manca quella personalità per sfondare definitivamente, ha modo e tempo per migliorare sotto questo aspetto, ha tecnica, colpo di testa, dribbling, per me ha tutto, è fortissimo, ha bisogno di qualcuno che lo spinga più in alto.
Soria: Te ne dico uno che è simpaticissimo ed è pazzo come me alla sua età: Cialdini, ha delle qualità ma deve migliorare negli atteggiamenti, me lo coccolo perché so che può arrivare. Gli altri ragazzi hanno tanto da lavorare, hanno delle ottime basi, ma dipenderà da loro.
Il più simpatico dei tuoi compagni di squadra?
Benedetto: Siamo un bel gruppo, siamo affiatati, ognuno ha la caratteristica per divertire, non ce n’è uno in particolare.
Soria: Ce ne sono 5-6, uno dei più casinari sono io, poi ci sono Irmici, Cialdini, Battista, Triglione, li devo tenere a bada, c’è sempre tanta allegria.
Che partita sarà Vastese-Vasto Marina?
Benedetto: Spero per prima cosa di divertirmi, il calcio è divertimento e passione e al di là del risultato spero che non succeda nulla fuori, come all’andata che ci fu qualche problema a causa di quel gesto sbagliato di Consolazio dopo il gol.
Soria: Per me non è un derby, da quando sono nato, da vastese, il mio derby è contro il Chieti. Questa è una gara come le altre, possono starci tutti e tre i risultati. Loro si sono molto rinforzati, all’andata erano più deboli, ma noi non eravamo in un buon momento. Spero che ci sia un po’ più di gente, vorrei tanto che quelle chiacchiere che si fanno in giro le portassero dentro lo stadio, sugli spalti.
Cosa farete prima del calcio d’inizio?
Benedetto: Qualche battuta perché ci conosciamo tutti ed è per questo che penso che sarà una partita corretta.
Soria: Qualche risata su questa intervista. La maggior parte sono tutti bravi ragazzi, non c’è uno che è antipatico.
Chi vincerà e perché?
Benedetto: Spero noi perché abbiamo passato un inizio difficile, ci siamo rinforzati, sono arrivati nuovi giocatori, la squadra è diversa ed è migliorata e a noi servono per forza i tre punti perché vogliamo provare ad arrivare alla salvezza diretta senza passare per i play out.
Soria: Spero noi perché ci servono per superare i 40 punti, è il nostro primo obiettivo, facciamo un passo alla volta, si era partiti con obiettivi diversi, ora sappiamo qual è la nostra situazione e siamo anche più consapevoli dei nostri mezzi. Poi il resto sarà un piacere conquistarlo.
Cosa fai se segni?
Benedetto: Farò ciò che ho sempre fatto, esulterò come se fosse un gol normale, sperando che sia quello dei tre punti che sarebbe ancora meglio.
Soria: Faccio quello che faccio sempre quando segno, non esulto, quindi non mi cambia niente. Non riesco a godermelo, non lo esprimo.
Cosa accadrà dopo il fischio finale?
Benedetto: Spero che ci ritroveremo tutti al bar per fare il terzo tempo con una birra. A Pineto quest’anno a fine partita ci hanno fatto trovare pizze e bibite, non lo dimenticherò mai, il calcio dovrebbe essere anche questo.
Soria: Sarà il momento buono per Stango e Irmici per pagare finalmente a me e Benedetto il passaggio che ogni giorno sfruttano dalla stazione ai campi.
Conosci questa categoria, mettendo insieme Vastese e Vasto Marina in un’unica squadra, oggi in che posizione di classifica sareste?
Benedetto: A giocarcela tranquillamente lì davanti con il San Nicolò, non ho dubbi.
Soria: Primi, senza il minimo dubbio.
Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?
Benedetto: Non farò l’allenatore non fa parte di me, la trovo una posizione abbastanza scomoda, mi potrebbe facilmente partire la testa, allora meglio lasciar perdere. Forese potrei fare il dirigente.
Soria: Non so se lavorerò nel calcio, mi vedo bene nel beach soccer, ma non è semplice. Spero ancora di poter entrare in Federazione.
Hai qualche rimpianto?
Benedetto: No, ho sbagliato, ma è stato comunque un momento di crescita. Sono felice di tutto quello che ho fatto nel mio piccolo.
Soria: Quello che sbagliando ho seminato ho raccolto, forse una parola di meno mi avrebbe fatto fare una carriera leggermente superiore ma l’ho capito dopo. A Pesaro ho buttato via una scrivania con un buon contratto in mano e mi sono ritrovato dalla C1 senza contratto, sono dovuto tornare in Interregionale. Ero istintivo, non mi riuscivo a controllare, quello che penso lo dovevo dire e spesso mi ha limitato, ancora oggi è così. Quel gesto però non lo rifarei.
A chi vuoi dire grazie?
Benedetto: Sono contento che tutto ciò che ho fatto è partito da me senza chiedere aiuto a nessuno e non l’ho voluto. I miei genitori si sono separati, è stata la mia fortuna per un certo verso, così mi seguiva solo uno dei due, quando ti stanno troppo dietro un ragazzino non riesce a fare nulla. Da piccolo sono riuscito a fare tutto quello che ho fatto.
Soria: Ad una persona che mi sopporta da 20 anni, mia moglie Claudia, avevamo 16 anni quando ci siamo messi insieme. Lei con me ha vissuto tutto, il bene e il male. Nei periodi bui è l’unica che mi fa ragionare, va nel giusto, è obiettiva, è la mia forza e il mio sostegno.