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in Cupello, Sport
16 Gennaio 2014
16 Gennaio 2014
Emanuele FiorebyEmanuele Fiore

Porfirio: Cupello-Casalbordino un derby dai tanti “incroci”

l’allenatore dei rossoblu è uno dei pionieri del calcio a 5 nel vastese

giampaolo porfirio 014 q

Il derby Virtus Cupello-Casalbordino è il piatto forte della 2ª giornata di ritorno del campionato di C1 di calcio a 5. Una sfida che vale più dei tre punti in palio tra due formazioni con diversi obiettivi di classifica e tanti incroci che affondano le radici nel tempo, ad iniziare dai due allenatori in panchina. Su quella casalese c’è Alfredo Lanza, che scenderà anche in campo, mentre su quella rossoblu del Cupello siede Giampaolo Porfirio. Due uomini di grande esperienza e punti di riferimento per il movimento del futsal nel Vastese.

Che derby sarà?
Noi veniamo da una sconfitta, ma siamo una squadra che in casa vale molto di più. Sarà un derby sentito, forse da Lanza un po’ meno perchè ha avuto tante esperienze di alto livello. Ma io sono un veterano di queste categorie. Credo che dei 24 in distinta, tranne i ragazzi del Casalbordino, li ho allenati tutti. E credo che, se sono ancora in campo, qualcosina la debbano anche a me. A noi servono i punti, per evitare di essere risucchiati verso le zone basse della classifica. Ma spero che sia una partita in cui la “battaglia” sportiva si esaurisca al fischio finale. Sarà una partita strana, non c’è pronostico che tenga. 

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Il Casalbordino si presenterà in ottima forma, voi avete qualche problema di organico.
Non so se rientrerà Alessio Perazzoli. Sabato l’ho provato due minuti ma non era pronto. Si sta allenando, non credo che partirà dall’inizio ma spero possa darci una mano. Cocchini, invece, ha problemi con il lavoro e non sappiamo se ci sarà. Con la rosa al completo e in forma potremmo essere da playoff, ma abbiamo perso anche qualche giocatore nel mercato. 

Alfredo LanzaNelle due formazioni ci sono tanti giocatori che hanno vissuto da protagonisti le gloriose imprese della San Gabriele, culminate con i due campionati di serie B.
Credo che l’anno migliore resta quello in cui vincemmo la C1. Io allenavo e c’erano Marco Mileno e Perazzoli. L’anno successivo, in B, Mileno andò via, mentre quello successivo io lasciai la panchina ad Alfredo Lanza e aiutai Luigi Celenza con la juniores. C’erano Fortunato, che in D non giocava tanto, ma poi migliorò e trovò molto spazio, D’Alonzo, Fabio Conti, che era uno dei giocatori di punta all’epoca. Nel nostro girone di serie C abbiamo anche Gallucci (oggi con l’Atessa) e Simigliani che oggi allena il Real Guardiagrele. Devo dire che gli anni migliori del calcio a 5 vastese li abbiamo fatti noi. 

Quell’esperienza durò poco. Come mai?
Fino alla serie C ci aiutavano i Gabrielini. Salendo di categoria potemmo andare avanti grazie a Valerio Laccetti, che era il main sponsor. C’era un buon settore giovanile, che ha sfornato i vari Mileno, Paris, D’Amelio, D’Ercole. Ma il calcio a 5 non interessava alla città. Nel primo anno di B eravamo l’unica realtà regionale, ma non ci fu interesse. Il calcio a 5 non “tira” abbiamo subìto le difficoltà che ad esempio vive la pallamano oggi. E quando venne meno la forza economica di Laccetti ci furono retrocessioni una dopo l’altra.

Tranne qualche annata buona con la juniores non si è mai riusciti a creare un vero settore giovanile, mentre nel calcio a 11 proliferano le scuole.
Ci abbiamo provato noi portando ragazzi che non provenivano dal calcio. Ma, da quando nei campionati anche di basso livello è entrata la regola dei fuori quota, ai ragazzi conviene andare a giocare a 11 e prendere 50 euro a partita. Il calcio a 5 viene ancora considerato come lo sport da praticare con gli amici o quello da fare a 40 anni quando hai smesso col calcio. 

Però qualche ragazzo che ha iniziato col calcio a 5 ed è andato avanti c’è. Penso a Sante Mileno che oggi gioca a Cupello.
Sono mosche bianche. Io alleno anche i primi calci della Pgs e, parlando con i ragazzi, capisco come vedono il calcio a 5 ancora lontano dal contesto agonistico. Il movimento in Italia si è sviluppato in maniera “strana”. Il primo campionato fu nell’83/84. A portare lo sport nel nostro Paese fu il tennista Nicola Pietrangeli. Lo avevano visto in Brasile e dopo gli allenamenti di tennis giocavano a calcetto. Infatti i primi campionati li vinsero tutti le squadre romane. Io partecipai al primo campionato con il Teramo, dove studiavo all’Università, nel 1987 (giocava come portiere, ndr). Tutte le squadre erano nella Marsica, che aveva ricevuto l’influenza di Roma. Solo dopo si espanse in tutta la regione.

Avere una nazionale con tutti i giocatori stranieri naturalizzati quanto influisce?
E’ un grande problema. Già nei campionati di serie B c’è l’obbligo per le società di avere l’under 21. Ma quei ragazzi poi come faranno a puntare alla nazionale? Non ci potranno mai arrivare, perchè anche il più scarso dei brasiliani è più forte di un italiano. E per naturalizzare ci vuole poco, un nonno o un avo italiano si trovano. In nazionale è rimasto solo Mammarella, il portiere abruzzese, perchè è stratosferico. Hanno fatto questa scelta per vincere, perchè con gli italiani non sarebbe mai stato possibile, ma queste sono le conseguenze. 

Quando la San Gabriele era in B ha giocato contro tante squadre pugliesi. Perchè lì riescono ad avere tante formazioni ad alti livelli?
Perchè per loro anche un campionato nazionale è regionale. Noi, con Vasto, dovevamo arrivare molto a sud, ma loro, con tante squadre, hanno spostamenti ridotti, scendono i costi. E poi non hanno la concorrenza del calcio, tranne qualche eccezione. Nelle città grandi c’è il calcio, in quelle medio-piccole il calcio a 5. Hanno anche pubblico, perchè è ovvio che vedere in campo giocatori stranieri è più spettacolare. 

L’anno prossimo anche per la serie C ci sarà l’obbligo del settore giovanile. Come siete organizzati?
Per come stanno ora le cose Cupello rischia di sparire. Oggi siamo affiliati alla Virtus Cupello ed è Luigi Meninni che, con passione e sacrifici, porta avanti tutto. L’anno prossimo diventa un problema perchè, oltre ad avere i ragazzi nelle giovanili, devi avere chi li allena, li segue, li porta a giocare. Mancano le risorse umane per gestire un settore giovanile. 

In una zona con tre “colonne” del calcio a 5 come te, Lanza e Mileno, come mai non si è riusciti a dare continuità al movimento?
Intanto devo dire che, anche se abbiamo la stessa età, io mi sento un loro “figlio”, calcisticamente parlando. E’ assurdo che non ci siano tanti giocatori. Noi ci abbiamo provato, ma non è stato possibile andare oltre. Non ci sono imprenditori che investono in questa disciplina. E’ un peccato, perchè in pochi anni si può arrivare ai massimi livelli. Basta guardare cosa ha fatto l’Acqua e Sapone Montesilvano. Persero la finale promozione con noi per 4-0- Noi eravamo più forti, ma destinati a fare la fine che abbiamo fatto. Loro, invece, già proiettati verso la serie A in maniera convincente. E infatti sono ancora lì.

Qual è il giocatore più forte che hai allenato?
Ti direi Marco Mileno e Alfredo Lanza, ma non li ho mai allenati (anche se con Mileno c’è stato un incrocio alla San Gabriele,ndr). Ce ne sono molti. Alessio Perazzoli, arrivato in A col Cus Chieti, Carlo D’Amelio, che cedemmo alla Ponzio Pescara. E, come portiere, Settimio Gallucci.

Come si può dare un futuro al calcio a 5 nel territorio?
Il futuro potrebbe essere quello di creare un’unica realtà, attorno ad una struttura come potrebbe essere la palestra di Cupello, e creare un movimento solido. Un altro problema è anche legato ai ragazzi che scelgono di studiare e sono costretti ad andare fuori, lasciando lo sport. Oggi Casalbordino mi sembra una realtà davvero seria, con un settore giovanile che va. L’unica pecca è la struttura (la palestra del commerciale, ndr).

Un ultimo pensiero sul derby. All’andata, finita 7-5 per il Casalbordino, non è mancata la tensione tra le vostre formazioni. Come andranno le cose sabato?
A me piacer vincere, ci mancherebbe, e mi piace anche che si giochi una partita maschia. In campo ci si batte con agonismo. Nessuno vuole perdere, soprattutto in un derby in cui ci sono sfide nella sfida tra giocatori che si conoscono bene. Però io ripeto sempre che bisogna giocare con correttezza. Mi arrabbio con i miei giocatori se stanno lì a chiedere i cartellini all’arbitro o non si comportano nel modo corretto. Noi siamo una squadra più anarchica, loro sono meglio organizzati, si allenano bene. Vediamo come andrà a finire e annuncio da ora che dopo ci sarà un terzo tempo nella nostra sede, a cui invitiamo anche loro, a prescindere da quello che sarà il risultato. 

di Giuseppe Ritucci
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