Dopo l’incontro in cui l’assessore regionale Mauro Febbo e il presidente Fabrizio Marchetti hanno fatto il punto della situazione sul Consorzio di Bonifica Sud arriva una dura nota di Rifondazione Comunista San Salvo, con una chiara presa di posizione: “Si paghino gli stipendi ai dipendenti e si chiuda il Consorzio”.
Donatello D’Alberto, responsabile del Prc sansalvese, spiega che “i servizi che l’Ente dovrebbe erogare nei territori di competenza continuano ad essere discontinui e poco efficaci: strade dissestate che ricordano un percorso di guerra, canali di scolo ormai colmi di terriccio, erbacce e spazzature che persone incivili, impunemente, continuano a spargere in contrade abbandonate a se stesse, scarpate ed aree di risulta con anni e anni di degrado e una vegetazione selvaggia che cresce in maniera incontrollata, mancanza di erogazione dell’acqua, essenziale non solo per l’irrigazione estiva, ma anche per la gestione quotidiana dei trattamenti alle varie colture”.
Da Rifondazione una sottolineatura sul carico fiscale che oggi grava sulle spalle di agricoltori e piccole imprese agricole che “pagano puntualmente per la gestione della bonifica che il Consorzio dovrebbe effettuare, continuano a pagare tasse su tasse,a cui nel 2012 s’è aggiunta anche l’ IMU sulle case rurali e sulle masserie”.
Per D’Alberto la soluzione da attuare è l’abolizione del Consorzio, considerato “un insignificante carrozzone politico clientelare, al servizio esclusivo di managers, che hanno attinto per anni a questo pozzo di San Patrizio, senza farsi carico delle esigenze dei propri dipendenti e dei propri contribuenti”. La prima iniziativa forte da mettere in atto è lo sciopero fiscale, “non pagando più la quota annuale, anche in solidarietà ai lavoratori del Consorzio”.
Un appello viene rivolto anche alle associazioni sindacali e di categoria (oggi fuori dal consiglio del Consorzio in attesa di nuove elezioni dei delegati), “affinchè prendano una posizione netta e chiara sulla questione” e ai movimenti ambientalisti, a cui viene denunciato “lo scempio in cui si trova il nostro territorio, non più tutelato sotto ogni aspetto (come evidenziato dalle foto inviate)”.
Ma il dibattito, secondo D’Alberto, va ampliato, coinvolgendo i Comuni in una riflessione sull’agricoltura. “Non si può affrontare un discorso sull’agricoltura soltanto inventandosi denominazioni amene come città del carciofo, città della pesca, etc. Essenziale è, soprattutto, recepire le esigenze di una categoria che fa parte integrante e sostanziale del nostro sistema economico territoriale, una categoria che ha trasformato paesi rurali in vere e proprie cittadine, nonostante una crisi del settore che si protrae dagli anni ’80 e che si fa sempre più pesante, anche a causa dei continui disservizi e sprechi”.