Aveva calcato già il parquet del PalaBCC durante le finali nazionali under 17. Ora il palazzetto di via dei Conti Ricci è diventato la sua nuova casa. Federico Durini, classe 1993, è arrivato ques’estate da Lecce fortemente voluto da coach Di Salvatore. E’ il più giovane della squadra biancorossa (fatti salvo i ragazzi del settore giovanile) ma sta già dimostrando di avere le carte in regola per diventare uno dei punti di riferimento della BCC Vasto Basket.
C’è un clima molto positivo attorno alla squadra. Domenica scorsa contro il Fondi è stata partita dura più di quello che si pensava?
Loro erano una squadra da non sottovalutare perchè hanno il quintetto composto da giocatori forti e si è visto in partita. Aiutavi su uno e faceva canestro l’altro e viceversa. Poi noi all’inizio abbiamo avuto delle percentuali non troppo alte al tiro. Abbiamo sbagliato dei canestri anche facili, ma può anche starci in una partita. Con squadre tipo Fondi se la porti alla lunga diventa difficile conquistare la vittoria, perchè loro prendono coraggio, tu ti demoralizzi un po’ perchè vedi che le cose non vanno bene ed è normale che diventa tutto più complicato. Poi abbiamo fatto quel parziale importante a metà dell’ultimo quarto e loro non si sono più rialzati.
Hai sempre mostrato una forte personalità e ora stai crescendo nella fiducia, di pari passo sale anche il minutaggio in partita.
Molto è dovuto al cambio di allenatore, ognuno pretende da un giocatore qualcosa di diverso. Magari uno ti può chiedere di fare 30 punti ed un altro invece vuole 30 assist a partita. L’anno scorso a Monteroni sono partito come secondo cambio con il compito di entrare portare quel cambio di ritmo per far aumentare la velocità di gioco della squadra. Poi le cose sono cambiate, in seguito ad alcune vicende societarie sono diventato primo play. Quest’anno all’inizio dovevo capire cosa volesse Di Salvatore da me, perchè c’è davanti ho Dipierro, che in campo porta tanta esperienza e io dovevo cercare di capire quale fosse il mio ruolo all’interno della squadra. La fiducia da parte di Sandro c’è sempre stata, così come pure di Luigi Cicchini, sempre prodigo di consigli. Alla fine ho visto che la squadra ha iniziato ad affidarsi anche a me, quindi è naturale che sia cresciuta anche l’autostima.
Osservandoti nei primi allenamenti sembravi uno molto innamorato della palla, a volte troppo egoista in campo. Col passare delle sfide si vede come riesci a capire qual è la cosa giusta da fare. A cosa è dovuto questo cambio di atteggiamento?
Fino a quando ho giocato in formazioni under ero quello che doveva fare più punti e più cose rispetto agli altri. Il passaggio tra giocare solo in under e in una squadra senior si sente perchè ci sono persone più grandi, che hanno esperienza e responsabilità, quindi tu devi fare solo quello che serve alla squadra. All’arrivo qui a Vasto magari tenevo un po’ più la palla perchè in un certo senso volevo far capire agli altri che nel momento in cui ci fosse stato bisogno di me avrei potuto dare una mano. Il ruolo del play è quello di gestire la squadra, scandire i ritmi, fare quello che serve alla squadra, cercando di trovare le soluzioni giuste per affrontare le formazioni avversarie.
Estremizzando le definizioni i playmaker possono essere divisi in due categorie: il folle come Pozzecco e il ragionatore come John Stockton. Tu come ti vedi?
Diciamo che la via di mezzo può esserci in una partita ma non in una situazione generale. Ad esempio in una partita sbagli per tre azioni consecutive e allora fai il ragioniere. Invece piazzi 2-3 canestri difficili e allora ti senti di poter fare tutto e magari inizi anche a fare qualcosa di folle. Non so ancora in cosa mi posso immedesimare. Certo, preferirei molto di più fare il pazzo, perchè le cose pazze alla fine risultano essere quelle vincenti, perchè se ci pensi troppo va a finire che la fai male.
Avevi già giocato con Serroni, qualcun’altro lo avevi incontrato come avversario. Come ti trovi con i compagni?
Mi trattano bene. Da più giovane del gruppo magari devi subire un po’ di più le arrabbiature, i rimproveri, ma anche i consigli. Poi, se dimostri di poter stare tanti minuti in campo, che tu abbia 15 anni o 40 il rispetto viene da tutti a prescindere. Il rapporto è ottimo con tutti.
Vasto ha acquisito il tuo cartellino, una scelta importante per la società ma anche per te.
Io credo molto nel basket a prescindere. Se non tenti di fare il massimo in qualche cosa non sai mai come andrà a finire. Io volevo provare a vivere pienamente questa esperienza del basket, anche dopo la convocazione di ques’estate con la nazionale under 20. E’ stato un segno importante che ha dimostrato che il lavoro fatto in questi anni ha dato i suoi frutti. Quindi perchè non provare a fare un’esperienza lontano da casa dedicando ogni energia al basket? Qui posso allenarmi bene, tutti i giorni, ho più responsabilità e riesco a focalizzarmi sull’obiettivo. Vasto mi ha offerto un buon posto, una squadra buona. Conoscevo già la città per esserci stato durante le finali nazionali under 17 e sapevo che di tutte le offerte quella di Vasto era la migliore.
Hai dei tuoi obiettivi personali legati al basket?
So bene che di solo basket non si vive finchè non arrivi ad un livello che ti permette di avere un certo stipendio. Mi sono posto di arrivare entro un limite di età, diciamo 27-28 anni, ad un livello il più alto possibile. Non so se ne sarò in grado, ma se non ti poni un obiettivo non sai mai quanto dover lavorare. Nel momento in cui ci arrivo ben venga, perchè vorrà dire che il lavoro ha fruttato, altrimenti alternerò il basket al lavoro. Da “grande” voglio fare l’assicuratore come mio padre, quindi inizierò a studiare e iniziare a lavorare. Vedremo. Per ora penso a fare un buon campionato con la BCC Vasto Basket e chissà che le serie superiori non arrivino proprio con questa squadra!
Come ti trovi nella nuova città?
Vasto mi piace. E’ molto caratteristica, con un bel centro storico, c’è anche qualche analogia con Lecce. Ho trovato un bell’ambiente. Non trovo particolari differenze se non il fatto che qui non ci sono gli amici, la mia ragazza, la famiglia.
Per la prima volta i trovi a gestire dei forti rapporti personali a distanza. Com’è questa esperienza?
Un po’ mi pesa. Però sai che ci sono a prescindere, arrivi alla sera a casa e ti chiama prima uno, poi l’altro. Sapere che una volta al mese la mia ragazza sale a vedere la partita con i miei o magari quando si gioca e il sabato riesco a scendere a casa aiuta a sopportare meglio la lontanza. E’ normale che manchi la quotidianità dei rapporti, però se vuoi vivere un sogno devi anche rinunciare a qualcosa.
Domenica ci sarà la sfida in casa della Stella Azzurra, squadra molto giovane, una società tra le migliori in Italia per settore giovanile. Loro corrono tanto, hanno molto entusiasmo. Che partita sarà?
Ci ho giocato molte volte da avversario nelle giovanili. La loro caratteristica principale è quella di essere un gruppo, nessuno vuole fare 30 punti, vogliono farne tutti 10 ma difendono e corrono tanto. Giocano sempre di squadra, un gruppo unito e ognuno gioca per l’altro. Ci sono molto ragazzi usciti dalla Stella Azzurra che oggi giocano in A1 e A2, l’allenatore è uno dei migliori che c’è in tutta Italia. Sarà difficile anche perchè a casa loro è molto complicato vincere, lì hanno sempre un po’ di energia in più. Ma se noi riusciamo a fare quello che sappiamo potremo portare a casa i due punti. Dobbiamo essere bravi a difendere, limitare quei giocatori che sanno tirare meglio da fuori ed evitare i ragazzi che si buttano dentro con facilità.
Che effetto fa trovarsi in questa posizione di classifica?
Beh, i piani alti fanno sempre piacere. Anche perchè contro tutte le aspettative ora sei lì, vincendo partite difficili. Più vinci e più hai morale e voglia di vincerne altre. Se continuiamo su questa strada, allenandoci e giocando forte possiamo arrivare sempre più in alto.