Ha suscitato profondo cordoglio in città la scomparsa di Domenico Pollutri. Ieri, nel corso del funerale celebrato da don Stellerino D’Anniballe nella chiesa di Sant’Antonio, il fratello Giuseppe F. Pollutri ha voluto ricordarlo con un semplice e toccante discorso di commemorazione. Alla moglie Memena, alla figlia Viviana, al fratello e alla sorella, sentite condoglianze da parte della nostra redazione.
“Se a voltarmi più non ti vedo / chi di noi due manca?”
“Così s’interroga, in una sua breve scrittura, intitolata “Finale”, il poeta Alfonso Gatto. Confesso che nel leggere tali versi, a fronte della costante seppur sofferta tenacia messa in atto da mio fratello nel tentativo di contrastare, se non debellare, per un anno e più, un male per sua specie ‘incurabile’, ho pensato che nel momento del suo doloroso trapasso, per debolezza di spirito, di fiducia o per altro…, potessi essere io a “mancare” a lui, in presenza e provvido sostegno… Ma non è questo che qui occorre dire…
Per tornare ai versi sopra citati, e in certo modo superando la visione, concettualmente problematica e umanamente labile, suggerita dal poeta dinanzi al momento antinomico morte-vita, e al non sempre facile rapporto noi-e-gli altri, a me pare di certo che se Mimmo potesse ancora …“voltarsi indietro”, da dove ci ha preceduto, perché Dio – e diciamo pure il “Padre nostro”, per usare una espressione cara a Benedetto XVI – così ha voluto, vedrebbe che qui alcuno di noi “manca” nell’accompagno e nel rendergli l’estremo omaggio; constaterebbe che quelli che lo hanno amato, frequentato o soltanto occasionalmente conosciuto, pur nella sua indole schiva e schietta, brusca talora, volta a dissimulare la sua sostanziale bontà ed affettuosità, tutti lo terranno a lungo in mente, e magari o certamente in cuore.
Nel suo … “povero arredo di morto che ci imbianca” (per far mie e nostre ancora le parole del poeta), oggi e poi domani, lontani che pur ci porteremo dalla sua voce, dal suo mite e sempre scherzoso sguardo, e dire non meno, c’è la certezza – io credo – che l’umanità sia degna di essere e di perpetuarsi, laddove nei singoli individui si manifesti la capacità di vivere in comunione con gli altri, quale famiglia e, più in genere, come Comunità, di affetti, più che di mutui interessi soltanto materiali.
E dunque: Mimmo, fratello mio, affinché non ci si debba sentire orfani ancor di più, come la tua morte individualmente mi rende, e soli: Resta ancora spiritualmente fra noi, col tuo viso e nel tuo sorriso. Nella vita che ci sarà data nel tempo a venire, l’averti avuto accanto, in famiglia o quale compagno e amico, nel lavoro o in un convivio, sia nel ricordarti un leggero, scanzonato persino, quanto confortevole pensiero.
Qui e ora, il nostro profondo e unanime cordoglio sia di consolazione e sollievo a chi più di altri, per autentico sentimento d’amore e di stima, lo ha voluto come suo sposo per la vita, e poi quotidianamente affiancato, sostenuto, e da ultimo assistito e infaticabilmente curato, secondo cristiana e convinta promessa matrimoniale.
Assieme a Mimmo, qui presente in spirito e ben vivo ancora nelle nostre anime, noi tutti ti abbracciamo Memena, e con te – nel suo ricordo e per il suo desiderio quotidiano e poi estremo – la vostra amata figlia, Viviana”.
Giuseppe F. Pollutri