Sono un ragazzo del Vastese. Leggendo i vostri articoli ho notato un certo malumore per il programma del Vasto film festival. Per questo ho scritto un breve articolo sulla mia esperienza che è stata decisamente positiva, cercando di invitare la cittadinanza, in una prossima occasione, ad una risposta priva di pregiudizi.
Resoconto personale del Vasto film festival
Lo scritto che vi apprestate a leggere descrive la mia personale esperienza al Vasto film festival, come spettatore ed in piccolo “evangelizzatore” dell’evento. Mi sono sentito in dovere di esprimere un’opinione che vada al di là delle critiche rivolte all’organizzazione ed in generale al programma offerto. Siamo stati abituati ad un festival di livello che ha accolto negli anni personalità di spicco del cinema, non solo italiano, ed impreziosito da numerose anteprime e film di blasone. Quest’anno l’hanno definito come “festival del cambiamento”.
Non c’è dubbio che sia stato un “cambiamento” improvviso e radicale e dall’esterno sono venuto a conoscenza dei fattori che hanno contribuito e quasi “costretto” alla metamorfosi. Partecipando ai seminari in sede biblioteca Mattioli (di cui parlerò più tardi) ho conosciuto il professore/scrittore/critico Nicola Ranieri. La storia è questa: assieme al suo editore ha sfruttato la rinomanza della rassegna per proporre la presentazione del suo libro su Michelangelo Antonioni.
A questo punto, il Comune o quale altro ente istituzionale non saprei, ha lasciato nelle loro mani l’organizzazione del festival a meno di una settimana dall’inizio. Questa è la causa principale dei ritardi organizzativi. Ovviamente il budget è stato di gran lunga inferiore alle edizioni precedenti (non faccio cifre ma è meno della metà), il che non ha permesso la presenza di attori o registi dalla richiesta monetaria ingente. Per cui, il miracolo compiuto dall’organizzazione è una dimostrazione di dedizione completa alla causa. Lo staff, infatti, vanta al suo interno assoluti conoscitori ed interpreti del cinema come Vittorio Giacci, direttore di una scuola a contatto con cinecittà; Paolo Micalizzi, famoso critico cinematografico; lo stesso Nicola Ranieri.
Uomini di una straordinaria sapienza filmica che tra miriadi di avversità sono riusciti a presentare un festival alternativo non mancando di presenze fondamentali nella storia del cinema (Anna Pavignano e Sebastiano Filocamo hanno partecipato a film candidati all’Oscar, Ferrara è un regista apprezzatissimo del cinema storico, tra i tanti). A mio avviso, il più grande errore riguarda la mancata inclusione dei seminari nel programma (intendo quello direttamente stampato sui volantini, anche se non ricordo ci fossero eventi simili nelle precedenti manifestazioni) poiché sono stati momenti di condivisione che in un certo qual modo mi hanno preparato alla visione dei film serali.
In questo modo il primo giorno grazie a Nicola Ranieri ho conosciuto i legami tra il libro e la sua realizzazione filmica; il secondo ho ricevuto un corso accelerato di alfabetizzazione contro la visione dello spettatore medio tramite l’incredibile conoscenza di Vittorio Giacci; il terzo ho ascoltato i segreti del cinema di Ferrara e come gran finale nell’ultimo giorno Anna Pavignano ci ha minuziosamente spiegato la stesura di una sceneggiatura, le sue varie tipologie e la sua esperienza personale con Massimo Troisi. Il tutto condito da conversazioni formali sulla storia del cinema, i film di Antonioni, Kubrick ed il NeoRealismo.
Presenza media tre spettatori, anzi il primo giorno ero io l’unico presente. Il messaggio quindi non è giunto a destinazione, vuoi la pubblicità esigua, vuoi le difficoltà, vuoi soprattutto la mancata risposta di Vasto. Non sempre leggere nomi meno blasonati è sinonimo di fallimento, nonostante tutto ho scoperto il cinema di Dionisio che ha affrontato un tema arduo come l’immigrazione in forma di documentario/monologo come ho visto fare da nessuno, per citare un esempio.
Concludo dicendo che il festival non è da inabissare ma da valorizzare, con risorse, pubblicità e risposta del pubblico. Per il raggiungimento dell’obiettivo si necessita di tutti i fattori: interesse del comune, dedizione ed appartenenza alla causa, risposta della cittadinanza lontana dai pregiudizi. In questo modo ho tratto dal festival grandi insegnamenti e comincio a vedere film in un’ottica diversa e più convincente.
Alessandro Leone