E’ il “menestrello” che per quasi 90 anni ha cantato la vita di una città e della sua gente. Gaetano Ciancio, “Ballareine“, è uno di quei personaggi con cui resteresti a chiacchierare per ore certo di non annoiarti mai. Credo possano essere ben pochi i vastesi che non l’hanno sentito mai cantare con passione le strofe che parlano della terra in cui è nato e vissuto. Oggi, che ha 94 anni, conserva una lucidità straordinaria, che gli permette di ricordare ogni episodio che ha caratterizzato la sua vita. Quando lo chiamo per incontrarlo mi dice solo “va bene, ma dovete venire a casa mia perchè io non posso uscire più di tanto”. E così Costanzo ed io andiamo a trovarlo nella sua casa nel cuore della città antica. La prima cosa che mi colpisce sono gli sportelli della credenza ricoperti di una marea di foto d’epoca. Ci sono i suoi parenti, e non posso non soffermarmi con affetto davanti alla foto di sua sorella, l’indimenticata signorina Livia, che ho avuto come direttrice dell’asilo ormai molti anni fa. Per farci raccontare qualcosa andiamo in terrazzo, dove al sole Gaetano si lascia andare al fiume dei ricordi. E scopriamo che la sua prima esibizione fu “quando avevo 5 anni e 3 mesi.
Noi eravamo una famiglia di canterini, così don Florindo Ritucci Chinni, che aveva allestito una sorta di operetta, fece partecipare me e mio fratello Alfonso. Ero lì sul palco e dovevo cantare, ma ero davvero piccolo così mi sentivo in soggezione”. Poi il coraggio arrivò, grazie anche ad uno schiaffone del fratello. E Gaetano, ancora oggi, ricorda quei versi e ce li canta:”Anche a noi Vergin Maria, offri in dono i tuoi favori, guida e illumina la via a questa santa povertà”. La sua voce non ha un minimo di esitazione, ed è perfettamente intonato. Prosegue poi a raccontarci di questa sua prima performance. “Io cantavo piangendo, perchè avevo timore di quello che facevo. Quando ho finito di cantare mi hanno portato in giro per tutto San Filippo Neri, una specie di Circolo, dove si faceva il teatrino (all’angolo di palazzo d’Avalos). Da quel momento ho cantato sempre, era la natura ad avermi dato quel dono. A scuola ho avuto anche la grandezza degli amici: eravamo in 4, Filippo Marinucci, Carlo Galante, Nino Rucci (nipote di don Romeo) ed io. Cantavamo insieme, io ero il portante del gruppo, eravamo veramente affiatati. Ho iniziato a cantare e ho cantato sempre”.
Nel suo racconto ci sono emozioni genuine, che vengono fuori dal cuore anche con le parole del dialetto vastese. Quella stessa lingua da lui utilizzata per tante canzoni, ad esempio la sua preferita, “Cicirinelle“, di don Florindo Ritucci Chinni. E così imbraccia la fida chitarra e ci fa sentire qualche strofa della canzone popolare vastese. “Io ho avuto sempre l’intenzione di prendere i nostri autori, vastesi e abruzzesi. Ce n’era da poter prendere. Ma ora è la salute che non c’è. La voce non manca, ma le gambe non mi reggono”, mi confida con grande rammarico.
Il ghiaccio è sciolto, e per Gaetano cantare è una cosa talmente naturale che se gli faccio una domanda lui mi risponde in musica. Scopriamo che nella sua vita, oltre ad essere cantore di brani legati alla tradizione è stato anche un grande esecutore di serenate. Era lui che andava, insieme allo sposo, a cantare sotto il balcone della promessa sposa alla vigilia del matrimonio. Quella che ricorda con più affetto è certamente la serenata portata alla moglie. Riparte il canto: “Amor di donna, sei tu l’amore, ho dato un fiore alla Madonna… fior di Madonna, è bello assai, aver quel sogno aver la donna e non lasciarla mai quando cantando vai. Sempre t’amerò non mi dir di no”.
Gli strappo un sorriso quando gli dico che lui è l’ultimo menestrello di questa città. “Devo dire grazie a Dio perchè alla mia età è già tanto. E’ una parola già poter pronunciare l’età”. Nato nel 1919 ha vissuto gli anni della guerra. Per Gaetano, “Caddane”, come dice lui, è come riaprire un altro cassetto dei ricordi. “Sono partito militare nel 1932, andando a Venezia. Da lì mi hanno mandato a Brindisi. In treno ho incontrato due chitarristi, quando io non sapevo ancora suonare la chitarra. Ma loro mi hanno sentito cantare e mi hanno detto di restare uniti quando saremmo arrivati a Brindisi. Arrivati alla base, era la Festa di Santa Barbara, ci fecero esibire. Cantai Vento, di Ferruccio Tagliavini e facemmo un figurone, tanto che il capo reparto mi diede 15 giorni di licenza”.
La sua voce diede una grande mano a Gaetano nel periodo del militare, in tempi di guerra.”Il maresciallo Luigi Ruta, dopo avermi sentito, mi volle portare con lui a Brindisi. Lì gestivo il bar e la cambusa. Ho fatto il maestro di sala nella base, anche quando vennero il re Vittorio Emanuele e la regina. Poi, nel 1944, quella che sarebbe diventata mia moglie mi mandò a chiamare. La sua famiglia non voleva farmela sposare perchè io ero un poverello. Ma alla fine rientrai per un anno a Punta Penna e poi mi sono congedato e sposato”.
In quegli anni era una città molto diversa da quella attuale. “Eravamo ancora in famiglia. Poi, piano piano, sono venute le persone da fuori, in particolare dalla montagna. Vasto è bella come aria, è bella come posizione, è bella come compagnia. E’ Terra d’eure”. In questi 89 anni ha cantato ovunque. Un ricordo speciale Gaetano ce l’ha per la “festa di Sant’Elena a Punta Penna. C’era la messa e poi si cantavano le canzoni popolari”.
Tra un racconto e l’altro è inevitabile l’intermezzo musicale. E’ un piacere ascoltarlo cantare, pensare che ha 94 anni e vedere con quale vitalità e passione interpreta i suoi brani, sempre con il suo sorriso. Ha uno scatto, quasi di rabbia, quando le dita ormai stanche e logorate dall’artrosi non “reggono” l’accordo sulla chitarra. Con un sorriso, forse di rassegnazione, sospira. “Le dita si sono ammorbidite”. Ma la voce no, quella resta inalterata, ha assunto un tono maturo ma è sempre piacevole da ascoltare. Sono in tanti, ancora oggi, a cercarlo per invitarlo a cantare in qualche occasione. “Se devo stare fuori o in piedi non ce la faccio più. Anche perchè la gente ti vuole vedere vivo, non morto”.
Prima di salutarci ci canta ancora qualcosa e poi scendiamo in stanza per lasciarlo riposare. Ancora una volta riguardiamo le foto in bianco e nero. Lo sguardo si posa su quella in cui è in divisa da marinaio. E’ stata scattata quasi 80 anni fa. Il viso di oggi è solcato dalle rughe, ma lo sguardo sereno resta lo stesso. Quello di un uomo che ha cantato una città e la sua gente.
Testo di Giuseppe Ritucci
Foto di Costanzo D’Angelo
Foto – Gaetano Ciancio – Ballareine
Foto di Costanzo D’Angelo