Nicola Notaro, il sindaco che negli anni 70 guardava al futuro
un'intervista del 2005 di paolo calvano
Nicola Notaro, negli anni 70, fu un sindaco capace di guardare lontano. Durante la sua amministrazione il progetto, redatto dall’architetto giapponese Kisho Kuwokawa, di realizzare la “grande città” Vasto-San Salvo, unendo tutto il comprensorio. In tempi in cui si parla di unione dei comuni, Costa teatina, leggere come 40 anni fa Notaro guardasse già in questa direzione la dice lunga sulla sua lungimiranza. Riportiamo questa intervista realizzata dal professor Paolo Calvano nel 2005 per il mensile Vasto Domani e pubblicata sul sito www.vastosansalvo.it e rilanciata dal blog NoiVastesi.
Il 30 Aprile del 1974 a Vasto viene presentato il progetto redatto da K. Kurokawa, sul Piano Intercomunale Vasto San Salvo. A più di 30 anni da questo tentativo di sprovincializzare la nostra zona, dotandola di un adeguato progetto urbanistico con possibili ricadute positive su tutto il comprensorio, chiediamo ad uno dei protagonisti di quegli anni, l’allora Sindaco Nicola Notaro: come era quest’idea e chi ne erano stati i sostenitori? Per parlare del piano intercomunale bisogna partire dagli anni ’50, dal progetto e dall’impegno che la classe politica della DC, guidata dal senatore Spataro, aveva messo in atto per far uscire Vasto, un piccolo centro del sud, arretrato e povero, da una situazione di grave isolamento e ritardo, segnata da un costante flusso migratorio e da una carenza sconfortante di possibilità di lavoro.
In quegli anni un gruppo di persone che venivano da una comune appartenenza alle file dell’Azione Cattolica, diventata scuola di vita, elaborava un percorso politico cementato dal sentimento di stima oltre che per Spataro anche per Silvio Ciccarone. Con gli anni ’60 iniziò lo sfruttamento dei pozzi petroliferi, la costruzione dell’autostrada Adriatica, il lancio del Consorzio di Bonifica e del Nucleo industriale di Vasto-SanSalvo, la ristrutturazione definitiva del porto di Vasto, tutto ad incremento dello sviluppo industriale e delle possibilità di lavoro in zona.
La collaborazione pluridecennale al locale Consorzio di Bonifica con l’avv. Ciccarone portò a progettare la fondovalle Trigno (in modo dissimile da come poi venne costruita su pressioni della Provincia e della Casa per il Mezzogiorno) per il collegarsi con la parte del Molise che fa naturalmente parte del comprensorio Vastese, e la fondovalle Sinello, nel tentativo di riunirsi con il Medio Sangro. Anche la costruzione della litoranea fino al ponte sul Trigno e poi lo spostamento della statale 16 sulla costa furono elementi che determinano il conseguente sviluppo del commercio e del turismo. Agli inizi degli anni ’70 Vasto (con 22 mila abitanti) e San Salvo (con oltre 10 mila) erano una realtà completamente diversa da quella del periodo post bellico. Proprio per questo si pensò ad un”area metropolitana”, che allora, stiamo parlando di 30 anni fa, poteva far diventare la nostra zona il 2° nucleo dell’Abruzzo, un polo di attrazione con una funzione turistico industriale di primo piano, come capoluogo di un comprensorio che, storicamente situato tra il Trigno ed il Sangro, poteva anche allargarsi verso sud a parte del Molise. Tutto questo all’interno dell’ipotesi di decentramento amministrativo e di riorganizzazione delle competenze territoriali delle regioni e delle province.
Ci parli di questo progetto Kurokawa: chi lo appoggiò e come mai non fu messo in atto? La S.I.V. aveva messo a disposizione 32 ettari di terreno nei pressi di colle Pizzuto e potevano essere il sito di una città del futuro, che facesse da punto di collegamento per tutto il vastese. Fu stabilito un accordo tra il comune di Vasto, da me presieduto dal 1973, e quello di San Salvo, allora guidato da Vitale Artese. I comuni limitrofi erano d’accordo sui termini del progetto e sarebbero intervenuti con deliberazioni assembleari di compartecipazione, in un secondo momento. Inoltre era già stata formalizzata anche l’adesione dei comuni localizzati sulla costa, da Campomarino a Torino di Sangro, a formare un consorzio Turistico che avrebbe fatto decollare anche da un punto di vista qualitativo l’offerta turistica.
Quando si cercò di passare all’attuazione del progetto, improvvisamente ci fu un’opposizione preconcetta ed insuperabili da parte di alcuni personaggi influenti di San Salvo che bloccarono l’iniziativa. Per dare un’idea della nostra consapevolezza della necessità di avviare il cambiamento e della capacità di progettare “in grande” si pensi che il Comune di Vasto, quando io ho assunto la carica di primo cittadino, aveva in organico 94 dipendenti ( di cui 64 erano realmente in servizio). In pochi anni i dipendenti passarono a 437 per permettere di affrontare le sfide del futuro in modo adeguato, per sostenere il compito qualificato che questo ente avrebbe dovuto gestire nel cambiamento.
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Questo incremento è stato possibile perché con un rischio calcolato (da alcuni definito pazzia) nei bilancio il mutuo a disavanzo richiesto al Ministero competente venne quasi decuplicato in soli due anni.
Come questa programmazione in grande, ormai residuo del passato può essere di monito e di sprone all’odierna attività dei politici nostrani?
C’è bisogno di programmazione, di politici che abbiano in mente un progetto globale, che non gestiscano l’immediato accontentandosi di piccoli interventi, ma sappiano guardare a Vasto come il naturale centro di un comprensorio che attende risposte e soluzioni, che vuole che tutti i piccoli paesi continuino a vivere. E’ fondamentale un continuo lavoro di raccordo, di ascolto, di scambio tra gli amministratori di tutti i comuni del comprensorio e della sponda molisana del Trigno: il futuro di Vasto e di San Salvo è tutto giocato in questa prospettiva. Se il Vastese continuerà a decadere, questa sarà la inevitabile fine anche di Vasto. Mi sembra, ed è un mio personale giudizio, che gli amministratori di San Salvo, rispetto a quelli di Vasto, forse siano più consapevoli di questa vitale necessità di collegamenti e di scambi.
Quali sono concretamente le piste su cui lavorare?
Mi sembra che la storia ci indichi quali siano le priorità da perseguire: convegni e progetti comuni con gli altri comuni del comprensorio; rilancio del porto di Vasto che in questo periodo è stato abbandonato al proprio destino; impegno per far terminare la diga di Chiauci iniziata da 30 anni e mai completata) che permetterebbe alla nostra zona di avere un serbatoio idrico fondamentale per l’agricoltura, completamento e ristrutturazione dei collegamenti viari con Molise, Campania ed il medio Sangro; costruzione di un piccolo aeroporto con ambito turistico commerciale, un consorzio turistico degno di questo nome per la valorizzazione del “golfo di Diomede”; la costruzione di un nuovo moderno ospedale, situato nell’agro settentrionale di Vasto e collegato con i nosocomi di Gissi ed Atessa, per indurre la parte nord del comprensorio a gravitare nuovamente sul capoluogo.
Nicola Notaro, il sindaco che negli anni 70 guardava al futuro
un'intervista del 2005 di paolo calvano
Nicola Notaro, negli anni 70, fu un sindaco capace di guardare lontano. Durante la sua amministrazione il progetto, redatto dall’architetto giapponese Kisho Kuwokawa, di realizzare la “grande città” Vasto-San Salvo, unendo tutto il comprensorio. In tempi in cui si parla di unione dei comuni, Costa teatina, leggere come 40 anni fa Notaro guardasse già in questa direzione la dice lunga sulla sua lungimiranza. Riportiamo questa intervista realizzata dal professor Paolo Calvano nel 2005 per il mensile Vasto Domani e pubblicata sul sito www.vastosansalvo.it e rilanciata dal blog NoiVastesi.
Il 30 Aprile del 1974 a Vasto viene presentato il progetto redatto da K. Kurokawa, sul Piano Intercomunale Vasto San Salvo. A più di 30 anni da questo tentativo di sprovincializzare la nostra zona, dotandola di un adeguato progetto urbanistico con possibili ricadute positive su tutto il comprensorio, chiediamo ad uno dei protagonisti di quegli anni, l’allora Sindaco Nicola Notaro: come era quest’idea e chi ne erano stati i sostenitori? Per parlare del piano intercomunale bisogna partire dagli anni ’50, dal progetto e dall’impegno che la classe politica della DC, guidata dal senatore Spataro, aveva messo in atto per far uscire Vasto, un piccolo centro del sud, arretrato e povero, da una situazione di grave isolamento e ritardo, segnata da un costante flusso migratorio e da una carenza sconfortante di possibilità di lavoro.
In quegli anni un gruppo di persone che venivano da una comune appartenenza alle file dell’Azione Cattolica, diventata scuola di vita, elaborava un percorso politico cementato dal sentimento di stima oltre che per Spataro anche per Silvio Ciccarone. Con gli anni ’60 iniziò lo sfruttamento dei pozzi petroliferi, la costruzione dell’autostrada Adriatica, il lancio del Consorzio di Bonifica e del Nucleo industriale di Vasto-SanSalvo, la ristrutturazione definitiva del porto di Vasto, tutto ad incremento dello sviluppo industriale e delle possibilità di lavoro in zona.
La collaborazione pluridecennale al locale Consorzio di Bonifica con l’avv. Ciccarone portò a progettare la fondovalle Trigno (in modo dissimile da come poi venne costruita su pressioni della Provincia e della Casa per il Mezzogiorno) per il collegarsi con la parte del Molise che fa naturalmente parte del comprensorio Vastese, e la fondovalle Sinello, nel tentativo di riunirsi con il Medio Sangro. Anche la costruzione della litoranea fino al ponte sul Trigno e poi lo spostamento della statale 16 sulla costa furono elementi che determinano il conseguente sviluppo del commercio e del turismo. Agli inizi degli anni ’70 Vasto (con 22 mila abitanti) e San Salvo (con oltre 10 mila) erano una realtà completamente diversa da quella del periodo post bellico. Proprio per questo si pensò ad un”area metropolitana”, che allora, stiamo parlando di 30 anni fa, poteva far diventare la nostra zona il 2° nucleo dell’Abruzzo, un polo di attrazione con una funzione turistico industriale di primo piano, come capoluogo di un comprensorio che, storicamente situato tra il Trigno ed il Sangro, poteva anche allargarsi verso sud a parte del Molise. Tutto questo all’interno dell’ipotesi di decentramento amministrativo e di riorganizzazione delle competenze territoriali delle regioni e delle province.
Ci parli di questo progetto Kurokawa: chi lo appoggiò e come mai non fu messo in atto? La S.I.V. aveva messo a disposizione 32 ettari di terreno nei pressi di colle Pizzuto e potevano essere il sito di una città del futuro, che facesse da punto di collegamento per tutto il vastese. Fu stabilito un accordo tra il comune di Vasto, da me presieduto dal 1973, e quello di San Salvo, allora guidato da Vitale Artese. I comuni limitrofi erano d’accordo sui termini del progetto e sarebbero intervenuti con deliberazioni assembleari di compartecipazione, in un secondo momento. Inoltre era già stata formalizzata anche l’adesione dei comuni localizzati sulla costa, da Campomarino a Torino di Sangro, a formare un consorzio Turistico che avrebbe fatto decollare anche da un punto di vista qualitativo l’offerta turistica.
Quando si cercò di passare all’attuazione del progetto, improvvisamente ci fu un’opposizione preconcetta ed insuperabili da parte di alcuni personaggi influenti di San Salvo che bloccarono l’iniziativa. Per dare un’idea della nostra consapevolezza della necessità di avviare il cambiamento e della capacità di progettare “in grande” si pensi che il Comune di Vasto, quando io ho assunto la carica di primo cittadino, aveva in organico 94 dipendenti ( di cui 64 erano realmente in servizio). In pochi anni i dipendenti passarono a 437 per permettere di affrontare le sfide del futuro in modo adeguato, per sostenere il compito qualificato che questo ente avrebbe dovuto gestire nel cambiamento.
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Questo incremento è stato possibile perché con un rischio calcolato (da alcuni definito pazzia) nei bilancio il mutuo a disavanzo richiesto al Ministero competente venne quasi decuplicato in soli due anni.
Come questa programmazione in grande, ormai residuo del passato può essere di monito e di sprone all’odierna attività dei politici nostrani?
C’è bisogno di programmazione, di politici che abbiano in mente un progetto globale, che non gestiscano l’immediato accontentandosi di piccoli interventi, ma sappiano guardare a Vasto come il naturale centro di un comprensorio che attende risposte e soluzioni, che vuole che tutti i piccoli paesi continuino a vivere. E’ fondamentale un continuo lavoro di raccordo, di ascolto, di scambio tra gli amministratori di tutti i comuni del comprensorio e della sponda molisana del Trigno: il futuro di Vasto e di San Salvo è tutto giocato in questa prospettiva. Se il Vastese continuerà a decadere, questa sarà la inevitabile fine anche di Vasto. Mi sembra, ed è un mio personale giudizio, che gli amministratori di San Salvo, rispetto a quelli di Vasto, forse siano più consapevoli di questa vitale necessità di collegamenti e di scambi.
Quali sono concretamente le piste su cui lavorare?
Mi sembra che la storia ci indichi quali siano le priorità da perseguire: convegni e progetti comuni con gli altri comuni del comprensorio; rilancio del porto di Vasto che in questo periodo è stato abbandonato al proprio destino; impegno per far terminare la diga di Chiauci iniziata da 30 anni e mai completata) che permetterebbe alla nostra zona di avere un serbatoio idrico fondamentale per l’agricoltura, completamento e ristrutturazione dei collegamenti viari con Molise, Campania ed il medio Sangro; costruzione di un piccolo aeroporto con ambito turistico commerciale, un consorzio turistico degno di questo nome per la valorizzazione del “golfo di Diomede”; la costruzione di un nuovo moderno ospedale, situato nell’agro settentrionale di Vasto e collegato con i nosocomi di Gissi ed Atessa, per indurre la parte nord del comprensorio a gravitare nuovamente sul capoluogo.