Si sono organizzati come meglio potevano, “Ma per noi è la prima volta, quindi abbiamo cercato di rimediare come meglio potevamo”. I lavoratori e le lavoratrici della Silda Invest di Gissi da ieri mattina sono in presidio permanente. Turni da 4 ore durante il giorno, da 6 durante le ore notturne. Sono lì per evitare che dall’azienda possano uscire scarpe e macchinari, cosa già tentata più volte durante la giornata di ieri, mentre loro facevano la fila per firmare le lettere di licenziamento. E’ cambiata la scritta sul capannone, da Golden Lady a Silda, ma la situazione è la stessa.
Questo presidio diventa così l’occasione per sciogliere le tensioni di tanti mesi di problemi e per cercare di guardare al futuro con un po’ di speranza. “Vogliamo sapere perchè il Ministero ha affidato la sorte di 380 operai a questi due signori (riferendosi ai proprietari di Silda e New Trade)”. Il Ministero dello Sviluppo economico è il nodo cruciale, perchè è lì che si sono svolte le trattative di riconversione. Ma, stando alla situazione attuale, sembrano essere state ben poche le attenzioni riservate all’operazione che si andava a fare. “Come prima cosa devono mandare via la Silda, subito. E poi vedere subito cosa fare”.
Con la notte che scende si cena con un panino, con un bicchiere di birra da condividere con chi è passato lì ad ascoltarli per dare voce alla loro protesta. C’è chi ripensa ai tempi della Golden Lady. “Non abbiamo mai avuto problemi. Il 10 venivamo pagati regolarmente, al massimo si poteva arrivare all’11-12, ma veniva affisso un messaggio in bacheca. Certo, poi ci hanno tradito andando via e lasciandoci in questa situazione”. Qui, nei tempi d’oro, si producevano 2,5 milioni di paia di calze a settimana, anche per ditte inglesi che “volevano solo le calze fatte qui a Gissi”. Ma poi, come per tante aziende che si fregiano del marchio made in Italy, è arrivata la delocalizzazione, con lo spostamento in Serbia. E per i lavoratori l’inizio di un lungo calvario.
Da lunedì andranno a iscriversi alle liste di mobilità, a seconda dell’età anagrafica hanno diritto ad un periodo tra 1 e 3 anni. “Perchè uno ce lo siamo giocati con la Silda. Ma vi rendete conto che noi siamo operai che hanno pagato per continuare a lavorare? E che fine hanno fatto i 10mila euro che la Golden ha versato alla Silda per riassumerci? Eravamo in 250 all’inizio, fate voi il conto”.
Si vedono sorrisi amari, di padri e madri di famiglia che sono qui a presidiare la loro fabbrica, per rivendicare il loro diritto al lavoro. “Da qui non esce niente, ci devono pagare fino all’ultimo euro. Ci era stato prospettato un progetto, cosa che il titolare ripeteva spesso. E noi ci abbiamo creduto, ma si è rivelato tutto un bluff”.
Il tempo passa lento, nel turno di “sorveglianza” dalle 18 a mezzanotte. Poi arriveranno gli altri colleghi a dare il cambio. Si guardano i fogli con i turni per i prossimi giorni e ci si chiede “fino a quando dovremo andare avanti?”. Per ingannare l’attesa non mancano qualche battuta e tante risate. Sono risate amare, di persone che vanno avanti in una ferma protesta, ma con grande dignità. “Nonostante il trattamento ricevuto ci siamo comportati bene fino alla fine. Abbiamo lavorato fin quando abbiamo dovuto, facendo anche più di quello che ci spettava, proprio perchè ci tenevamo ad avere un lavoro. Ma non siamo stati trattati allo stesso modo”.
Si va avanti anche oggi con il presidio del capannone, ancora oggi di proprietà di quella Golden Lady che aveva dato un futuro a queste persone e poi glielo ha tolto. “Non crediamo più a nessuno, è da un anno che sentiamo bugie“. Ora, dopo un anno con percorsi differenti, i lavoratori della ex Golden Lady sono tornati tutti sulla stessa barca. Quello che dovrà ricominciare è un nuovo percorso di riconversione, perchè quella decisa un anno fa è ampiamente fallita. Intanto continua il presidio ad oltranza. “Noi non ci arrendiamo“.