Ha guidato la squadra della Promo Tennis negli ottavi di finale del campionato di serie D1 contribuendo in maniera decisiva a battere il Silvi e ogni giorno è in campo per far crescere le nuove leve del tennis vastese. Nicola Troiano, 27 anni, talento della racchetta che nei tornei giovanili si è fatto apprezzare in ambito nazionale, oggi è istruttore di 2° livello della scuola vastese.
Quando hai iniziato a giocare a tennis?
Ho iniziato a 6 anni, perchè mio padre era un grande appassionato, tanto che a tre anni già mi aveva costruito una racchetta su misura. Con gli amici giocavo un po’ a tutto, calcio, basket, pallavolo, ma il tennis era lo sport che prendevo con più serietà. Anche in televisione guardavo più le partite di tennis che di calcio. Poi a 8 anni ho iniziato a fare i primi tornei, partendo dalle fasi provinciali fino ad arrivare a quelle regionali. A 8 anni mi facevano partecipare nelle categorie under 8 e under 10, per mettermi in competizione con quelli più grandi e vincevo anche con loro. Sono stato campione regionale in tutte le categorie fino all’under 16 e ho partecipato ai campionati italiani girando un po’ tutta l’Italia. Ero tra i primi 8 in Italia a livello under 14, poi però è iniziato un po’ il calo.
Eri così forte a livello giovanile ma poi hai lasciato per un pezzo. Cosa ti è mancato per fare il salto di qualità?
Il salto di qualità non c’è stato perchè sarei dovuto andare una realtà un po’ più ampia, più grande, con tanti giocatori bravi. Qui a Vasto prima non c’era una mentalità molto aperta. Se avevi la fortuna di trovare compagni di livello superiore crescevi, altrimenti restavi tu il più forte e non avevi nessuno che ti stimolasse nel miglioramento perchè dovevi trascinare gli altri piuttosto che essere trascinato, com’è normale che sia per un ragazzino.
Occasioni per andare fuori non ne hai avute?
Sì, ci sono state delle opportunità, ma avrebbero richiesto un investimento economico e quindi, per cause di forza maggiore, ho lasciato perdere. Ho provato ad andare a Lanciano e Pescara, ma non era certo quello che poteva farmi fare il vero salto di qualità. E poi i maestri erano concentrati principalmente sui loro ragazzi e poco su me che venivo da fuori. Così ho smesso di giocare.
Poi però il richiamo del tennis è stato più forte e hai ripreso la racchetta in mano.
A 20 anni però mi sono reso conto che non potevo buttare all’aria tutti i sacrifici che avevo fatto e così ho deciso di iscrivermi al corso per istruttore e ho iniziato ad allenare. Ho girato diversi circoli del territorio, anche per capire come si allena in altre realtà, per capire l’organizzazione. E quest’anno sono tornato qui alla Promo Tennis, anche perchè Pino D’Alessandro è stato il mio primo maestro. Vogliamo creare un movimento maggiore di quello attuale, anche un’eventuale accademia.
Dall’essere tornato in campo come istruttore a riprendere a giocare il passo è stato breve. Sei il punto di forza della formazione del Circolo che partecipa al campionato di D1.
Mi sono rimesso a giocare, anche se senza allenamento. Ma sapere che vengono a vedermi i ragazzi che alleno è certamente uno stimolo per impegnarmi e fare bene.
Quello che è mancato a te quando avevi la loro età come stai cercando di metterlo in pratica?
Sicuramente mettendoci tanto impegno in campo. Se tu come allenatore dai il massimo i ragazzi imparano e apprendono molto. Con loro tornano tutte le forze e le motivazioni che hai perso negli anni. Cerco, insieme allo staff, di fare un lavoro basato sulla continuità, sperando che i ragazzi proseguano in questo percorso.
Per un ragazzo che gioca a tennis essere da solo in campo a dover gestire mentalmente vittorie e sconfitte quanto è più difficile rispetto a chi pratica uno sport di squadra?
All’inizio può essere difficile questo approccio. Ma se i ragazzi, in fase di crescita vengono seguiti da noi maestri, che insegniamo la giusta mentalità, possono trarne beneficio anche nella vita. Imparano che non bisogna arrendersi perchè sei solo e se al primo problema ti arrendi è difficile continuare con una certa motivazione. Negli sport di squadra la sconfitta la dividi con tutta la squadra, mentre nel tennis sei solo in campo. Ecco perchè il ragazzo ha sempre bisogno della figura del maestro. E’ importante fargli capire che se si perde non è la fine del mondo perchè nella vita tu puoi vincere o perdere ma non è quello il problema principale. Dopo una sconfitta bisogna rimboccarsi le maniche e dare il massimo in ogni allenamento.