Lino Spadaccini, 44 anni, è uno dei più appassionati ricercatori storici della città. Da poco ha pubblicato il libro “La morte che viene dal cielo” (in vendita presso l’edicola Di Lanciano), che racconta un tragico episodio che ha segnato la storia di Vasto. L’11 maggio 1951 l’aereo pilotato dal vastese Franco Della Guardia cadde sul quartiere San Michele, provocando la morte di sei persone, oltre che del pilota stesso. Questo è solo uno dei tanti episodi a cui Spadaccini ha dedicato anni di ricerche, per raccogliere materiale e testimonianze per poi fissarne la memoria.
Come è iniziata questa tua esperienza nello studio della storia della città?
La passione nasce negli ultimi anni delle scuole superiori, quando ho avuto tra le mani alcuni documenti di Vasto. Da allora ho iniziato a vivere la città, ad amare la città, a studiarla. Incontrai Nicola D’Adamo, che era il direttore di Vasto Notizie. Fu molto gentile, mi portò nel garage dove c’erano i giornali dandomi la possibilità di portare via una copia di ogni numero, e così ho tutta la collezione di Vasto Notizie. Lo stesso avvenne con il professor Angelo Cianci. Anche lui mi diede l’opportunità di avere le copie di Vasto Domani. Da quei due incontri nacque la possibilità di iniziare a scrivere qualcosa. Ricordo il mio primo articolo: fu su Vasto Notizie e parlava del Palazzo Genova Rulli. Di Angelo Cianci ho un bel ricordo, era molto severo, preciso, quando gli portavi l’articolo lo rileggeva, faceva le correzioni. Lui è stato il primo a consigliarmi di per l’iscrizione all’Albo dei pubblicisti, cosa che non ho mai fatto.
Tutto quello che faccio è per passione, senza guadagnare neanche un centesimo. Da allora ho iniziato a scrivere un po’ di articoli. Ho iniziato a studiare ancora di più Vasto, a fotografarla, ed è inziata la ricerca dei documenti storici. Nel primo mercatino che si fece vicino a palazzo d’Avalos comprai dei documenti originali manoscritti dell’800. E tra quei manoscritti c’erano dei documenti autografi di Pietro Muzii. Così nacque la passione per quel personaggio, un sindaco molto amato dai suoi concittadini che fece tante cose buone per la città. All’inizio dovevo fare solo un articolo, poi consultando anche altro materiale nella biblioteca di casa Rossetti siamo arrivati a un libro.
Per le tue pubblicazioni ti muovi su tematiche specifiche.
E’ vero, c’è tanto materiale pubblicato e tanto ancora da pubblicare. Ma la mia più grande passione è Domenico Rossetti, fratello maggiore di Gabriele. E’ un personaggio misterioso, sconosciuto, nelle varie pubblicazioni c’è solo qualche riga che ne parla. E allora ho compiuto degli studi, sono stato due volte nella Biblioteca Palatina di Parma, dove ci sono dei documenti importanti, sono andato nell’Archivio di Stato di Lucca, dove ho trovato altra documentazione, poi all’Archiginnasio di Bologna. Così ho ricostruito una parte della sua storia. Oggi con il web è più semplice entrare negli archivi e trovare documenti. Ma questa vita di Rossetti, non vede mai la luce, un po’ perchè si accresce sempre di nuovi elementi e poi perchè una pubblicazione prevede alti costi. O trovi chi lo pubblica o degli sponsor. Così ho iniziato seguendo un’altra strada, pubblicando almeno una parte del materiale sul web. Domenico Rossetti è legato anche con la Francia, con una scoperta su una grotta. Per questo sono entrato in contatto con degli studiosi francesi, ci teniamo in aggiornamento, scambiandoci anche del materiale molto interessante.
La tua famiglia come vive questa tua passione, che ti porta ad occupare tempo e a fare dei viaggi per cercare il materiale in giro per l’Italia?
Non è che siano proprio contentissimi. Scrivere sul blog Noi Vastesi richiede il suo tempo, compresa la fase delle ricerche. Ma io cerco di trovare sempre cose nuove, che possano piacere e non piacere. Spesso arrivano dei riscontri, con email di persone che hanno letto un articolo e chiedono altre informazioni. Cerco comunque di non rubare troppo tempo alla famiglia anche se sono sempre alla ricerca di documenti, soprattutto di libri. Ho tantissimi libri antichi, che magari non sono nelle biblioteche, come delle prime edizioni di Gabriele Rossetti, ho un libro di Virgilio Caprioli del ‘600, e tanti altri.
La tua ultima fatica è il volume sulla sciagura aerea del 1951. Un episodio rimasto sempre un po’ nell’ombra, forse per non far riemergere tutto quel dolore. Tu come mai hai deciso di raccontare questa storia?
L’ho scritto anche sulla presentazione: da bambino mia madre mi portava davanti la tomba del pilota e il ricordo di questa lapide così particolare mi è sempre rimasto impresso. Per una serie di coincidenze mia madre e le due sorelle scamparono alla tragedia, ma ne ho sempre sentito parlare. Dal 1951 fino a 13 anni fa, quando ripresi in mano questa storia, nessuno aveva mai scritto un articolo. Sono andato da Silvio Petroro, che all’epoca si prodigo per aiutare le vittime della sciagura, per raccogliere la sua testimonianza. E così con Emilia Celenza, che ha perso la sorella e il padre, e così da altri testimoni diretti. Ho avuto modo di sapere come chi all’epoca era bambino, rimase scioccato per molto tempo. Bastava sentire un rumore di aereo per rivivere quei momenti. Dietro quella vicenda c’è molto dolore, ma le famiglie sono state disponibili a raccontare, anche se questo riportava fuori molta sofferenza.
Oltre al voler narrare un episodio storico c’è anche un altro motivo che ti ha spinto.
Esatto. A distanza di tanti anni non vedo perchè non si possa intitolare in città una strada alle vittime dell’11 maggio 1951. Credo che è il minimo che una città possa fare. Questo è uno degli eventi più tragici della storia di Vasto. Ci fu il naufragio del 1899, con una piccola lapide a Vasto Marina. Perchè non dare un segno?
Questo tuo impegno nel raccontare cosa è accaduto nel passato non può portare al rischio di restare ancorati ad una visione verso i tempi che furono e non riuscire ad andare avanti?
Negli annali di storia vastese ci sono tanti avvenimenti che hanno fatto grande la città. Penso al Carnevale, che ormai è scomparso, il festival della Canzone Abruzzese e Molisana, il festival delle Sirene. Parlare di questi avvenimenti del passato serve anche per aiutare la città, per fare qualcosa per il futuro. Riscoprire certe tradizioni passate potrebbe servire per riproporre, o per non far dimenticare una parte di storia vastese. Quest’anno abbiamo riparlato del Carnevale, un appuntamento che costava pochi soldi ma coinvolgeva tantissima gente. E’ vero che i soldi mancano, rispetto agli anni in cui c’era l’Azienda di Soggiorno e Turismo che aveva risorse a disposizione, però manca anche la volontà di fare certe cose. Quello che mi dispiace molto è che ogni anno ci sono delle ricorrenze particolari, in occasione di date significative per personaggi vastesi illustri e che potrebbero essere l’occasione per proporre una mostra, un semplice convegno, un altro appuntamento, per far vedere che la città non ha dimenticato questi personaggi.
Perchè non si riesce a creare un gruppo di studio comune, una sorta un centro studi vastese?
Un po’ manca una cosa del genere, anche se si è ricostruita la deputazione di Storia Patria vastese, per la seconda volta. Il problema più grande è che mancano le persone, sono in pochi a studiare davvero la storia della città. Io credo che Vasto a livello culturale sia molto povera. Se guardiamo Lanciano la situazione è molto diversa. Non c’è questo grande interesse, perchè magari anche l’amministrazione comunale non invoglia. Si potrebbero coinvolgere maggiormente le scuole, su personaggi, su spaccati di storia vastese. Non c’è la spinta. Non si fanno manifestazioni per commemorare i figli di Vasto. E’ un po’ un peccato. Quindi, nel mio piccolo, cerco di diffondere un po’ di storie vastesi.