Ore 13.40. A.R., il 35enne operaio vastese accusato di essere responsabile di ricatti a luci rosse, è stato condannato a 2 anni di reclusione, pena sospesa. L’accusa aveva chiesto per lui 4 anni. “E’ stata riconosciuta la lieve entità dei fatti” dicono gli avvocati Giovanni e Antonino Cerella, difensori dell’imputato.
L’attesa – Rinviato due settimane fa per la concomitanza con altri importanti procedimenti penali, va in aula oggi il processo ad A.R., il 35enne operaio vastese accusato di essere responsabile di ricatti a luci rosse. La difesa ha ottenuto il rito abbreviato, che si svolge in camera di consiglio e, dunque, a porte chiuse, senza sentire le imbarazzanti testimonianze delle donne che accusano l’indagato di aver commesso due violenze sessuali e una tentata estorsione. Al termine dell’udienza, il giudice del Tribunale di Vasto pronuncerà subito la sentenza. In caso di condanna, il giudizio abbreviato consente all’imputato di ottenere lo sconto di un terzo della pena.
Dal 28 novembre 2012 l’uomo è agli arresti domiciliari, ma ha ottenuto il permesso a recarsi al lavoro dalle 13.30 alle 22.30 nell’azienda della Val di Sangro di cui è dipendente.
Titolare delle indagini è il sostituto procuratore Giancarlo Ciani. Oggi in udienza l’accusa sarà sostenuta dal procuratore capo, Francesco Prete.
La difesa, rappresentata dall’avvocato Giovanni Cerella, ha chiesto il rito abbreviato condizionato all’esame dell’imputato, che dunque sarà interrogato oggi dal gup, Anna Rosa Capuozzo.
Le accuse sono pesanti: tentata estorsione, violenza sessuale e interferenze illecite nella vita privata. Quattro le vittime. Si costituiranno parte civile per poter chiedere, in caso di condanna dell’imputato, il risarcimento del danno. A rappresentare le parti lese saranno l’avvocato Alessandro Orlando di Vasto e lo studio legale De Vincentiis di Lanciano.
Le indagini – Secondo i carabinieri della Compagnia di Vasto e la Procura, il 35enne avrebbe adescato delle ragazze, invitandole nella sua casa, legandole al letto (la tecnica del bondage, il sesso estremo), registrando il tutto con una webcam piazzata su un tavolino. I filmati sarebbero poi stati usati dall’indagato come arma di ricatto per costringere le donne a tornare nella sua abitazione e ripetere gli atti sessuali. Quattro ragazze hanno raccontato agli investigatori di aver subito queste pressanti richieste. La denuncia è stata formalizzata da una ventitreenne di Lanciano.
“Erano consenzienti”, è stata la posizione che la difesa ha sostenuto fin dal giorno dell’arresto. Ma a favore dell’accusa ci sarebbero alcuni filmati a luci rosse.
La legatura – La legatura erotica è una forma di bondage giapponese, che si chiama shibari o kinbaku. In Italia la praticano centinaia di persone, che poi mettono in rete foto e filmati. Un mondo notturno su cui ha indagato di recente il giornalista Massimo Lugli, che lo ha descritto sulle colonne del quotidiano la Repubblica e nel libro Gioco perverso, a metà tra l’inchiesta e il romanzo. In alcuni casi, se spinta fino all’estremo, la legatura può essere molto pericolosa. Ha scioccato l’opinione pubblica la tragedia avvenuta a Roma nella notte tra il 9 e il 10 luglio 2011 quando, in un garage di via dei Settebagni, nei sotterranei del palazzo che ospita gli uffici dell’Agenzia delle entrate e dell’Enav, una ragazza di 23 anni è morta per asfissia e un’altra è finita in coma per alcuni giorni. Di quel gioco erotico sfociato terminato in disgrazia il Tribunale di Roma ha ritenuto colpevole un ingegnere di 44 anni, condannandolo a 4 anni e 8 mesi di carcere. Un caso limite finito su tutte le cronache nazionali ed estere.