Il primo ottobre sarà il giorno della sentenza. Verranno ascoltati gli ultimi 6 testimoni, tutti dell’accusa, e il perito della difesa, Ivan Melasecca. Poi il Tribunale collegiale di Vasto emetterà la sentenza del processo per l’aggressione che funestò la movida nella notte tra sabato 23 e domenica 24 maggio 2009. Un testimone, un poliziotto che quella notte ha redatto il verbale, è stato ascoltato nell’udienza di ieri. Nella prossima, quella decisiva, dovrà essere rinnovato il collegio giudicante, visto che uno dei magistrati, il molisano Giovanni Falcione, ha ottenuto il trasferimento a Campobasso.
Per l’episodio avvenuto quattro anni fa è accusato di tentato omicidio e lesioni un vastese, G.D., 19 anni all’epoca dei fatti. Le indagini, coordinate dal procuratore Francesco Prete, si erano concluse il 15 luglio di quell’anno. Erano state piazzate delle cimici attraverso cui la polizia aveva eseguito le intercettazioni ambientali.
Durante il processo il consulente tecnico d’ufficio nominato dal Tribunale, Cristian D’Ovidio, ha spiegato la pericolosità di uno dei colpi di cacciavite sferrati nell’episodio contestato.
Gli investigatori ricostruiscono i fatti – A ricostruire i fatti in una conferenza stampa erano stati i sostituti commissari Matteo Marzella e Rosetta Di Santo insieme all’ispettore capo Angelo Torzi.
“Nella notte tra sabato 23 e domenica 24 maggio – aveva dichiarato Di Santo – la volante del Commissariato è intervenuta in viale Dalmazia, a Vasto Marina, dove si è verificato l’episodio a seguito del quale 5 persone sono finite in ospedale: un italiano, 3 inglesi ed un rumeno. Un inglese aveva riportato lesioni gravi ed è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico eseguito dai medici dell’ospedale di Vasto”. La vittima lavorava insieme ai suoi connazionali in una ditta della zona. Sono due gli episodi su cui si concentrano le indagini: “A subire la prima aggressione è stato un italiano che stava litigando con la sorella”.
Il secondo episodio alle 2.30: “Gli stranieri – avevano raccontato Torzi e la Di Santo – avevano bevuto in un bar e chiesto l’arrivo di un taxi per tornare ai loro alloggi, ma sono stati aggrediti, rincorsi e colpiti più volte alle spalle. Le ferite sono state inferte con un cacciavite.
La difesa – L’accusa di omicidio viene respinta dalla difesa del ragazzo, che dopo un periodo trascorso in una struttura protetta di Carsoli è tornato libero. “I colpi di cacciavite non hanno lesionato gli organi vitali”, ha affermato l’avvocato Giovanni Cerella, che compone il collegio difensivo insieme alla sua collega Elisa Pastorelli. “Il tecnico inglese non è mai stato in pericolo di vita. Per questo, riteniamo che l’ipotesi di reato debba essere derubricata da omicidio a lesioni aggravate”.