Quando vince la Juventus a vincere non è soltanto una squadra di calcio, direbbe Camin, ma uno stile di vita che, al contrario di quanto continuano a ritenere in molti, non prevede il doppiopetto e la cravatta ma la cappa e la spada, l’abnegazione, la disciplina, l’essere guerrieri sempre, il non mollare mai. I padroni, i presidenti, i dirigenti, gli allenatori, i campioni passano ma questa squadra, questi colori, quest’anima non passano mai.
Evidentemente, esiste una matrice che si eredita nei comportamenti, in campo e fuori, nell’impegno quotidiano, nel sentirsi investiti da una missione che non è quella di partecipare, ma di vincere. E la Juve vince o torna a vincere, dopo un po’ di attesa. Non smarrisce la meta, la insegue caparbiamente e la raggiunge. Ora che non trovi più neppure un bambino che creda in una potenza calcistica in grado di orientare gli arbitri e le partite, resta il sentimento mai perduto di qualcosa che si rinnova, di un destino che riesce sempre a compiersi.
Vincere è il destino della Juventus, che non è soltanto una squadra di calcio, ma uno stile di vita. Lo sanno bene, anche se non lo ammetteranno mai, i tifosi delle altre squadre, speciali come Milan e Inter, un gradino sotto come Napoli e Roma, suggestive come Fiorentina e Udinese. Tutte concorrono allo spettacolo più bello d’Italia, il campionato che anno dopo anno informa le nostre domeniche di passione, ma una soltanto ha l’obbligo di vincere: è la Juventus. Tornando da Tokio, dopo la vittoria di una Coppa Intercontinentale, Umberto Agnelli chiese a Lippi: “Ma domenica vinciamo contro il Bologna?”. Vincere, vincere sempre. Altro non è contemplato. L’arbitro ha appena fischiato. Il cielo è di nuovo della Juventus, è di nuovo bianconero.
Davide D’Alessandro