Sarà la Corte costituzionale a decidere se è legittima la legge di riforma della geografia giudiziaria, che ordina la chiusura dei Tribunali minori, tra cui quello di Vasto. A luglio i giudici di Palazzo della Consulta dovranno stabilire se è contraria o no alla Costituzione la riforma Severino. Lo annuncia Salvatore Walter Pompeo, presidente del Coordinamento nazionale degli Ordini forensi minori, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale.
“Accogliendo l’istanza del Coordinamento Nazionale degli Ordini Forensi Minori – commenta Pompeo – la Corte costituzionale ha fissato per i giorni 2 e 3 luglio la trattazione delle questioni di legittimità costituzionale della Legge 148 e dei Decreti 155 e 156 che hanno disposto la soppressione di 31 Tribunali, altrettante Procure della Repubblica , tutte e 220 le Sezioni distaccate, nonché 646 Uffici del Giudice di pace.
Anticipata anche l’udienza originariamente fissata per il giorno 8 ottobre , quindi dopo il 13 settembre, data di presa di efficacia della manovra.
Grande la soddisfazione per la sensibilità della Consulta nei confronti del gravissimo problema.
In un momento in cui norme palesemente illegittime stanno frettolosamente depauperando il reticolo giudiziario di presidi, magistrati e amministrativi ( con enorme dispendio di denaro pubblico), il Giudice delle Leggi interviene responsabilmente fissando a vicinissima udienza la trattazione di tre dei quattordici giudizi pendenti. All’evidente scopo di rendere utile il giudizio della Corte ed evitare che l’auspicata dichiarazione di illegittimità costituzionale intervenga quando ormai 949 presidi giudiziari siano già stati spazzati via.
Il Coordinamento Nazionale degli Ordini Forensi Minori, dopo avere spiegato intervento nei procedimenti, attende con fiducia e serenità il giudizio della Corte costituzionale.
Adesso occorre solo mettere in campo tutte le risorse indispensabili a tutelare la Giustizia di prossimità, la Costituzione, le più piccole ma efficienti realtà giudiziarie da una manovra che recherebbe solo maggiori spese e maggiore inefficienza. E, per questo, indurre la politica e il ministro a indirizzare le proprie energie verso una riforma condivisa davvero idonea a dare al Paese una Giustizia migliore. E un segnale in questa direzione sarebbe a dir poco indispensabile”.