Non è completo il puzzle investigativo dell’omicidio Strever. E ora l’arrestato prova a togliere un altro tassello. La versione dei fatti di Hamid Maathaoui non combacia del tutto con quanto accertato dagli investigatori. Il 36enne marocchino è agli arresti da un mese e mezzo per l’uccisione di Michela Strever, la 73enne assassinata il 19 dicembre 2012 nella sua casa di via Villa de Nardis, nelle campagne a Nord Ovest di Vasto.
L’uomo ha parlato col suo avvocato, Nicola Artese. “E’ vero che il mio assistito ha confessato – precisa Artese – ma Maathaoui afferma che la signora era ancora viva quando lui ha lasciato la casa. Non solo. Il 36enne ammette di averle legato le mani, ma dice anche di averla liberata prima di scappare. Però i carabinieri hanno trovato la donna con le mani legate. E questa è una circostanza che va chiarita. Infilando dei fazzoletti di carta nella bocca della donna, Maathaoui non voleva uccidere – sostiene l’avvocato difensore – ma solo ritardare la richiesta d’aiuto”.
Il marocchino è in carcere a Torre Sinello dal 28 febbraio scorso.
La notizia del 12 aprile – La Procura continua a indagare. Nel puzzle investigativo mancano dei pezzi. Zone d’ombra su cui gli inquirenti vogliono far luce. Per questo rimane indagato Antonio Strever. Assistito dall’avvocato Arnaldo Tascione, è stato interrogato negli uffici del primo piano del palazzo di giustizia di via Bachelet. Sulla scena del delitto sono state trovate tracce di sangue del fratello della vittima. L’uomo si professa innocente e dice di essersi tagliato a una mano dopo aver rotto il vetro della finestra da cui la mattina di quel 19 dicembre 2012 è entrato in casa. Ha risposto alle domande dei pm. L’inchiesta non è finita.