Marco Del Vecchio vuole uscire dall’isolamento. Il 38enne accusato di aver assassinato a coltellate i suoi genitori “vorrebbe poter proseguire il suo periodo di custodia cautelare insieme agli altri detenuti”, dice l’avvocato difensore, Raffaele Giacomucci.
Dal giorno del suo arresto, il 18 novembre 2012, il figlio delle vittime è recluso da solo in una cella del carcere di Torre Sinello. E’ lui l’indiziato del delitto di via Anghella, avvenuto nel pomeriggio del 17 novembre nella casa che l’uomo condivideva con i genitori nel centro abitato di Vasto. Quella notte Nicoletta, la sorella dell’indagato, non riusciva a trovare i genitori, Emidio Del Vecchio, 78 anni, e Adele Tumini, 75. Insospettita, la donna, dopo aver chiesto anche al vicino ospedale San Pio da Pietrelcina, dove i due però non erano andati, ha allertato i carabinieri. I militari hanno scoperto in casa, nella stanza di Marco, i corpi senza vita dei due pensionati.
Del Vecchio si è chiuso nel silenzio. Continua a non parlare di quei tragici fatti e delle accuse che lo riguardano. L’unica dichiarazione che ha rilasciato agli inquirenti è quella in cui si professa innocente. Ora chiede di uscire dall’isolamento e di poter proseguire la sua custodia cautelare insieme agli altri detenuti.
Il 29 aprile si chiuderà ufficialmente l’incidente probatorio. Ma il responso del dottor Ferruccio Canfora, il consulente nominato dal gip Caterina Salusti, è stato chiaro: il 38enne era capace d’intendere e di volere al momento in cui è avvenuto il duplice omicidio.
Intanto, i carabinieri hanno comunicato alle parti in causa che il Ris di Roma ha disposto ulteriori accertamenti tecnici irripetibili biologici e dattiloscopici: le analisi di tracce e impronte inizieranno il 19 aprile. Ma non ancora si conosce il responso delle prime verifiche, quelle che gli investigatori scientifici della capitale hanno eseguito sul mocio Vileda intriso di sangue.